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Tutti i luoghi comuni dell’imbarazzante (e costosissimo) spot di Muccino per la Calabria

Immagine di copertina

Atteso con ansia e preceduto da qualche polemica sugli oltre 1.700.000 euro di costi, è finalmente arrivato lo spot di Gabriele Muccino per la Calabria. In otto minuti, uno dei registi italiani più noti ha dato la sua idea di Calabria. Con ben due minuti di titoli di coda, quanto quelli di “C’era una volta in America” (film un po’ più lungo), ne sono rimasti sei, comunque non pochi per promuovere le sue incantevoli bellezze paesaggistiche, la sua incredibile storia ultramillenaria, i suoi stupendi siti archeologici, l’inestimabile patrimonio culturale, il suo nuovo volto dinamico e proiettato al futuro.

Ebbene, quello che abbiamo visto, dopo aver creduto nel miracolo di uno spot finalmente ben fatto, ha certamente disatteso le aspettative; anzi, senza giri di parole, ha proprio deluso. Quello di Muccino è un cortometraggio perfino imbarazzante, per la somma sfrontata di luoghi comuni, testi banali, dialoghi, accenti forzati, recitazione scadente. Quest’ultima, forse, più per colpa dei testi, che per limiti dei due protagonisti. Niente arte e cultura, è tutto un “mandarini e fichi”, con promessa di finocchietto e soppressata!

Poche riprese spettacolari, grazie al drone, eppure la Calabria è piena di luoghi incantevoli, dal mare ai monti, ai laghi silani, agli innumerevoli Castelli, beni culturali e borghi. Solo un paio di scorci mozzafiato buttati là, tra campagne, frutteti e balle di fieno! Con l’ingente somma spesa (e mancano le messe in onda), si poteva fare un film vero e, certamente, uno spot migliore alla Calabria! Una Regione non poco sfortunata quando si impegna a promuovere se stessa con campagne promozionali, senza badare a spese. Lo spot “Pari montagna, dispari mare”, che molti ricorderanno, fu perfino capace di ridicolizzare i Bronzi di Riace. E ancora, la campagna affidata a Oliviero Toscani, la più costosa e incomprensibile, si basò su stereotipi e fotografie dalle didascalie demenziali.

“Inaffidabili? Sì, siamo calabresi!” oppure “Malavitosi? Sì, siamo calabresi!”, in bocca ad un gruppo di ragazzi festosi, al misero costo di vari milioni di euro (secondo alcuni, circa otto, tutto compreso). Campagne senza cuore, pensate in modo superficiale da chi di Calabria ha solo sentito parlare, senza conoscerne nulla o quasi! Eppure sono calabresi alcuni degli scrittori, autori e registi più bravi e premiati degli ultimi anni. In quello con Rino Gattuso, campione del mondo, ci hanno messo pure il cuore, giocando con il suo carattere da “ringhio” e la sua immagine vincente, ma il risultato è stato tra il comico e il patetico. Certamente il più attrattivo e rappresentativo della Calabria è stato lo spot “La bellezza è negli occhi di chi ci guarda” che, citando Oscar Wilde, sfodera in un rapido montaggio una serie di meraviglie.

Quelle che Muccino non conosce e, nonostante il lauto compenso, non si è sforzato di apprendere. Uno spot, il suo, dilettantistico, superficiale, mediocre, aspetti tecnici a parte. Se non avessimo saputo che fosse suo, avremmo pensato al provino di esordio di un giovane regista che usa banalità e forzature ma, soprattutto, la bellezza dei due attori, credendo che possano bastare. Ed ecco, una sequela d’immagini che propongono una Calabria vecchia, lenta, statica, monotona, superata, anacronistica, sempliciotta e paesana, oggi improponibile. C’è tutta la gamma di insipidezze possibili messe insieme, da berretti e coppole alla siciliana, a bretelle western alla John Wayne, fino ad accenti e figure irriconoscibili, compreso un Raul Bova, calabrese quasi improbabile che, per mostrare la sua virile calabresità, afferra in auto la coscia della moglie!

Un brevissimo riferimento alle immagini. Come si fa ad affacciarsi dalla terrazza sul mare di Tropea senza soffermarsi sul Santuario di Santa Maria dell’Isola? Come si fa a ignorare il dannunziano chilometro più bello d’Italia a Reggio, l’Isola di Dino, quella di Cirella, il borgo di Scilla, per dare spazio a coltivazioni e distese alberate? Perché non infilarci il fotogramma di un’opera di Mattia Preti o Mimmo Rotella? A suggellare tanta pochezza, infine, arriva la musica, vecchia, struggente, copia e incolla dalla colonna sonora di “Les Estivants” di Bruni Tedeschi, “Rire coleres et secrets” di Paolo Buonvino, che tradotto fa “Risate, rabbia e segreti”. In tre parole, ciò che resta ad un calabrese da questo spot: un po’ di risate, un pizzico di rabbia e, soprattutto, l’infinità di segreti di una terra bellissima ma, probabilmente, poco valorizzata e troppo abbandonata. Segreti che può apprendere solo chi decide di venire a visitarla e conoscerla, a prescindere da ogni tragicomico e milionario spot da ultimo bacio alla frutta.

Leggi anche: Lo spreco pubblico della Calabria: speso più di 1 milione di euro per uno spot di Muccino e Raul Bova

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