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Il G20? Una commedia all’italiana (di G. Gambino)

Immagine di copertina

Capita che il giorno dopo il G20 apri i giornali e pensi che sia stato un gran successo. Grandi lodi al premier Mario Draghi (ma quella non è certo una sorpresa) e anche all’Italia per l’ultimo grande risultato ottenuto con gli accordi siglati a Roma dai potenti del pianeta. Genuino entusiasmo per i nuovi vincoli sul clima e per il traguardo, finalmente raggiunto, sul controllo delle emissioni di CO2. E infine quella foto capolavoro, il lancio delle monetine nella Fontana di Trevi, che suggella un successo di diplomazia strepitoso, ideato ed eseguito dal nostro premier. E tutto sarebbe molto bello, se solo fosse vero. Infatti, sfogliando le prime pagine dei quotidiani stranieri, il film che ne viene fuori è completamente diverso: un altro G20.

Si racconta di impegni vaghi ed eccessivamente ambiziosi, temi spinosi aggirati e rinviati a data da destinarsi, calendari traballanti e accordi non vincolanti. Anche Greta Thunberg, di cui i nostri lettori ricorderanno la copertina e quel racconto inedito che ci ha rilasciato, sostiene che è ancora una volta tutto un “Bla Bla Bla”. Ma fa niente, non fa notizia. E allora viene da chiedersi: come sono andate davvero le cose? Intanto vale la pena ricordare che la data entro la quale azzerare le emissioni di CO2 (2050), e definita da tutti come una pietra miliare con cui affrontare la COP26 di Glasgow, è ancora oggi controversa e discussa. Ad esempio, dopo il G20, e solo una volta atterrato in Scozia per la COP il premier indiano Narendra Modi ha ricordato a Mario Draghi che prima del 2070 l’India – una delle nazioni più inquinanti al mondo – non potrà raggiungere l’obiettivo climatico ambito.

Avete capito bene. Con vent’anni di ritardo, più o meno quando Greta Thunberg sarà già andata in pensione (sempre che in Svezia non adottino la “Quota Zero” di cui parliamo in questo numero). Greenpeace ha poi spiegato che gli accordi sulla tutela delle foreste firmati dal presidente brasiliano Jair Bolsonaro non sono vincolanti. E anche nel momento in cui dovessero scattare quei vincoli, se si segue questo ritmo di deforestazione, la lussureggiante vegetazione della foresta amazzonica sarà già stata sostituita da una brulla distesa di terra e sassi. Il fatto è che ai leader del G20 frega assai poco del clima e non hanno visione, e questo lo si è potuto notare dall’assenza clamorosa del presidente cinese Xi Jinping (che sarà pur vero che non lascia la Cina da 21 mesi, ma forse un viaggio a Roma poteva farselo: del resto in gioco c’è la tenuta stessa del mondo, una cosetta da niente) e anche dalla sedia lasciata vuota dal capo di Stato russo Vladimir Putin. Un messaggio inequivocabile. L’ipocrisia dei governanti del mondo sul riscaldamento globale emerge infine quando uno come Joe Biden scorrazza per la città con 40 auto al seguito a bordo della Bestia, una Cadillac One da oltre un milione di euro, che pesa tra le 6 e le 8 tonnellate ed è spinta da un motore diesel che non supera 1,6 chilometri con un litro.

Alla faccia dell’ambiente.

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