Il futuro degli imprenditori in Afghanistan non dipende dai talebani (di W. Samadi)
Le reti di approvvigionamento e distribuzione e il credito costituiscono le sfide maggiori per le imprese afghane, più del governo dell’Emirato islamico
Mirwais Momand è un imprenditore afghano-olandese che nel 2012 ha fondato il caseificio Mido per sostenere gli agricoltori del Paese e garantire ai mercati afghani prodotti freschi e di alta qualità. «Il nostro obiettivo è stato sempre quello di stabilire una filiera del caseario sostenibile, autosufficiente e di valore», racconta Momand. «Compriamo latte fresco da 130 agricoltori, lo trasformiamo in prodotti locali che poi vendiamo a Kabul e nelle altre città principali. La nostra azienda garantisce lavoro agli abitanti del luogo e distribuisce anche gratuitamente pacchi di aiuti alimentari per rispondere alla crisi umanitaria in corso nel Paese».
Mido continua a operare nonostante le difficoltà che i recenti sviluppi politici in Afghanistan hanno causato alle aziende. «Cerchiamo di andare avanti, paghiamo gli agricoltori e questo è il nostro obiettivo principale. In prospettiva abbiamo ridimensionato le nostre ambizioni di crescita per mancanza di fondi», ribadisce l’imprenditore. «Abbiamo difficoltà con l’importazione delle materie prime e con i pagamenti ai nostri fornitori internazionali. Il potere d’acquisto della popolazione è stato colpito duramente dalla svalutazione della moneta locale e dal fatto che gli stipendi non vengono pagati regolarmente. Tuttavia, abbiamo scelto di continuare a lavorare e a sostenere l’economia afghana».
Non considera i talebani una minaccia per la sua impresa, anche se preferirebbe ricevere più sostegno da parte del governo ed essere aiutato ad affrontare la carestia e la disoccupazione che al momento affliggono l’Afghanistan. «Dobbiamo ancora capire come evolverà la situazione con i talebani ma il governo precedente non facilitava le nostre operazioni a causa di una corruzione endemica».
L’assenza di chiarezza nei piani dei talebani e della comunità internazionale ha sicuramente avuto un forte impatto sul settore privato. «Sono ottimista e spero che i talebani si rendano presto conto del ruolo delle imprese e diano loro il sostegno necessario», spera Momand. «Il Paese attraversa una carestia senza precedenti: più del 40 per cento dei bambini soffre di problemi di denutrizione. La fame è il killer silenzioso della nazione. Spero che tutte le parti coinvolte coopereranno in modo trasparente e onesto per risolvere queste gravi sfide».
L’uomo resta però ottimista sul futuro dell’imprenditoria in Afghanistan e invita gli altri imprenditori ad abbandonare una mentalità che prevede solo vincitori e vinti per lavorare insieme al raggiungimento di obiettivi comuni e onesti.
Gli imprenditori afghani che vivono fuori dal Paese e fanno giungere i loro prodotti dall’Afghanistan hanno difficoltà con gli approvvigionamenti e a mandare avanti le proprie aziende dopo la rapida conquista del Paese da parte dei talebani, avvenuta lo scorso agosto. Distribuzione e credito costituiscono le sfide maggiori.
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