Fdi promuove il sovranismo economico ma a pagare saranno sempre gli stessi: ecco quanto ci costerà la Melonomics (di R. Gianola)
Golden power, tassa piatta e un tesoro da ben 100 miliardi di euro: ecco le ricette economiche proposte da Giorgia Meloni
L’impronta è patriottica, però moderata almeno nei toni. La politica economica di Giorgia Meloni, leader della destra e possibile presidente del Consiglio dopo le elezioni del 25 settembre, non segue la propaganda da bar dei suoi alleati Silvio Berlusconi e Matteo Salvini che ne sparano di tutti i colori, ma presenta proposte che dovrebbero dimostrare il senso di responsabilità, verso l’Italia e anche verso l’Europa, di un movimento politico che vuole guidare il Paese, passato in pochissimi anni dal 4 al 25 per cento dei consensi stimato dai sondaggi.
Giorgia Meloni non permetterà che lo straniero faccia tranquillamente shopping delle nostre aziende, tutelerà il Made in Italy, i marchi, le produzioni, le eccellenze nazionali usando e rafforzando il Golden power, strumento eccezionale introdotto durante la pandemia dal governo Conte ed esercitato, in silenzio, anche dal suo successore Mario Draghi per impedire, in particolare, il passaggio di aziende ad alto contenuto tecnologico in mani cinesi. Il rafforzamento del ruolo dello Stato è funzionale alla difesa delle attività strategiche e all’utilizzo delle imprese pubbliche come motori dello sviluppo e dell’occupazione.
Occupazione anche di poltrone di potere, come si conviene ogni qualvolta cambia la maggioranza politica di governo. A chi accusa la destra di neostatalismo o nazionalismo economico, Meloni replica indicando cosa succede in altri Paesi europei, ad esempio in Francia dove il presidente Emmanuel Macron ha rinazionalizzato totalmente il gigante dell’energia e del nucleare Edf con un investimento di 10 miliardi di euro, per prepararsi alle sfide dell’emergenza energetica. Però Edf era già saldamente in mani pubbliche (lo Stato francese possedeva l’84 per cento circa del capitale) e l’offerta di acquisto per tornare al 100 per cento è stata un’operazione tutto sommato modesta da un punto di vista economico, pur rilevante sotto il profilo politico. Se si vuole trasferire questa visione in Italia nessuno, speriamo nemmeno Giorgia Meloni, può immaginare di riportare lo Stato al 100 per cento del capitale di Eni, Enel, Terna tanto per restare al sistema strategico dell’energia, un’idea che avrebbe costi proibitivi. Però qualche timore può sorgere se si considera che Fratelli d’Italia ha in programma la creazione della rete unica delle telecomunicazioni sotto il controllo pubblico, e fin qui tutto bene.
Ma come riportare la rete Tim, azienda privata, allo Stato? Lo spezzatino di Tim è oggetto di studio da parte del management e dei vertici di Cassa Depositi Prestiti che gestisce il risparmio postale ed è detenuta all’80 per cento dallo Stato. In Borsa è circolata l’indiscrezione secondo cui il futuro governo Meloni spingerebbe Cdp a lanciare un’opa su Tim, scorporando e tenendosi la rete e vendendo poi tutto il resto sul mercato per rientrare di una parte dell’investimento. Vista così sembra un grosso regalo per i francesi di Vivendi, soci di maggioranza relativa di Tim. L’interventismo di Meloni arriverebbe anche nel trasporto aereo per bloccare il processo di vendita di Ita avviato da Draghi. Una replica della cordata dei “patrioti” di Berlusconi che volevano salvare l’italianità di Alitalia sarebbe una sciagura.
Il piatto forte della destra sarà probabilmente il fisco, con una Flat Tax incrementale del 15 per cento per un solo anno, un assaggio per iniziare. Maurizio Leo, responsabile Economia e Finanza di Fratelli d’Italia, ha scritto su Repubblica che la proposta «è un premio a chi crea ricchezza» e spinge «ad alzarsi dal divano, a darsi da fare». Forse per questo, contestualmente, la destra vuole tagliare quasi integralmente il reddito di cittadinanza. La verità è che la Flat Tax, anche incrementale e non quella totale di Salvini e Berlusconi, è una minaccia al sistema e si presenta come regressiva, fuori dalla Costituzione se si vuole rispettarla.
Però la perla inattesa potrebbe essere la manovra per far emergere volontariamente il tesoro depositato, anzi nascosto, nelle cassette di sicurezza delle banche. Stima: 100 miliardi di euro e più. Far tornare in circolazione questa ricchezza, probabilmente prodotta in parte in nero o di origine criminale, darebbe fiato a un’economia in rallentamento, con un’inflazione galoppante e minacciata dal razionamento energetico. Giulio Tremonti, se diventerà ministro dell’Economia, è l’uomo giusto per queste operazione di “voluntary”. Ha già la mano.