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Tutti muti, muti tutti (di G. Gambino)

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Dopo decenni di dibattiti sulla possibilità che Giovanni Falcone fosse spiato, «anzi spiatissimo», “The Post Internazionale” pubblica per la prima volta un documento finora inedito e di eccezionale importanza che rivela come, almeno in un’occasione, uomini dello Stato abbiano sorvegliato il magistrato nel corso delle sue indagini riguardanti fatti di interesse nazionale che evidentemente andavano oltre il solo spettro della sua attività giudiziaria.

La prova sta in un «Appunto riservato» dell’aprile del 1990 con il quale un alto funzionario della pubblica sicurezza, il prefetto ed ex capo della Direzione centrale della polizia criminale (Criminalpol) Luigi Rossi informava di suo pugno «l’Onorevole Sig. Ministro» dell’Interno (all’epoca il Dc Antonio Gava) dei contenuti di un interrogatorio, coperto da segreto istruttorio, da parte di Falcone al venerabile della P2 Licio Gelli.

Non conosciamo il motivo di quel monitoraggio se non tramite quanto emerge proprio dall’Appunto con cui si informava il governo dell’attività del magistrato e delle domande che aveva posto a Gelli; né sappiamo perché quell’interrogatorio sia avvenuto proprio alla Criminalpol di Roma, di cui un funzionario poi compilò il resoconto che il prefetto Rossi inviò al ministro (forse Falcone non si fidava della Procura).

Un fatto però è certo: a trent’anni dalla strage di Capaci, il cui anniversario ricorre proprio in questi giorni, questo documento getta più di un’ombra sul ruolo che lo Stato ebbe nel garantire il corretto funzionamento degli equilibri istituzionali, nella separazione dei poteri tra legislativo, esecutivo e giudiziario; così come è vero che questo documento chiama in causa le più alte autorità di pubblica sicurezza del nostro Paese su quanto stava accadendo in quei giorni di aprile del 1990.

Il contesto è importante: poco meno di un anno prima contro Falcone era stato organizzato il fallito attentato all’Addaura di Palermo (giugno dell’89) e due anni più tardi, il 23 maggio del 1992, sarebbe stato tragicamente assassinato a Capaci. C’è dell’altro: il documento che pubblichiamo – finora conservato presso l’Archivio centrale di Stato – sintetizza i contenuti dell’interrogatorio di Falcone a Gelli avvenuto il 7 aprile del 1990 tra le 16 e le 17:30. Interrogatorio – questo – di cui si è saputo sin qui molto poco, e di cui difatti conosciamo solo un riassunto poiché del verbale completo non vi è traccia. Ma quello non fu l’unico interrogatorio di Falcone a Gelli. Ce ne fu un altro – quest’ultimo noto e in parte già documentato – che risale al giorno precedente, il 6 aprile. A quel primo interrogatorio, insieme a Falcone, parteciparono anche i giudici Lo Forte e Pignatone, ex procuratore di Roma.

Il fatto grave di questa vicenda non è solamente la rivelazione del segreto istruttorio e la nota che, a danno di Falcone e della sua attività di magistrato, informa il Ministro del carattere di segretezza delle informazioni trasmesse, ma anche che gli argomenti trattati nei due interrogatori siano i medesimi, così come fa riflettere il tempismo con cui viene trasmessa la nota alla fine del secondo incontro. Quel giorno oltretutto Falcone parrebbe essere da solo ma sorvegliato da chi avrebbe poi inviato i contenuti secretati.

I protagonisti coinvolti in questa vicenda oggi non parlano. Non può farlo l’ex capo della polizia Vincenzo Parisi, scomparso nel 1994. Non ricorda nulla l’ex capo della Criminalpol che inviò quell’Appunto riservato a Gava («Non ricordo, è passato troppo tempo…», ha detto a TPI che lo ha contattato per chiedergli conto), né ricorda nulla Pignatone, che pure condusse insieme a Falcone quel primo interrogatorio a Gelli.

Due domande sorgono spontanee: è lecito ritenere – per usare le parole dell’ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato – «che Falcone fosse tallonato in questo filone di indagini e che si temeva che potesse scoprire qualcosa che doveva restare segreto»? O è verosimile, come riferì Attilio Bolzoni, che l’allora capo della Polizia Parisi «confermò pubblicamente al mio collega Giuseppe D’Avanzo che Falcone non era spiato, ma spiatissimo, e che c’era molto di più» ? Del resto l’ammissione di Parisi a D’Avanzo confermerebbe il comportamento della Criminalpol da cui proviene il documento pubblicato da TPI.

Molte questioni rimangono ancora senza risposta. Sappiamo però che 1. c’è stato un doppio interrogatorio di Falcone a Gelli, importante tanto per il magistrato quanto per chi temeva il venerabile della P2, su fatti relativi a un periodo cruciale della nostra storia recente (omicidio Mattarella, omicidio La Torre, strage del Rapido 904). Che 2. apparati dello Stato, almeno in un caso, hanno violato il segreto istruttorio rendendo nota, in sintesi, la natura di quegli interrogatori. E infine che da quanto emerge 3. c’è ancora chi si adopera, oggi come trent’anni fa, affinché questa vicenda, nella sua intricata complessità, rimanga all’oscuro.

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