Meloni vince in un’Italia pietrificata in sé stessa
Facciamocene infine una ragione. Gli italiani, perlomeno quelli che hanno votato, in politica apprezzano la destra, non più legge e ordine (qualunque regola li infastidisce, vogliono avere le mani libere) ma clientelismo, sovranismo, condonismo, revanscismo storico, un prototipo di nostalgie per l’uomo (oggi la donna) forte che pensa e provvede per il bene comune. Una figura fuori (ancorché palesemente soltanto in apparenza) dall’establishment, una “de noantri” insomma.
Diamogliene atto. Giorgia Meloni ha decifrato perfettamente la pancia dell’italiano medio, quel soggetto qualunquista, egoista, ripiegato ostinatamente sul suo particulare, indifferente alla cosa pubblica (peggio ostile) che ha attraversato i secoli e le stagioni della storia e della politica e si è autoperpetuato fino ai giorni nostri.
Un singolare prototipo di egoismi miopi e gretti, un coacervo di insofferenza per la legalità (concetto che suscita poderose reazioni allergiche), inclinazione per la difesa dei propri privilegi, perenne rincorsa all’ombra di una chiesa purchessia, che garantisca la difesa dello status quo e la prospettiva di lucrare privilegi, prebende, esenzioni, piccole e grandi sinecure, nella ferrea convinzione che vadano anzitutto e comunque difesi ad oltranza, contro qualunque minaccia, non i diritti comuni bensì le rendite di posizione, sotto l’ombrello di consorterie le più improbabili e assortite, gli aggregati maleolenti di interessi, mafie e mafiette e al diavolo i principi, gli ideali, le tensioni morali.
L’Italia di ieri di oggi e di domani, resta pietrificata in sé stessa, come insegna la Storia. Un’Italia cresciuta come un albero storto: così la definì Giuseppe Mazzini, inascoltato apostolo della concezione religiosa della politica, il quale vide nella monarchia sabauda la premessa delle sventure che puntualmente si sarebbero verificate dopo l’unità nazionale.
Agli italiani piacciono le ombre delle chiese, anche di quelle asseritamente laiche. Detestano il concetto di laicità, un ingombro, una trappola per gonzi.
Il movimento di Giustizia Libertà dei fratelli Rosselli, martiri dell’antifascismo militante, travasato dopo la Liberazione nel partito d’Azione ebbe vita breve. Troppo rigido, troppo ligio alle regole troppo laico, e indisponibile al compromesso al ribasso. Non piacque agli italiani non ancora riverginati dalla truce esperienza del fascismo (neppure oggi lo sono) e sparì rapidamente dall’orizzonte politico. Ucciso da un popolo bambino, affezionato ai propri errori, renitente ad apprendere la lezione della propria Storia, soprattutto se infarcita di vergogne, tradimenti e viltà.
L’italiano tipo si pente e si riprende serenamente a peccare. Il cattolicesimo, seppure disertato dal materialismo, continua a fare danni alle coscienze.
La Resistenza ci illuse del riscatto nazionale dalla vergogna della dittatura fascista accettata di buon grado o tollerata dalla stragrande maggioranza degli italiani dell’epoca, come sempre ignavi e opportunisti. Ancora una volta invece quel lampo di dignità venne smentito, la Repubblica era destinata a sprofondare nei vizi atavici: la corruzione, il politicismo, lo sguardo rivolto all’indietro, il riemergere dell’autoritarismo rassicurante e autoavveratosi, la ritirata degli ideali, sepolti con i grandi partiti di massa che tra i molti meriti coltivarono la pedagogia dell’individuo, il tenere desta la coscienza civile delle masse, oggi abbandonate a sé stesse, lasciate in libera uscita sono facili prede di populismi cinici e bari.
Un povero Paese, l’Italia, segnato da tabe genetiche, naufragato nelle giornate insanguinate delle stragi neofasciste e del terrorismo nero e rosso, un paese strangolato dal rosario di misteri irrisolti, un Paese a perenne sovranità limitata, al traino di poteri oscuri, il leit motiv che non ci ha mai abbandonato e che prosegue oggi con l’ultima edizione dell’uomo solo al comando, una donna stavolta, degna erede di Mussolini e Berlusconi, presunti uomini della Provvidenza regolarmente denegata e sepolta sotto un cumulo di macerie morali e materiali.
Andrà così anche questa volta, privi di qualunque connotazione ideale gli italiani presto o tardi (tardi, temo) seppelliranno anche madame Giorgia ma intanto dovranno sorbire tutti quanti, anici e avversari, l’amaro calice colmo di sacrifici, incognite e devastazioni sociali e Dio scampi, al traguardo persino una guerra.
Non trovo consolante il tracollo europeo che ha investito governi autodefinitisi progressisti, segnalatasi per l’ottuso penchant guerrafondaio, il servilismo acritico verso i padroni di ieri, gli Stati Uniti e forse non più padroni di domani, l’indifferenza per la povertà dilagante, il disagio sociale, la miseria culturale che hanno consegnato l’Europa (con isolate eccezioni, Portogallo, Spagna) alla marea nera montante.
In Italia facciamo i conti con l’eredità del fascismo eterno (cit. Umberto Eco) ignorata colpevolmente dai tanti pessimi maestri affannatisi a negare la realtà (“il fascismo è morto con Mussolini”), costretti ora, loro e noi che il fascismo lo avevamo individuato per tempo, a misurarsi con il feroce revanscismo fascista dei camerati assetati di vendetta per essere stati esclusi per quasi 80 anni dalla stanza dei bottoni.
L’approccio in apparenza morbido di madame Meloni nasconde ulteriori insidie, a questo punto entra in dubbio persino l’esito del futuro referendum sulla riforma che scardinerà la Costituzione nata dalla Resistenza antifascista certificando, se andasse in porto, la trasmutazione della Repubblica italiana da parlamentare ad autoritaria, consegnata all’arbitrio dell’uomo della Provvidenza di turno.
È desolante accettare l’idea che gli appelli all’antifascismo, alla vigilanza democratica, alla custodia dei valori della Resistenza e in definitiva alle regole della civile convivenza siano caduto nel vuoto dell’indifferenza.
Oltre la metà degli italiani è rimasta a casa e chi ha votato si è espresso a maggioranza sulla direzione di marcia preferita. Niente di così sorprendete, dopo tutto. Dalla scomparsa dei grandi partiti di massa, ideologici ma saldamente radicati nella società, ai comitati d’affari, spesso in combutta con le mafie (i veri domini della cosa pubblica italiana), tenuti insieme esclusivamente dal collante della ricerca del profitto personale, lo iato ha germinato fecondo e inavvertito, in una corsa verso il precipizio che ha accomunato destra e sinistra. Il Sistema, insomma, in Italia risulta in ogni stagione qualcosa di inattaccabile, di invincibile.
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