Se non vuole diventare irrilevante, l’Europa non pensi solo ai conti (di S. Mentana)

Guardarsi le tasche è fondamentale, ma parallelamente serve sempre tenere una mano sul cuore
Sono tanti oggi gli interrogativi su se, come, quando, e soprattutto a che costo arriverà, dopo oltre tre anni, la fine della guerra in Ucraina. Tra tutte queste domande, una che lascia aperte molte questioni riguarda il ruolo che avrà l’Europa, di fronte al rischio concreto che Stati Uniti e Russia finiscano per accordarsi senza coinvolgerla in maniera alcuna, e lasciando al margine del tavolo anche la stessa Kiev.
Di fronte a questo timore, le cancellerie del Vecchio continente si stanno muovendo convulsamente tra vertici e proposte, comunicati e prese di posizione, nel tentativo di trovare una formula comune in grado di finire sul tavolo delle trattative e non relegare all’inconsistenza l’Europa. Già, perché il rischio è questo, ovvero che in un mondo in cui l’America di Trump punta a indebolire la Cina, cercando di staccare Mosca da Pechino un po’ come Nixon fece a suo tempo allontanando la Repubblica popolare dall’Urss, il pericolo è che la cara vecchia Europa sia relegata a una periferia degli equilibri mondiali, sacrificabile in nome di interessi più alti.
È dunque un bene che i governi si stiano muovendo in cerca di una proposta comune, di un ruolo di rilievo, e non è nemmeno una novità, perché i rischi che il Continente, con una guerra ai propri confini, si trovasse abbandonato dall’ombrello americano sono nella testa di molti da tempo, e proposte di vario genere per affrontare la questione hanno preso piede dallo scoppio del conflitto in Ucraina.
Tuttavia, queste proposte, dove erano negli anni passati? Nel tempo abbiamo visto un’Europa in grado di essere presente e attenta soprattutto su un tema, quello dei conti, bacchettando Paesi su spread, debito pubblico, rapporto deficit/Pil. E occuparsi della finanza pubblica, su cui gli Stati piaccia o no si reggono, è giusto, ma quest’attenzione in barba a tutto il resto, mettendola prima delle persone e delle loro esigenze, in un Continente che ha visto crisi socio-economiche gravissime, in cui di fronte a domande sull’assistenza sanitaria, sulle pensioni, ci si è sentiti dire: “ce lo chiede l’Europa”, non ha aiutato a creare fiducia intorno alle istituzioni comunitarie. Tutto questo mentre al di là della rigida attenzione ai conti non vi era alcun interesse a sviluppare quei tratti comuni che avrebbero favorito lo sviluppo di un’identità europea che è a prescindere esistente e avrebbero favorito prese di posizioni nette da parte dell’Ue e dei suoi vicini più affini in molti momenti di difficoltà. Ma questa unità è stata presente solo sui conti, mai sul resto, e così ogni soggetto sovranazionale europeo è stato spesso relegato a una mera burocrazia.
Oggi, se ne vedono le conseguenze. Si ripete per l’ennesima volta che è il momento che l’Europa tiri fuori gli attributi, che è l’ultimo treno e che è al tempo stesso una grande opportunità: frasi che abbiamo sentito tante volte. Riuscirà stavolta il Vecchio continente a tirare fuori il suo orgoglio? Vedremo, ma per farlo pensi anche ai suoi errori: guardarsi le tasche è fondamentale, ma parallelamente serve sempre tenere una mano sul cuore.