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L’imbarazzante snobismo della stampa contro Elly Schlein (di Giulio Gambino)

Immagine di copertina

Non è Elly Schlein a essere poco chiara quando parla. Sono alcuni media che sono quanto di più distanti dal suo pensiero e che per questo rendono la segretaria del Partito Democratico una macchietta da ridicolizzare.

Capita così che sfogli il principale quotidiano italiano e trovi un pezzo che riassume (parzialmente) la puntata del più noto talk show serale di una delle più importanti reti televisive. L’autrice, Maria Teresa Meli, intervistatrice esclusiva di Matteo Renzi, si cimenta in una sorta di commento — non il giorno successivo la trasmissione ma ben due giorni dopo, quindi ha avuto modo di pensare. E scrive:

“La puntata…è partita dai migranti, tema caro alla segretaria dem. A un certo punto la conduttrice ha chiesto a Schlein: «La interrompo subito, lei oggi ha detto, parlando di Lampedusa, che è la dimostrazione del fallimento delle politiche di esternalizzazione del governo. Ma chi la capisce se parla così?»”.

Prosegue e commenta la giornalista riguardo questa domanda: “La leader Pd ha avuto un trasalimento e poi ha spiegato che cosa intendesse: «Vuol dire che pagare i dittatori per tentare di bloccare i flussi non solo vìola i diritti delle persone, ma non blocca nemmeno i flussi»”.

Domanda in studio sulle spese militari, quindi un nuovo affondo verso Schlein: «Lei non dice una parola chiara. Io penso che questo sia il vero limite della sua segreteria: non è che è troppo di sinistra, è che non è chiara su alcune questioni fondamentali». Puntuale il commento (a supporto) della giornalista: “Altra domanda, altro siparietto”. Il tutto, ovviamente, minimizzando o non riportando le risposte di Schlein.

Chiosa finale: “«No, no, non ci risponde»… Cambio di argomento: forse meglio parlare di «colore». L’ultima perla della firma del Corriere, che aggiunge – tra virgolette – “(in tutti i sensi)”.

Un maschilismo becero e ottuso, oltre al quale emerge un tono autoreferenziale che ha il solo scopo (da parte di chi si esprime così) di affermare una tesi pregiudiziale — e cioè che dietro il pensiero della Schlein ci sia il vuoto.

Un altro modo per definirlo è populismo delle élite, l’anticorpo dell’establishment-pensiero, che spunta ogni qual volta qualcuno la pensi diversamente da loro, tra cui (fortunatamente) anche Schlein. Le cui idee finiscono per essere “non chiare” e “ambigue” solo se ciò che Schlein dice non piace. Era già accaduto con Conte, ora tocca alla segreteria dem.

Dopotutto, allora, non è forse casuale il fatto che la stampa non scriva una riga sulla crisi di consenso della Meloni (a proposito della gestione sui migranti) e non racconti mai, invece, che Schlein ultimamente attira e riempie le piazze d’Italia, cosa tutt’altro che scontata per un leader Pd oggi. [continua a leggere sotto…]

Elly Schlein pd

Chi ha parlato (di/a Schlein) in quel modo è 1. a favore della guerra e dell’invio delle armi, e vorrebbe che la spesa militare dell’Italia arrivasse al 2% del Pil tagliando fondi alla sanità, alle pensioni, etc.; 2. è contro il salario minimo; 3. è contro chiunque alzi la testa per pensare con la propria; 4. è contro una sinistra degna di questo nome che, invece, vorrebbe continuasse a essere espressione di una classe dirigente borghese in linea con gli interessi di una percentuale risibile e marginale di italiani.

Mai nella informazione italiana c’è stata una tale distanza tra chi controlla ed esercita un’influenza all’interno dei media e ciò che invece la maggior parte della popolazione pensa o vuole.

Poi ci si interroga sul perché le copie dei giornali crollino. Sul perché nessuno legga più questi signori dell’informazione pronti a difendere il loro pensiero pur di fare a pezzi quello del Barbaro a loro inviso. Poi ci si chiede perché nessuno li capisca più quando parlano (loro, non Schlein!).

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