Elly Schlein e il campo larghissimo con Renzi e Calenda? Sì, ma come?
Ho finalmente ascoltato dalla viva voce di Elly Schlein, ospite in tv di Piazza Pulita su La7, la versione autentica sulla linea del Pd rispetto all’ulteriore allargamento del campo largo ai centristi, Calenda e Renzi. Il discorso di Schlein in premessa è risultato chiaro. Nessun veto significa che si discute con tutti. Senza pregiudiziali. “Ci si confronta sulle cose da fare, sulle priorità e si vede se è possibile trovare un’intesa”, precisa Schelin. Ma di cosa si discute e con chi esattamente e a quale livello, esattamente? Quando lo si fa, mancano appena 44/45 giorni alle elezioni regionali in Liguria? Sul punto la segretaria del Pd è stata alquanto evasiva e ha dato a Corrado Formigli (finalmente un giornalista vero!) risposte in puro politichese.
La lista della spesa, riproposta da Schlein, è arcinota: lavoro, sanità pubblica, scuola, ricerca, green deal ecc ecc. Non resta che riempire le voci di contenuti, altrimenti si resta alle pure enunciazioni di principio. Ad esempio: come si rimette in piedi la sanità pubblica mandata a catafascio dalla destra e in Liguria dalla cura Toti? “Abbiamo proposto di dirottare quattro miliardi al comparto, sottraendolo dai bonus previsti nell’Irpef”, ha risposto Schlein. Bene. E poi? Come si interviene per sveltire le liste di attesa lunghe come la Quaresima? Come si rafforzano gli organici esangui del personale medico e paramedico, che si rifugia nella sanità privata che paga meglio e non sottopone a turni di lavoro massacranti? Utilizzando quali risorse? Come si vorrà riorganizzare gli ospedali pubblici e i pronto soccorso al collasso cronico? Il Pd pensa di varare gli ambulatori di prossimità (in Spagna sono l’architrave dell’assistenza medica pubblica)? Quale opinione ha sul numero chiuso di medicina? A quali risorse finanziarie attingerà per migliorare i servizi al cittadino ligure? E via elencando.
Il Pd è il partito guida della coalizione e ha il diritto e il dovere di mettere a punto un programma di governo regionale articolato negli obiettivi e dettagliato nelle voci di spesa. Una volta messo a punto il programma (del quale in Liguria non c’è ancora traccia) deve presentarlo all’opinione pubblica e ai potenziali partiti alleati. In una sede istituzionale, con i responsabili dei vari partiti (AVS, M5S e frattaglie varie) si discute, si tratta (sui programmi non sulle poltrone), si definisce l’intesa se si trova una piattaforma comune soddisfacente. In questa ottica, in linea di principio e di metodo confrontarsi anche con Renzi e Calenda non è sbagliato. Purché non ci si faccia imporre l’agenda da due partiti che sommati insieme valgono poco più del 5%, dati dell’ultimo sondaggio di Renato Mannheimer presentato a Formigli. IV 2,3%, Azione 3%. A
patto che si entri nel merito delle cose, ovvero sul terreno minato delle cose da fare e da non fare.
Fingiamo che Calenda non sia Calenda e Renzi non sia Renzi. Che i due nascano oggi dalle spume del mare come Venere. Puri. Proviamo ad immaginare il dialogo tra Schlein e gli alleati. Il lavoro. Il Pd sta raccogliendo firme contro l’art.18 e il Jobs Act, creatura prediletta di Renzi che ne ha fatto una delle bandiere della sua offerta politica (qualcosa del passato bisognerà pur considerare, no…). Che fa Renzi, abiura? Neanche per sogno. Ha già rivendicato la paternità del Jobs Act e del famigerato art 18.
Andiamo avanti. Salario minimo: Il M5S è d’accordo col Pd. Il salario minimo è indispensabile e urgente. Renzi e Calenda niente affatto. Non parliamo del reddito di cittadinanza, inviso ad entrambi. Che si fa? Ci si passa sopra, si fa finta di nulla? Ancora. Infrastrutture. Il Pd dice di appoggiare quelle davvero necessarie alla Liguria. Calenda e Renzi spingono per costruire e cementificare purchessia. Calenda ha addirittura presentato una lista di nove infrastrutture indispensabili per la Liguria, tra le quali al Gronda che il M5S ostacola. La diga in porto va bene come l’ha progettata Bucci contro gli avvisi dei maggiori esperti del settore che hanno chiarito che il progetto non sta letteralmente in piedi e crollerà alla prima violenta mareggiata? I parchi, ristretti da Toti a minuscole enclaves circondante da urbanizzazioni selvagge, piacciono a Elly e ai due potenziali alleati? O, per dire, il parco di Portofino deve tornare ai vecchi confini? Servono interventi urgenti e strutturali a salvaguardia del territorio ligure, fragile, vittima di alluvioni croniche, frane e catastrofi naturali. Che si fa? Si va avanti fingendo che il problema non esiste secondo il modello Toti?
Torniamo sulla terra e riprendiamo contato con Renzi e Calenda e le rispettive politiche. La Liguria nei piani di Schlein è un laboratorio per tastare il terreno fra gli elettori e scoprire se l’alleanza allargata potrà funzionare in sede nazionale si tratterà di costruire l’alternativa a Meloni & C. Renzi, dunque. Ricordate la buona scuola di Renzi? Il piano di recupero dei vecchi edifici scolastici? Mai realizzato. La Giustizia? Siamo agli antipodi. Gli ex Gemelli del nulla si dichiarano fieramente “antigiustizialisti”. Tradotto, siano per l’impunità ai politici e ai loro compagni di merende. Hanno votato giulivi la cancellazione del reato di abuso d’ufficio, contro l’avviso dell’Ue che lo ritiene un argine alla corruzione. Hanno sostenuto i colpi di mano del Guardasigilli Nordio. L’ultimo, il divieto di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare porta la firma di Enrico Rossi, responsabile Giustizia di Azione. Promettono di votare con la destra la riforma complessiva della Giustizia studiata per mettere la mordacchia alla magistratura e all’informazione. Che si fa, Elly? Si soprassiede? Renzi firma il referendum contro l’autonomia differenziata, come Pd e M5S. Basta per restituirgli la verginità politica?
Il 1° giugno scorso, prima della batosta europea, un garrulo Matteo Renzi fischiettava uno dei suoi motti al curaro: “Se il centrosinistra sceglie Orlando, Toti vincerà le elezioni dai domiciliari”. Toti, già. Aveva incassato la solidarietà di Renzi, scandalizzato dall’uso prolungato della custodia cautelare. Oggi il senatore di Rignano promette di uscire dalla giunta Bucci (neocandidato della destra per la Regione), condizione posta da Schelin per trattare con lui- Senonché il sindaco, a Sky tg24 ha detto che l’assessore Avvenente e i consiglieri delegati Viscogliosi e Falteri (i tre sono iscritti a Italia Viva) gli hanno confermato che resteranno al suo fianco. E allora? Renzi promette di uscire dalla giunta Bucci ma certifica che il primo cittadino genovese è un buon sindaco. Perché vuol mollarlo, allora? Renzi sta affrontando la scissione promossa da Marattin che sì è trascinato appresso un centinaio di dirigenti locali, ostili al progetto-centrosinistra. Calenda si misura col dissenso interno di due big di Azione, Gelmini e Rossi, pure loro contrari a correre sotto le bandiere di Orlando. Il leader di Azione ha posto come condizione di intrattenere rapporti corretti col sindaco Bucci. Peccato che Bucci nel frattempo ha cambiato divisa e corre contro Orlando. Più che una sciarada è un pasticcio indigeribile. Calenda aveva commentato l’asse Schelin-Renzi così: “Pensavo di essere l’ultimo fesso ad essermi fidato di Renzi. Invece sono il penultimo”. L’ex ministro ovviamente tifa contro l’alleato di un tempo, pescano entrambi dallo stesso bacino elettorale, ridotto ad un laghetto siccitoso.
Facciamo così. Elly convochi Renzi e Calenda e li intervisti sulle cose che le stanno a cuore. Annoti le loro risposte e decida di conseguenza. Il giudizio finale e dirimente tuttavia non sarà il suo, di Schlein, né del Pd e neppure degli alleati. La risposta vera al giro di walzer dei due centisti rimasti senza centro, inappellabile, verrà dagli elettori. Vorrà prendersi il rischio, Elly, di scoprire dalle urne se il campo larghissimo piace agli elettori del Pd che l’hanno issata al vertice del partito? Vorrà sfidare i capibastone del partito che curiosamente tacciono e l’aspettano al varco con le doppiette spianate?