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Renzi, Calenda, Tajani e gli altri: le regionali in Liguria spaccano (ancora di più) il centro

Immagine di copertina
Credit: AGF

Al circo della politica italiana gli acrobati eseguono il numero più spettacolare, applaudito più dei pagliacci. Tra sussulti, retromarce, intoppi e piroette senza rete, prosegue il tentativo dei centristi di intrufolarsi nel campo largo ligure del centrosinistra, pascolo inopinatamente agognato dalla ex premiata ditta Renzi&Calenda.

I due ex amici come le macchine dei clown sulla pista circense perdono i pezzi e strappano risate alla platea, deliziata dai loro contorsionismi. Ma non mollano l’osso.

Il senatore amico di Bin Salman declama che il centrismo è morto e sopravvive il bipolarismo. Ha dunque scelto quel campo largo che a giugno irrideva. “In Liguria se candidano Orlando, Toti vince dai domiciliari”. Il centrismo è morto? Allora cos’è questa corsa forsennata ad occuparne le posizioni, da destra e da sinistra?

In visita al Secolo XIX, il vicepremier, ministro degli Esteri e leader di Forza Italia Antonio Tajani ha dichiarato che le elezioni si vincono al centro. Forza Italia, data al 10% dai sondaggi, punta in Liguria al 13-14% dei consensi. Vuole diventare l’ago della bilancia. Spostando a destra, sul candidato Marco Bucci, il pendolo degli elettori moderati. “Ci sono spazi enormi al centro e Forza Italia vuole occupare l’area che va da Meloni a Schlein. Tanta gente non vuole andare a sinistra”, ha detto Tajani.

I movimenti tellurici nella terra di nessuno, il centro, che invece piace a tutti i “moderati” si susseguono, anche in periferia. Claudio Scajola, assessore nella giunta Toti e nipote di Claudio, il king maker di Bucci, ha annunciato che aderirà a Forza Italia. La diaspora degli ex fedelissimi del governatore in doppiopetto è destinata ad allungarsi. Pochi i sodali rimasti fedeli al Capo.

L’assessore Giampedrone, ombra e scudiero di Toti, l’ex portavoce Jessica Nicolini accorsa ad iscriversi a “Vince Liguria” sotto le bandiere di Bucci. Chissà se il sindaco gradisce.

Al netto dei singoli individui, l’era Toti è definitivamente morta e sepolta. Nell’incontro genovese Tajani le ha scolpito la pietra tombale: “La sua esperienza politica è terminata”. Ha infierito: “Toti si lamenta di essere stato lasciato solo da Forza Italia? Lui ci ha tenuti fuori dalla giunta e dunque a noi non può chiedere nulla…”.

Schermaglie pre-elettorali? Mica tanto. Il boccone centrista è grasso e sostanzioso. I lupi si disputano l’osso ondeggiando fra retromarce tattiche e avanzate solitarie. Gli ex amici Renzi e Calenda, oggi fieri rivali, sgomitano e si scambiano colpi bassi mentre provano l’impossibile: confluire in Liguria in una lista comune a sostegno di Orlando.

Renzi bacchetta Calenda: ”Ha distrutto l’alleanza di centro, adesso distrugge Azione”. Il leader di Italia Viva manda in avanscoperta sui giornali la prediletta discepola Raffaella Paita, spezzina, già pupilla dell’allora governatore Burlando, rovinosamente sconfitta alle regionali liguri del 2015 dall’incredulo Giovanni Toti. Con le conseguenze note. Nove anni di totismo.

“Fu colpa delle divisioni nella sinistra”, salmodia la senatrice coordinatrice del partito, che nel cuore del leader ha soppiantato la toscana Maria Elena Boschi. No, la colpa fu sua, che a sinistra sta come i cavoli a merenda, la sua successiva carriera a rimorchio di Renzi lo attesta.

Paita batte come un fabbro sulla necessità di imbarcare nella squadra di Orlando anche il “centro riformista”, il Sarchiapone del quale tutti parlano e nessuno l’ha mai visto né sa cosa esattamente sia. Se non che al bisogno si porta su tutto. Estate e inverno. Destra e sinistra. A Roma e in periferia.

Nel ristretto orizzonte ligure la linea di Schlein (“Nessun veto per nessuno”) inciampa nella ulteriore subcondizione esplicitata dalla segretaria del Pd: “Se vuole entrare nella nostra alleanza, Italia Viva deve uscire dalla giunta Bucci”.

Renzi si è già espresso sul sindaco Bucci, ora candidato avversario per la Regione: “Bucci è un ottimo sindaco, ma noi stiamo dall’altra parte”. Davvero? L’assessore in giunta Bucci ex Pd (e ti pareva…) Mauro Avvenente ha detto che non ha intenzione di alzarsi dalla poltrona. Due parti in commedia. Difficile non sorridere.

A livello nazionale l’ala destra di Italia Viva si è rifugiata sotto il cappello di Marattin, demiurgo di una non meglio identificata Alternativa liberale. Lo hanno seguito un centinaio di dirigenti locali. Finiranno pure loro nel calderone del centrodestra?

L’altro figurante, Carlo Calenda, è in gramaglie. “Ingrate! Avete tradito gli elettori” inveisce all’indirizzo della terna al femminile (Gelmini, Carfagna e Versace) che ha mollato gli ormeggi di Azione e salpa verso il micropartito di Lupi, Noi moderati. In Liguria il duo (ex Pd) Lodi-Rossetti – che rompicapo tener dietro alle giravolte e ai cambi di marsina… – tiene duro, arroccato sulla trincea del centrosinistra. I due almeno erano e sono all’opposizione di Bucci.

Davvero uno show memorabile. Il centrismo ridotto ai minimi termini dalle Europee si spacca come un acino d’uva calpestato nel tino del mosto.

Dall’altra parte della barricata il centrodestra annaspa in debito d’ossigeno. La candidatura di Marco Bucci, seguita al patteggiamento accettato da Toti, ha spiazzato tutti. Colpo da maestro di quella vecchia volpe di Claudio Scajola, ex ministro, sindaco della bianca Imperia. Ha convinto Meloni al pressing su Bucci, il sindaco di Genova nel giro di un giorno si è sconfessato da sé (“Non potrei, tradirei l’impegno che ho preso con i genovesi fino al 2027), ha scoperto “lo spirito di servizio” e il dovere di “battersi contro il partito del no”, ha accettato di fare il frontman del centrodestra. La slute non è delle migliori, lo spirito resta altissimo. Auguri all’uomo.

Resta che anche a destra i mal di pancia non mancano. La mossa Bucci (“sono un civico, non appartengo ad un partito”, disinnesca lui la mina fra Lega e Fratelli d’Italia) ricompatta lo schieramento assorbendo eventuali rimbalzi sgraditi sul Veneto.

La vicinanza politica di Bucci a Toti, una simbiosi organica evidente negli anni del governo comune di capoluogo e regione, costituisce motivo di imbarazzo. Si prova a diluire i sospetti di continuità fra il vecchio e il nuovo. La composizione delle liste chiarirà se e quanto si sarà centrato l’obiettivo. Troppi totiani nelle liste del sindaco sarebbero un’arma a doppio taglio. Lo sa Bucci, lo sanno gli alleati. Lavori in corso. Stiletti affilatissimi.

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