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Le Europee saranno le prime elezioni a ridefinire il ruolo dell’Ue nel mondo (di S. Mentana)

Immagine di copertina
Credit: AGF

Ogni cinque anni ci presentano le consultazioni comunitarie come “le più importanti di sempre” ma stavolta il voto non cambierà solo gli equilibri interni ai singoli Stati membri

Ogni cinque anni le elezioni europee vengono accolte dal mondo della politica e dell’informazione come “le più importanti di sempre”. Per quanto l’affermazione, ripetuta a cadenze regolari, possa sembrare uno dei sintomi dell’emotività di questo tempo, ci mostra però come questo periodo storico sia un tempo fatto di sfide sempre più importanti, e per quanto le grandi ideologie del Novecento restano una sfumatura, si è di fronte a temi cruciali su cui i cittadini sono chiamati a scegliere.

Pur con tutti i limiti dell’Unione europea e delle altre organizzazioni sovranazionali non siamo di fronte a un voto solamente burocratico: c’è una guerra alle porte, l’Europa è attraversata da problemi che vanno dall’economia ai flussi migratori e per la prima volta è chiamata a rinnovare il suo parlamento dopo la pandemia di Covid-19 e dopo che la Brexit è entrata effettivamente in vigore. Sono questioni che, pur non rientrando nel classico schema ideologico, hanno coinvolto e diviso l’opinione pubblica e vanno ad aggiungersi ai dibattiti sull’organizzazione futura dell’Unione europea e della moneta unica più in generale.

In modo particolare, al di là delle tradizionali divisioni tra i diversi partiti politici europei, l’inizio della guerra in Ucraina nel 2022 ha portato a notevoli cambiamenti anche dal punto di vista politico e cambiato non poco l’assetto geopolitico dell’Unione, spostando notevolmente il baricentro verso est. Se fino a pochi anni fa i Paesi del fianco orientale dell’Ue e della Nato erano ancora visti come i “nuovi arrivati”, oggi non solo il processo di integrazione è ben più avanzato, ma l’aumento dell’attenzione in quell’area dal punto di vista militare e i loro crescenti investimenti in materia di difesa hanno attribuito loro un ruolo più cruciale rispetto ad altre zone d’Europa.

Se in quell’area vi sono i Paesi che guardano alla Russia con maggiore ostilità, a partire dalla Polonia e dalle repubbliche baltiche, vi sono anche quelli che tendono più volentieri la mano verso Mosca, a partire dall’Ungheria di Orban e la Slovacchia, dove al socialista dissidente e primo ministro Robert Fico si è da poco aggiunto Peter Pellegrini, dall’origine politica molto simile e da poco eletto presidente della Repubblica.

Non è un dettaglio sottolineare come questi due protagonisti vengano da partiti socialisti oggi in rotta col Pse, perché questo mostra come il nuovo assetto geopolitico stia rompendo anche il tradizionale dualismo socialisti-popolari, portando a rotture interne e all’emergere di forze talvolta euroscettiche, altre europeiste, che difficilmente possono essere collocate all’interno degli schemi tradizionali, ormai in crisi da diverse tornate elettorali. In un clima del genere, in un’Unione che da anni è in cambiamento, stiamo assistendo sempre di più a un riallineamento in cui il voto non sarà solo un modo per ridefinire gli equilibri nei singoli Paesi, ma anche per ridisegnare l’Europa. Questo passerà anche dal nostro voto, qualunque esso sia.

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