Icona app
Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Banner abbonamento
Cerca
Ultimo aggiornamento ore 15:42
Immagine autore
Gambino
Immagine autore
Telese
Immagine autore
Mentana
Immagine autore
Revelli
Immagine autore
Stille
Immagine autore
Urbinati
Immagine autore
Dimassi
Immagine autore
Cavalli
Immagine autore
Antonellis
Immagine autore
Serafini
Immagine autore
Bocca
Immagine autore
Sabelli Fioretti
Immagine autore
Guida Bardi
Home » Opinioni

Così la crisi può cambiare la corsa al Quirinale (di S. Mentana)

Immagine di copertina
Il premier Giuseppe Conte e il Capo di Stato Sergio Mattarella Credits: ANSA

Non sappiamo ancora in che modo si risolverà la crisi di governo in corso, ma sappiamo per certo una cosa: quella per l’esecutivo è solo una delle partite che si stanno giocando in questo passaggio cruciale. Dall’eventuale nascita di un nuovo governo e dalla sua composizione si decideranno anche gli equilibri in vista delle amministrative della prossima primavera (su cui non a caso tutto tace) e, non da meno, per l’elezione del presidente della Repubblica, in programma per il febbraio 2021.

L’alleanza tra PD e Movimento Cinque Stelle, nata come intesa di comodo nel 2019 in chiave anti-Salvini, si è trasformata nel tempo in una vera e propria alleanza politica, con Giuseppe Conte come proprio leader. L’uscita dalla maggioranza di governo da parte di Italia Viva, che ha portato alla nascita della crisi, ha messo in evidenza proprio questo: il governo Conte bis si è retto sull’alleanza politica PD-M5S-LeU, con il sostegno di Italia Viva, parte dell’esecutivo ma non di questa coalizione. Ma proprio per questo, o Conte riesce a costruire una quarta gamba del governo formata dai cosiddetti responsabili, o lo schema rimarrà quello del Conte bis: una coalizione che fa da baricentro ma che governa grazie a un’intesa con altre forze politiche. Con una chiarezza a riguardo fin da subito, una cosa che nell’esecutivo dimissionario è probabilmente mancata.

Questo significa una cosa: che su molti temi la linea politica dovrà scendere a patti con altre forze politiche, facciano esse o meno parte del governo. Temi che se non messi nero su bianco in un accordo iniziale potrebbero trasformarsi in un braccio di ferro. Tra questi ci potrebbe essere senza dubbio l’elezione del Presidente della Repubblica.

Il voto di martedì 19 gennaio in Senato ha portato al governo 155 voti, sufficienti a garantire all’esecutivo la fiducia a causa dell’astensione di Italia Viva. Il giorno precedente, la maggioranza ottenuta alla Camera era stata ottenuta con 321 deputati, cinque in più della maggioranza assoluta. Se si parte da questo numero di voti e si aggiungono quelli dei rappresentanti delle regioni, la cui maggioranza tende attualmente verso il centrodestra, l’alleanza PD-Cinque Stelle-LeU col sostegno dei responsabili che fino a questo momento hanno dato il loro sostegno all’esecutivo avrebbe poco meno della maggioranza assoluta dei 1009 membri dell’assemblea che elegge il Presidente della Repubblica. In altre parole, se l’attuale maggioranza dovesse decidere di portare avanti un proprio nome come capo dello stato, dovrà scegliere una figura in grado di pescare anche altrove.

Sappiamo bene che l’elezione del presidente della Repubblica, a scrutinio segreto, riserva spesso sorprese. I mal di pancia dei parlamentari si manifestano spesso sotto forma di “franchi tiratori”, come nel 2013 hanno ben saputo Franco Marini e Romano Prodi, uno dopo l’altro affossati dai voti di parlamentari in molti casi ancora ignoti. Se la “coalizione Conte” non dovesse rafforzare la sua posizione, rischierebbe dunque di arrivare in una posizione debole al voto per il capo dello stato, e a meno che non vi sia un chiaro coinvolgimento di Italia Viva nella scelta dovrà cercare un nome più condiviso possibile anche tra le file del centrodestra. Proprio il centrodestra, dal canto suo, potrebbe provare a proporre un nome della propria area gradito anche alla fazione di governo qualora ci fossero tentennamenti da parte della maggioranza.

Partendo da questi numeri, il primo passo per capire i potenziali scenari del voto in programma tra un anno per eleggere il successore di Mattarella è appunto la soluzione dell’attuale crisi di governo. Al di là del nome del presidente del Consiglio e della composizione dell’esecutivo sarà importante capire se ci sarà o meno chiarezza su quali siano i rapporti tra le forze che lo sostengono e quali saranno i punti di unità tra di loro. Risolto questo, capiremo anche qualcosa in più sulla partita per il Quirinale, che pur nel silenzio totale sta iniziando a giocarsi anche con questa crisi.

Ti potrebbe interessare
Opinioni / Come il “campo largo” ha strappato l’Umbria al centrodestra
Opinioni / L’alternativa all’oligarchia illiberale non è la paura ma la speranza
Opinioni / Astensionismo record anche in Umbria ed Emilia-Romagna: così la democrazia diventa oligarchia
Ti potrebbe interessare
Opinioni / Come il “campo largo” ha strappato l’Umbria al centrodestra
Opinioni / L’alternativa all’oligarchia illiberale non è la paura ma la speranza
Opinioni / Astensionismo record anche in Umbria ed Emilia-Romagna: così la democrazia diventa oligarchia
Esteri / Il trumpismo è un filo rosso che unisce “bifolchi” e miliardari
Esteri / Nemmeno a Trump conviene opporsi alla green economy
Opinioni / L'Europa ai tempi di Trump
Opinioni / Ma nella patria del bipartitismo non c’è spazio per i terzi incomodi (di S. Mentana)
Esteri / In Europa può rinascere dal basso un nuovo umanesimo contro la barbarie delle élites (di E. Basile)
Opinioni / Bruno Bottai: l'eloquenza del silenzio (di S. Gambino)
Opinioni / La vittoria di Bucci e l’importanza del peso demografico alle regionali