Egoisti col Rolex: la generazione che ha tradito (di G. Gambino)
È accaduto con la sanità, da tutti beatificata durante la pandemia e poi tradita perché l’emergenza era ormai passata; accade oggi anche con l’urgenza della transizione energetica ed ecologica, professata a colpi di greenwashing dalle grandi multinazionali e poi in realtà affossata dagli stessi colossi del gas.
Eppure il Covid avrebbe dovuto insegnarci la necessità di prevenire anziché continuare ad agire sull’orlo del collasso, in piena emergenza, rinviando i problemi di oggi alle generazioni di domani. Se ci pensate, il punto di ogni mancata transizione verso un mondo migliore è proprio questo: negli ultimi cinquant’anni, che si trattasse di ambiente, di sanità o di energia, i governanti odierni hanno sempre abdicato a quelli futuri. E perché lo hanno fatto? Perché privi delle risorse e dei mezzi per affrontare questi processi epocali? Macché, c’è una sola spiegazione: egoismo, vero virus della seconda metà del Novecento.
La classe dirigente che sta ostacolando la svolta green è nata e cresciuta nel Ventesimo secolo ma non è in grado di comprendere le sfide del Ventunesimo, e per questo dimostra di non avere visione. Ma l’ignavia di questa generazione è comprensibile: hanno ereditato un mondo, quello del dopo-guerra, prevalentemente in pace, si sono crogiolati nelle meritate conquiste delle libertà civili e hanno beneficiato di diritti nel mondo del lavoro oggi ritenuti irraggiungibili, con salari medi ben più elevati rispetto al costo della vita.
La generazione che ha tradito non si è mai posta il problema di guardare al presente con gli occhi del futuro perché era troppo presa dal viversi l’ora e subito, senza prestare attenzione a quanto rapidamente stesse cambiando il mondo. I diritti ambientali oggi dovrebbero essere ugualmente importanti di quanto non lo siano stati in passato i diritti sociali ed economici.
E pur avendo acquisito una significativa stabilità sociale, questa classe generazionale ha fatto davvero poco per i figli che ha messo al mondo, prima contribuendo a generare crisi sistemiche e poi dilapidando quasi tutto. Con il risultato che oggi il mondo è a pezzi, da qualunque punto di vista lo si guardi: più povero, più diviso, con meno diritti e certo più precario.
Il fatto è che non hanno previsto un tesoretto per i momenti più bui e non hanno prevenuto un bel nulla. Forse l’unica idea, la sola creazione in questa direzione, è stata la volontà di dare vita all’Unione europea, che poteva essere un’opportunità ma nei fatti è ancora lontana dall’agire coesa e consapevole sulle sfide del presente. Va da sé che seguendo questo modello irresponsabile, del vivere sempre al limite, sempre sull’orlo di una crisi temporaneamente scongiurata ma mai fino in fondo risolta, era evidente che si riducessero via via le risorse, si restringessero i diritti e che non si stesse costruendo un mondo sostenibile. Il nostro.
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