L’egemonia della destra passa anche dall’usurpazione delle parole
Quando Antonio Gramsci ha affrontato il tema dell’egemonia culturale, aveva spiegato che, oltre al potere materiale, una classe sociale, per essere egemone, dovesse gestire un potere più immateriale, ovvero la capacità di far apparire indiscutibili e naturali le proprie idee e i propri valori agli occhi di tutta la società. L’egemonia, allora, era rappresentata dalla borghesia che aveva il potere sui proletari ed era rappresentata anche del potere del Nord sul Sud. L’egemonia si manifestava e agiva separando il sistema sociale. Si sperava, dunque, che la società proletaria (soprattutto nel Sud) agisse per riscattarsi di fronte al dominio borghese ed è qui che è subentrato il socialismo, che agiva attraverso i valori di una politica sociale volta a pareggiare i diritti e le differenze create dall’egemonia.
Negli anni, l’egemonia è diventata il pensiero (semplificato) che bastasse essere colti per essere di sinistra, che la sinistra avesse sulla destra una superiorità quasi genetica e che l’intellighenzia non potesse che essere di sinistra. Questo perché, spesso, si confonde la cultura con gli intellettuali. Ma in Italia, l’enorme classe sociale piccolo-borghese è sempre stata conservatrice, tradizionalista, attenta agli status symbol, alle abitudini. Abbiamo, ad esempio, per anni avuto una stampa che esaltava gente come i Savoia, non abbiamo mai fatto i conti con il nostro passato da colonialisti e ci dipingiamo spesso come coloni buoni che hanno rifatto le strade e costruito ospedali, non abbiamo mai fatto i conti con il fascismo e le leggi razziali. In questo senso, possiamo provare anche ad azzardare di dire che in Italia, la destra ha avuto l’egemonia culturale.
Oggi questa realtà si nota di più perché legittimata da questo governo che non parla d’altro e che ha come obiettivo principale quello di accaparrarsi tutto ciò che, secondo una propaganda studiata, sia stato negato dalla sinistra come nelle istituzioni e nei media. Meloni lo chiama “riequilibrare” il sistema. Dimenticando che, per decenni, l’Italia ha subito una narrazione propagandistica aggressiva e sempre più crescente nelle TV di Berlusconi e con l’ascesa dei social (ad esempio, attraverso “la bestia” leghista).
Rispetto ai tempi di Gramsci, le classi subalterne non sono rappresentate dai proletari o dalla classe operaia, ma dalle persone ai margini che rappresentano i piccoli tasselli della società; e dalla classe media per il lento e inesorabile impoverimento del primo mondo. Ma oggi, anche il divario tra Nord e Sud si è ampliato e questo peggiorerà con il Ddl Calderoli per l’autonomia differenziata che trasformerà il paese in uno Stato Arlecchino (Cit. PL. Bersani).
Se vogliamo ristabilire alcuni ordini e un po’ di equilibrio, l’egemonia deve ripartire dal basso. Negli ultimi anni abbiamo visto tanti movimenti che, proprio dal basso, hanno anche influenzato la politica e il potere. Come il movimento ambientalista Fridays for Future di Greta Thunberg; più indietro nel tempo con i movimenti per l’aborto, il divorzio, il sistema sanitario nazionale, lo statuto dei lavoratori. Esisteva una forza collettiva dal basso che trascinava l’opinione pubblica e che imponeva alla politica di affrontare i temi e di fare delle scelte.
Oggi questi movimenti non esistono più o se nascono, vengono soffocati da una propaganda violenta fatta di gogna mediatica, negazionismi, complottismi, e metodi alla Goebbels per trovare dei colpevoli fittizi (: immigrati, rifugiati, comunità LGBTQI, sinistra, ecc.) a dei problemi veri, senza proporre mai soluzioni. Oggi la sfera politica è prevalentemente autoreferenziale e poco propensa a trovare soluzioni alle esigenze sociali. Creano guerre tra poveri, tra ultimi (immigrati) e penultimi (gli emarginati, le periferie, ecc.)
La destra di Meloni, che oggi è al potere, ha incendiato il sentimento della popolazione vincendo le elezioni e lo ha fatto su quei temi lì, la pacchia, l’Europa, le accise, l’immigrazione, ecc. Si lamenta, nonostante sia al potere da più di un anno, dell’egemonia culturale della sinistra ma non propone nessuna idea alternativa sul progresso, la democrazia, l’economia. Quali sono i valori positivi dell’egemonia che la destra vuole proporre? Quali valori tout court, ad oggi, a parte urlare da Budapest Dio-Patria-Famiglia, vuole proporre oggi? Non c’è nessuna proposta intellettuale o culturale. Esistono, però, le loro perenni contrapposizioni tra ceti sociali, con le minoranze etniche e religiose, con la povertà, con le comunità LGBTQI+, ecc. e le esasperano con una aggressiva appropriazione linguistica.
Egemone è la loro usurpazione dell’intero registro simbolico e linguistico deviando il senso delle parole. Chiara Valerio dice che “le parole hanno un significato statistico indipendentemente da quello che è scritto sul vocabolario”; quindi, il modo in cui usiamo le parole, le determina, le deforma e le indirizza politicamente.
Orgoglio, Patria, Famiglia, Nazione, Tricolore sono parole che usavano i grandi della nostra storia come Calamandrei, Salvemini, ecc. e sono parole inserite nella nostra costituzione da antifascisti. Eppure, oggi, abbiamo smesso di usarle per paura di essere assimilati a loro e abbiamo permesso che si appropriassero delle parole che non sono né di destra né di sinistra. Perché le parole sono una moltitudine di cose, hanno sfaccettature, declinazioni. Altrimenti non esisterebbero i sinonimi e i contrari, le sfumature. Non sarebbero stati scritti libri che portano le persone, docenti, studenti e studentesse a studiare per ore un romanzo o una singola parola scelta dall’autore o l’autrice.
Abbiamo perso la voglia di usare la parola “patria” per paura, pensiamo che “tricolore” sia nazionalista ed è inaccettabile. Accettiamo che “migranti” sia una categoria da colpire e non un insieme di esseri umani privi di diritti e di dignità.
Dopo un lungo periodo che ha visto l’intellighenzia di sinistra – fatto oggettivo – produrre film, libri, pièce teatrali, musica, programmi televisivi, la destra ritorna su questo argomento e lo usa come contrapposizione di classe (la sua specialità) attraverso l’uso del registro simbolico e di una aggressiva e propagandistica comunicazione. La destra ha usato proprio il paradigma gramsciano, attaccando la sinistra definendola borghese e radical chic, colpevole della miseria e della povertà delle persone con difficoltà, appropriandosi del registro simbolico che è diventato egemonico. La destra punta alla lotta di classe facendo credere di rappresentare appieno le istanze delle classi meno abbienti per costruire il proprio consenso ma, alla luce dei fatti, non producendo nessuna azione politica che va verso queste esigenze.
La propaganda funziona ancora se guardiamo i sondaggi ma, prima o poi, il castello verrà giù e con esso tutta la loro egemonia linguistica.
“Il vecchio mondo sta morendo, quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri.” (A. Gramsci)