Con la cittadinanza italiana a Zaki Draghi non può più tacere: parli in difesa dei diritti umani in Egitto
Il 14 aprile il Senato ha approvato un ordine del giorno che chiede di concedere la cittadinanza italiana a Patrick Zaki, attivista egiziano accusato di propaganda sovversiva detenuto in patria in attesa di processo dal febbraio 2020. L’ordine del giorno è stato approvato con 208 voti favorevoli, 33 astenuti e nessuno contrario. Ora l’iter passa al Viminale che prepara il dossier e poi alla Presidenza della Repubblica che fa la concessione formale.
La mozione votata lo scorso mercoledì – si legge – “impegna il Governo a intraprendere tempestivamente ogni ulteriore iniziativa presso le autorità egiziane per sollecitare l’immediata liberazione di Patrick Zaki, valutando anche la promozione dell’applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti del 10 dicembre 1984; a dare impulso, a livello europeo ed internazionale, ad ogni azione adeguata a promuovere il rispetto dei diritti umani in Egitto, con particolare attenzione alle situazioni di repressione politica; ad attivarsi, a livello Ue, per sollecitare istituzioni e Stati membri affinché richiedano all’Egitto, e agli altri Paesi in cui persistono diffuse violazioni dei diritti umani, miglioramenti concreti su questo tema e si adoperino altresì per effettuare un monitoraggio rafforzato sulle questioni più critiche in materia nel Paese; a farsi portatore attivo della cultura del rispetto e della promozione dei diritti umani nell’agenda degli appuntamenti del G7, con particolare riguardo ai casi di repressioni politica nei confronti dei difensori dei diritti umani”.
Con questo voto, nel Senato italiano si torna a parlare di Egitto e di diritti umani. Un passo importante da leggere nel contesto delle scelte in termini di esposizione diplomatica degli ultimi giorni. Non dimentichiamo che pochi giorni fa, il premier Mario Draghi ha scatenato una crisi tra Italia e Turchia definendo il presidente Recep Tayyip Erdoğan “un dittatore“.
Come scrive Padellaro sul Fatto Quotidiano, dopo questa “presa di distanza dai regimi autocratici”, ora Draghi è chiamato a proseguire nel solco tracciato. Con la cittadinanza italiana a Zaki, il premier non può più tacere, il governo italiano è chiamato a una seconda mossa: parlare in difesa dei diritti umani in Egitto. Denunciare le violazioni e insistere perché i Paesi membri dell’Ue condividano tali preoccupazioni e se ne facciano carico nel concreto.
Sembra scontato, ma il primo punto sul quale intervenire, per restituire coerenza al voto su Zaki e dignità alla memoria di Giulio Regeni, sarebbero le commesse militari tra Italia ed Egitto. L’export di armi è invece a livelli mai raggiunti prima con accordi che sfiorano le cifre capogiro di 11 miliardi di euro.
In particolare, la RIPD (rete italiana pace disarmo) sottolinea come inaccettabili tutte le ipotesi di accordi per vendita di sistemi d’arma, che sono contrari ai criteri della legge 185/90 sull’export di armamenti oltre che alla Posizione Comune UE e al Trattato internazionale ATT. “Non è pensabile continuare a rafforzare un regime autoritario fornendogli i mezzi militari per concretizzare le proprie politiche di espansione, spesso addirittura in contrasto con la politica estera dell’Italia. Il Parlamento egiziano ha già votato la possibilità di un intervento armato in Libia e tutte le norme (nazionali ed internazionali) sul commercio di armi proibiscono all’Italia vendite armate verso Paesi coinvolti in un conflitto”. Senza considerare l’utilizzo di questi dispositivi anche per la repressione delle proteste interne.
È il tempo del coraggio e di una politica che guarda avanti ed è coerente con le proprie azioni. Se non ora, sarà troppo tardi.
Leggi anche: Il messaggio di Patrick Zaky dal carcere: “Resisto, grazie per il supporto”\ La separazione dei poteri in Italia e le indagini sull’omicidio Regeni: una lezione per Al Sisi, una lezione per tutti