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Il discorso di Mattarella e la coerenza della politica (di Nicola Zingaretti)

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Come diceva Don Milani, non c’è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra disuguali. È il principio etico che è stato richiamato anche dal Presidente Mattarella nel suo bellissimo discorso alle Camere riunite e che ora, a mio giudizio, deve orientare tutta la nostra azione, nella grande missione che si avvia con il PNRR e per il dopo-Covid.

Non distraiamoci. Ha ragione il Presidente: le disuguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita, sono il freno. Per anni, forse più di 30, lo Stato ha tagliato la spesa pubblica per far quadrare i bilanci. Ha provato a produrre buona spesa pubblica, ma non sempre ci è riuscito. Gli effetti purtroppo si sono visti, nel calo dei servizi alle persone e alle imprese e nella crescita delle disuguaglianze, fino a sfociare in un senso diffuso di sfiducia nello Stato.

La solitudine delle persone è diventata il paradigma della modernità. Ora siamo dentro una fase storica di radicale cambiamento, con un’enorme massa di investimenti finanziari forse senza precedenti nella storia italiana. C’è una grandissima aspettativa, giustamente. Ma attenzione a non commettere errori e concentrarci solo sul dato puramente numerico degli investimenti, senza considerare la loro funzione. Non c’è alcun automatismo, nessuna sicurezza che alla gigantesca quantità di risorse di cui disporremo corrisponderà un salto di qualità nella spesa pubblica e della sua distribuzione e indirizzo.

Nessuna certezza che finalmente l’Italia orienti la spesa pubblica verso l’innovazione per la sostenibilità ambientale e sociale del nostro modello di sviluppo. È qui, esattamente qui, che si disegna il nostro ruolo e si gioca la grande partita per rendere comprensibile agli italiani, finalmente di nuovo, da che parte stiamo. Ha fatto bene Enrico Letta a chiedere che il Parlamento calendarizzi i temi posti dal Presidente. La pandemia è stata una lezione. Le forze democratiche sono state riconosciute oggettivamente come le più adeguate ad affrontare la crisi pandemica.

Le persone sapevano da che parte stavamo: con la scienza, per le mascherine, il distanziamento, quindi per i vaccini. Siamo risultati più adeguati nel dare risposte alle nuove emergenze che la pandemia ha imposto: la vita in primo luogo. La sicurezza e la libertà non sono più concetti appaltati alla destra, che anzi in questi mesi non ha saputo garantirle, inanellando una lunga serie di ni, no, forse e polemiche su tutto, provando a inseguire il senso di incertezza e le paure delle persone.

Noi, al contrario, siamo stati coerenti, nella difesa della salute delle persone, e con risposte immediate ai problemi sociali ed economici generati dalla pandemia. E questo si vede e si avverte soprattutto nelle difficoltà delle leadership delle destre. Ma la fase sanitaria della pandemia sembra si stia concludendo, e già oggi facciamo i conti non tanto con il virus, ma con i problemi che il virus ha posto a tutti noi: lo sviluppo, il lavoro, la crescita e le disuguaglianze sociali. Ora, nel tempo nuovo che si sta aprendo, è fondamentale far capire da che parte stiamo.

Dobbiamo costruire un’agenda nella quale sia chiaro che siamo noi la forza dello sviluppo sostenibile, dell’innovazione digitale, della diffusione della conoscenza, dello Stato semplice, ma che finalizza queste opzioni a un progetto di liberazione umana, alla lotta per la riduzione delle disuguaglianze, per il benessere, per il bene di tutti e non di pochi. Guai a pensare, come abbiamo fatto troppe volte, che la questione sia solo la crescita. L’imperativo, oggi, è farci percepire, perché lo siamo, vicini a chi ora ha più bisogno.

Ci vuole coerenza, perché enunciare e declamare principi senza poi essere coerenti nelle scelte produrrebbe una rottura ancora più irreparabile con il Paese. Ecco dunque definirsi un compito: costruire un campo largo di alleanze politiche e sociali con il quale promuovere un’idea nuova e giusta di Paese. Sapere da che parte stare significa questo, ed è proprio quello di cui ora c’è più bisogno. Proporre a una nuova generazione di ragazze e ragazzi questa idea di politica, per dirla con Carlo Azeglio Ciampi “di servizio” e renderli protagonisti. Questa sarebbe forse la più importante innovazione di questo tempo. Ci vuole coraggio e passione ma questa è la nostra missione.

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