Il dibattito sull’atomica è lo specchio di un mondo ormai sempre meno sicuro (di S. Mentana)

La Bomba non è più un ricordo o un tabù passato. Il ritorno della deterrenza può alimentare una nuova corsa allo sviluppo delle armi nucleari
Deterrenza nucleare. Le due parole pronunciate da Emmanuel Macron nel suo discorso alla nazione francese del 5 marzo hanno fatto tornare alla mente una delle politiche che più hanno caratterizzato la Guerra fredda e che mostra come la bomba atomica, l’arma più devastante esistente sulla faccia della Terra, in grado di polverizzare migliaia di persone ed edifici in pochi istanti, non sia un ricordo del passato né qualcosa di talmente tabù da non poter nemmeno essere pronunciato e tenere nascosto nei propri arsenali.
La frase di Macron non arriva dal nulla, in un mondo in cui l’ordine mondiale si sta sfaldando e le armi sono viste come un modo per tutelare la propria posizione. Già Putin nel discorso in cui aveva lanciato la cosiddetta ”operazione militare speciale” in Ucraina aveva parlato di «conseguenze tali che non hanno mai sperimentato nella storia» per chi avesse interferito, un’affermazione dietro la quale molti avevano visto una velata minaccia atomica, qualcosa poi rimarcato pochi mesi dopo con la classica abilità verbale del presidente russo nel lasciar intendere senza dire esplicitamente quando parlò di uso di tutte le armi disponibili, concludendo con un deciso: «Non è un bluff».
Non sono mancate le minacce atomiche esplicite da parte dell’ex presidente russo Dmitri Medvedev, com non sono mancate in tutto il mondo domande dirette da parte della stampa a leader e analisti sull’uso possibile dell’arma atomica. E non mancano i Paesi, come l’Iran, che da anni cercano di ottenere una propria arma nucleare, venendo pesantemente osteggiati: proprio in questi giorni Trump ha mandato messaggi molto chiari verso Teheran sul fatto che non possa avere l’atomica.
In poche parole, col passare del tempo la bomba nucleare è qualcosa di sempre più presente nel linguaggio comune, e quel velo di pudore che l’aveva tenuta nascosta per anni è caduto soprattutto dopo quella grande spallata al fragile ordine internazionale che è stata l’inizio della guerra in Ucraina. Oggi, quindi, l’atomica non è un ricordo o un tabù, ma un’opzione inquietante di cui sembra si possa parlare apertamente.
Il discorso di Macron non ha bisogno di troppe interpretazioni: l’Europa ha paura della Russia e della sua potenziale politica espansionista, gli Stati Uniti potrebbero disinteressarsi a sostenere il Vecchio continente, che per decenni ha contato soprattutto sulle atomiche d’Oltreoceano per la deterrenza nucleare. La Francia, potenza atomica, è pronta a mettere il suo ombrello nucleare a disposizione.
C’è un grosso ma. Premesso che nessuno conosce il reale numero di atomiche esistenti con precisione, i dati che vengono diffusi dicono che Russia e Stati Uniti hanno oltre 5mila armi nucleari a testa, seguiti dalla Cina intorno alle 500 e Francia e Regno Unito con meno di 300 a testa. In altri termini, Londra e Parigi insieme hanno un decimo delle testate nucleari di ciascuna delle due massime potenze, idem la Cina.
Se torna la deterrenza, dunque, con essa dobbiamo aspettarci una corsa alle armi atomiche? Dobbiamo aspettarci che il prossimo trattato a essere stracciato sia quello sulla non proliferazione nucleare e spuntino dal nulla nuove potenze atomiche? Dobbiamo aspettarci il ritorno dei test? Mettiamoci una mano sul cuore: deterrenza vuol dire non utilizzare, è vero. Ma sappiamo quanto anche una sola di queste armi sia in grado di distruggere: parlarne è lo specchio di un mondo sempre meno sicuro.