Anche le democrazie hanno fatto guerre sporche. Ma non è colpa degli Usa se Putin ha invaso l’Ucraina
Dalle colonie africane alle invasioni di Vietnam e Iraq, la storia dell’Occidente è tutt’altro che pacifica. Ma non è l’imperialismo degli Stati Uniti ad aver provocato il conflitto in Ucraina:Putin minaccia i nostri valori di libertà
Il filosofo Immanuel Kant insisteva sul fatto che le democrazie sono intrinsecamente più pacifiche perché rispondono ai cittadini che dovrebbero sostenere i costi della guerra. È naturale, allora, pensare alla “pace democratica” di Kant guardando alla sconsiderata e brutale invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin, un conflitto che quasi certamente il presidente russo non avrebbe intrapreso se avesse avuto bisogno di organizzare il sostegno da parte dell’opinione pubblica del suo Paese. Il fatto che Putin abbia censurato la copertura mediatica della «operazione militare speciale», e che abbia stabilito persino che chiamarla «guerra» è un reato, conferma il fatto che la Russia non sarebbe in grado di gestire questa disastrosa campagna nel contesto di una società libera e aperta. È facile per gli Stati Uniti e l’Europa sentirsi virtuosi mentre insieme aiutano l’Ucraina a respingere il predatore russo. Ma prima di esagerare con le “autocongratulazioni” sarebbe saggio ricordare che, nonostante Kant, le democrazie dell’alleanza occidentale non hanno le mani del tutto pulite quando si tratta di versare il sangue altrui.
La previsione del filosofo sulle democrazie amanti della pace si è rivelata giusta solo a metà. È vero che nessuna democrazia ha mai mosso guerra contro un’altra democrazia: è una delle uniche leggi solide nel campo, non molto scientifico, delle scienze politiche. Ma le democrazie nella storia sono state tutt’altro che pacifiche. Vale la pena ricordare che le prime due più importanti democrazie liberali d’Europa – Regno Unito e Francia – sono state anche due fra le maggiori potenze imperialiste, governando circa un terzo della popolazione mondiale con un potere coloniale che ha fatto uso frequente di una brutale repressione su vasta scala. Ciò è accaduto non solo nei secoli remoti, ma anche nella seconda metà del Novecento. Si stima che negli anni Cinquanta e Sessanta gli inglesi abbiano ucciso tra le 30mila e le 300mila persone nel reprimere la rivolta anti-coloniale dei Mau Mau in Kenya, mentre deportavano circa 200mila individui nei campi di detenzione. I francesi hanno ucciso almeno 300mila algerini, prima di riconoscere l’indipendenza dell’Algeria nel 1962. Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno raccolto l’eredità della Francia in Vietnam: un conflitto in cui (dal 1954 al 1975) si stima siano morti almeno 2 milioni di vietnamiti. Washington, in nome della lotta al comunismo, dal 1960 fino a un accordo di pace nel 1996 ha appoggiato un colpo di Stato di destra in Guatemala, dove militari e milizie (addestrati dagli americani) hanno ucciso oltre 200mila persone, la maggior parte delle quali poveri contadini Maya. E ancora: gli Stati Uniti non avranno mai attaccato direttamente una democrazia, ma nel 1973 hanno appoggiato un golpe militare in Cile che ha portato alla morte del suo presidente democratico e a 17 anni di dittatura militare.
L’invasione statunitense dell’Afghanistan, nel 2001, aveva qualche giustificazione – il governo afghano diede ospitalità a Osama Bin Laden – ma ha portato alla morte di circa 176mila afghani (secondo il Costs of War Project), un numero enormemente superiore alle 3mila vittime degli attentati dell’11 settembre. Nel 2003 l’invasione dell’Iraq – intrapresa con falsi pretesti – ha distrutto un Paese e provocato tra le 185mila e le 208mila morti violente. Sebbene sia importante riconoscere questa storia oscura, non sono d’accordo con TPI sul fatto che la guerra in Ucraina sarebbe in sostanza un conflitto per procura tra due forme di imperialismo: quello della Russia e quello degli Stati Uniti. Penso invece che qui siano in gioco i valori cruciali di democrazia e libertà e che sia di vitale importanza che Usa ed Europa rimangano uniti nel sostenere l’Ucraina. Pur trattandosi allo stesso modo di invasioni, gli interventi americani in Afghanistan e Iraq non sono moralmente equiparabili alla guerra russa in Ucraina. Quelle operazioni furono mal concepite, ma va anche detto che il governo talebano aveva reso l’Afghanistan un rifugio e un campo di addestramento per Al Qaeda, nonché una teocrazia brutale e oppressiva; mentre Saddam Hussein – benché forse non disponesse di armi di distruzione di massa – era un dittatore destabilizzante in Medio Oriente e aveva condotto una guerra non provocata contro due Paesi vicini (Iran e Kuwait), oltre ad aver massacrato molte migliaia di suoi stessi cittadini. Non c’è invece assolutamente alcuna giustificazione di sicurezza nazionale per l’invasione russa dell’Ucraina. Kiev ha un governo democraticamente eletto e non rappresentava una minaccia militare per Mosca. E la Russia aveva già commesso attacchi ingiustificati contro l’Ucraina conquistando la Crimea e inviando truppe nel Donbass. Le tattiche di guerra che il Cremlino ha perseguito nell’invasione in corso stanno prendendo di mira la popolazione civile, anche con esecuzioni di massa sistematiche di civili: fatti che costituiscono crimini di guerra. Consentire a Putin di cancellare l’Ucraina come nazione sovrana e di strozzare la sua nascente democrazia renderebbe l’Europa complice della più grande minaccia alla libertà dai tempi della sconfitta di Hitler nel 1945. Può darsi che Stati Uniti ed Europa non siano stati sufficientemente sensibili agli interessi della Russia quando hanno rapidamente allargato i confini della Nato dopo il 1989. Ed è anche possibile che l’ipotesi di far entrare l’Ucraina nell’Alleanza atlantica abbia suscitato giustificati timori a Mosca: anche gli Stati Uniti minacciarono la guerra quando l’Unione Sovietica piazzò missili a Cuba. Non è irragionevole da parte del Cremlino rifiutare la prospettiva di un’alleanza anti-russa al suo confine. Detto questo, è chiaro che l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin non è stata una risposta a qualche nuova minaccia ma il risultato di un piano di espansione imperiale a lungo meditato: una visione articolata per cui l’Ucraina di fatto non può esistere e anche le altre ex repubbliche sovietiche appartengono alla Russia. Alla luce di ciò, la decisione di includere Lettonia, Estonia e Lituania nella Nato è stata buona. Questi Paesi dovrebbero essere liberi di determinare il proprio futuro, e la protezione militare da Mosca è la migliore garanzia per loro in questo senso. Si può criticare Joe Biden per molte ragioni – le sue parole sull’eliminazione di Putin sono state sciocche e impolitiche (seppur umanamente comprensibili) – ma l’alleanza che si è compattata per rispondere all’invasione dell’Ucraina non è un prodotto dell’imperialismo americano.
Al contrario, l’insolito grado di unità raggiunto tra gli Stati Uniti e i 27 Paesi dell’Unione europea è stato possibile anche perché l’amministrazione di Biden si è avvicinata all’Europa trattandola come un partner alla pari e non come un subordinato. Inoltre, l’esibizione di violenza da parte di Putin ha ricordato all’Europa che, se si permette alla Russia di avanzare in modo incontrollato, l’aggressione potrebbe non fermarsi in Ucraina. Non solo: lo straordinario coraggio e la resistenza del popolo ucraino nel difendere il proprio Paese dimostrano che parole come democrazia, libertà e il diritto all’autodeterminazione non sono solo concetti astratti, ma valori profondamente cari, per i quali le persone sono disposte a combattere e morire. Gli sviluppi di questa guerra – con l’inaspettato successo degli ucraini contro un esercito russo inetto – rappresentano una rivendicazione del potere della democrazia. Kant forse aveva ragione solo a metà.
Le democrazie non sono necessariamente meno guerresche, ma hanno due virtù: non attaccano altre democrazie e quando fanno una guerra di solito la vincono. Le dittature – Stati che dipendono dalle decisioni di un solo uomo – hanno invece un record di errori catastrofici: l’attacco di Saddam all’Iran, l’occupazione argentina delle Falkland, la decisione di Mussolini di invadere la Grecia, la campagna russa di Hitler. Perché tutti questi fallimenti? Perché nelle dittature non c’è spazio per l’opinione pubblica, né tantomeno per un dibattito onesto che vigili sulle manie di grandezza degli autocrati.