Icona app
Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Banner abbonamento
Cerca
Ultimo aggiornamento ore 04:10
Immagine autore
Gambino
Immagine autore
Telese
Immagine autore
Mentana
Immagine autore
Revelli
Immagine autore
Stille
Immagine autore
Urbinati
Immagine autore
Dimassi
Immagine autore
Cavalli
Immagine autore
Antonellis
Immagine autore
Serafini
Immagine autore
Bocca
Immagine autore
Sabelli Fioretti
Immagine autore
Guida Bardi
Home » Opinioni

Demonizziamo l’assassino di Lecce senza renderci conto che l’invidia è diventata il motore di quest’epoca

Immagine di copertina
Daniele De Santis ed Eleonora Manta

Il presunto omicida di Daniele De Santis e della sua fidanzata Eleonora Manta a Lecce avrebbe confessato di avere agito perché “erano troppi felici e per questo mi è montata la rabbia” (qui le virgolette sono d’obbligo poiché la frase è stata riportata da fonti investigative ed è ancora tutto da appurare) e subito si è scatenata una ridda di criminologi e esperti di ammazzamenti che frugano nella vita del ragazzo per raccontarci tutti i suoi lati presumibilmente oscuri. La demonizzazione dell’assassino è una catarsi meravigliosa: più lo dipingiamo lontano da noi, meno assomiglia a noi e più ci sentiamo in pace con noi stessi.

Stupisce però che ci si stupisca dell‘invidia senza rendersi conto che è il motore politico e sociale di quest’epoca, invidia intesa come il soffrire del bene (o spesso del bene percepito) degli altri per rifocillare un’identità fragile. Perché la domanda “perché lui sì e io no?” è in fondo la domanda delle domande di un certo ragionamento sociale e politico che qui sembra andare per la maggiore. L’invidioso che non è contento di sé e che percepisce il bene dell’altro come una diminuzione di se stesso è lo stesso che si lamenta ogni volta che ci si batte per i diritti di qualcuno a cui lui non sente di appartenere (gli altri possono essere gli stranieri, la casta, i percettori del reddito di cittadinanza, i dipendenti pubblici e un’infinità di altre categorie).

Su una certa malsana invidia si è scatenato un certo populismo di questi anni che punta a maledire e smontare ciò che viene vissuto come più in alto piuttosto che proporre ragionamenti complessi. Sull’invidia tra poveracci si basa tutta la retorica di chi ha instillato una guerra tra disperati convincendoci che erodere i diritti degli altri garantisca i nostri diritti. Come oggetti di invidia sociale si propongono alcuni modelli culturali che mostrano inaccessibili stili di vita.

Poi l’invidia diventa risentimento e infine rancore e così si accende la guerra (e talvolta la violenza) di cui infine ci stupiamo. Scriveva Paul Valéry: guardando bene, si scopre che nel disprezzo c’è un po’ di invidia segreta. Considerate bene ciò che disprezzate e vi accorgerete che è sempre una felicità che non avete, una libertà che non vi concedete, un coraggio, un’abilità, una forza, dei vantaggi che vi mancano, e della cui mancanza vi consolate col disprezzo”. Nietzsche scriveva di una versione più feroce dell’invidia come gioia maligna che porta a godere del male dell’altro.

Siamo sicuri che l’invidia sia solo una mostruosa eccezione da relegare all’omicidio di Lecce? Perché il giorno che decideremo di non demonizzare, non deridere, non compiangere, non disprezzare ma comprendere le azioni umane forse riusciremo ad aprire un dibattito più proficuo e interessante.

Leggi anche: 1. I bigliettini, la mascherina, la foto Whatsapp: i passi falsi di Antonio De Marco, il presunto killer di Lecce; // 2. Omicidio Lecce, la confessione di Antonio De Marco: “Sì, sono stato io. Erano troppo felici”; // 3. Lecce, “Il killer deriso dai due in un sms”. Si indaga sul movente della vendetta; // 4. Chi è Antonio De Marco, il 21enne di Lecce che ha ucciso Eleonora Manta e Daniele De Santis
Ti potrebbe interessare
Opinioni / Lezioni da Parigi: cosa possiamo imparare dalle ultime elezioni in Francia (di G. Gambino)
Opinioni / L’antisemitismo e il peso delle parole: effetto collaterale della guerra a Gaza (di S. Mentana)
Opinioni / Lettera al Direttore: il Messaggero ha censurato un articolo critico sul MAXXI?
Ti potrebbe interessare
Opinioni / Lezioni da Parigi: cosa possiamo imparare dalle ultime elezioni in Francia (di G. Gambino)
Opinioni / L’antisemitismo e il peso delle parole: effetto collaterale della guerra a Gaza (di S. Mentana)
Opinioni / Lettera al Direttore: il Messaggero ha censurato un articolo critico sul MAXXI?
Opinioni / L’informazione è il motore di una nuova politica (di Davide Casaleggio)
Calcio / Se nessuno ha il coraggio di prendersi la colpa per il disastro azzurro
Opinioni / M5S: tre consigli a Giuseppe Conte
Opinioni / La nuova destra di Giorgia Meloni è fondata sull’ambiguità
Opinioni / Toti insiste e resiste
Opinioni / Lettera a TPI. Il consumismo ci sta uccidendo: molte persone lo hanno capito, la politica ancora no
Opinioni / La lezione che possiamo trarre dal voto delle europee