Dantedì, l’invettiva “Ahi serva Italia” risuona ancora nelle scuole e nei teatri chiusi
Perché Dante Alighieri faccia sentire la propria presenza e rimanga attuale, il 25 marzo è la Giornata nazionale a lui dedicata, istituita nel 2020 dal Consiglio dei ministri su proposta del Ministro Dario Franceschini. E quest’anno in tutta Italia lo si celebra nel VII centenario della sua morte. La Commedia dantesca ritorna oggi nella sua storia di esilio, penitenza, risurrezione. Un viaggio che Dante profeta e visionario ha consegnato all’umanità. Pochi suoi versi bastano per una vita intera e quando li si richiama alla memoria, qualcosa riprende vita e nitidezza, o brilla, o forse duole: “Amor, ch’a nullo amato amar perdona” (Inf. V, 103); “Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse” (Inf. V, 137), “fatti non foste a viver come bruti” (Inf. XXVI, 119); “Era già l’ora che volge il disio” (Purg. VIII, 1); “Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui” (Par. XVII, 58); “non ragioniam di lor, ma guarda e passa” (Inf. III, 51); “Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate” (Inf. III, 9). Come la maggior parte della mia generazione, ho conosciuto per la prima volta la Commedia dantesca alle scuole superiori. Si comincia con Nel mezzo del cammin di nostra vita e si termina sempre a rivedere o a salire o contemplare l’amor che move il sole e l’altre stelle.
Oggi si leggerà Dante non nelle piazze né nei teatri né nelle aule delle scuole chiuse ma sui social o sul web. Per vincere la brutalità della solitudine e la ferocia di questa pandemia, per il Dantedì Il Salone Internazionale del Libro di Torino organizza alle 11.30 una maratona dantesca in diretta sul suo canale Instagram @salonelibro, in collaborazione con la rete delle scuole dell’Atlante digitale del Novecento Letterario e la rivista L’Indiscreto. Studenti da ogni parte d’Italia si alterneranno nella lettura di alcune terzine della Commedia, in un viaggio che attraversa le tre cantiche e racconta a grandi passi tutto il viaggio dantesco. Guida della Staffetta dantesca sarà lo scrittore Fabio Geda, con l’intervento di autori, critici e studiosi: dal direttore del Salone del Libro Nicola Lagioia alla dantista Natascia Tonelli, dalla filosofa e scrittrice Ilaria Gaspari alla poetessa e saggista Francesca Matteoni, per concludere con l’attore Pietro Turano. Un’occasione per avvicinare questo importante anniversario alla sensibilità dei ragazzi, con l’obiettivo di unire generazioni diverse attorno alla figura di Dante. Saranno molte le scuole e gli istituti di tutta Italia che seguiranno la staffetta sul canale Instagram del Salone del Libro. I lettori e le lettrici delle terzine della Commedia sono studenti e studentesse del Liceo Scientifico Curiel di Padova; Liceo Machiavelli di Roma; Liceo Classico Galvani di Bologna; Liceo Classico Socrate di Roma; Polo Liceale Corigliano di Rossano; Liceo Classico, Musicale, Scienze Umane A. Casardi di Barletta; I.I.S Ugo Foscolo di Canicattì e I.I.S. Giustino Fortunato di Rionero in Vulture.
E’ un modo per condividere un itinerario umano e culturale, al quale la scuola si sente molto legata e che offre a tutti la possibilità di condividere passioni di gioventù, con un monito per i potenti, che Dante non temeva di criticare i potenti. Chiuso nella mia casa da cui insegno a distanza sia a scuola sia all’università, fiducioso in un vaccino che verrà, mi ripeto i versi con cui Dante rievoca l’incontro tra due compaesani, Virgilio e Sordello da Goito, poeti entrambi mantovani, nel VI canto del Purgatorio. E ricordo quell’invettiva sulle sorti dell’Italia del tempo, che mi aiuta a vivere l’oggi:
Ahi serva Italia, di dolore ostello
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie ma bordello! (Purg. VI, 75-77)
Dante è da qualche ora sulla spiaggia del Purgatorio, quando Virgilio gli addita un’ombra seduta e isolata dalle altre. Si tratta di Sordello da Goito, il più grande trovatore italiano, autore di testi in lingua d’oc dal forte impegno civile. Sordello e Virgilio si riconoscono come mantovani e la solidarietà fra i due concittadini evoca in Dante la nostalgia di Firenze e il trauma doloroso dell’esilio. L’orgoglio di appartenere alla stessa città contrasta fortemente con la brutalità delle lotte civili e con la conseguente disgregazione politica, etica e culturale del tessuto cittadino. Il tema innesca la più lunga invettiva pronunciata da Dante, con l’apostrofe all’Italia in testa. La reciproca testimonianza di affetto e di solidarietà dei due mantovani costituisce un modello positivo che gli italiani dovrebbero seguire anziché guerreggiare fra loro nel disprezzo delle leggi che, dice Dante, non vengono messe in pratica e rispettate.
L’Italia è figurata come un organismo privo di guida, alla deriva come un’imbarcazione senza timoniere, umiltà nella propria dignità da risposte che oggi vengono dalla politica facilmente rimandante. Si sta compiendo tutto il necessario per assicurare agli italiani una vita umana e dignitosa? Eppure l’Italia, a differenza di quella descritta da Dante, è ora ben sellata e sembra domata da esperti e politici. Eppure, quel grido di sconforto (Ahi serva Italia…) risuona ancora nelle piazze deserte, nelle scuole e nei teatri chiusi. L’Italia, il mondo tutto, ha bisogno urgente di guide, che la riconducano sul retto cammino civile.