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I sindaci ai tempi del Coronavirus: un esercito di sceriffi, giustizieri e ritardatari

Immagine di copertina
Il sindaco di Messina e, a destra, il primo cittadino di Boscoreale

Nella partita del Coronavirus, molte delle carte in gioco sono state mischiate in un modo del tutto nuovo. Sono cambiate le nostre priorità, i nostri bisogni, il nostro modo di lavorare e di relazionarci con familiari e amici. E’ mutato il concetto stesso di socialità. Così come la comunicazione di imprese, istituzioni e politica. Con un nemico ormai comune a tutti, il Virus, la Lega perde consensi. Ne trae vantaggio il PD e la figura del Premier Conte, in netta risalita. Perché cambiano, sì, le carte in tavola, ma si modifica anche il modo in cui i politici parlano alla gente. E nuovi protagonisti salgono sul palcoscenico della politica nazionale. Sono i sindaci. Di loro si sta parlando tanto. gli sfoghi sui social media sono diventati virali a tal punto da meritare una compilation sul New York Times.

Piccoli comuni, grandi urlatori.

Meno sono gli abitanti, più il tono è diretto e minaccioso. Bisogna arrivare dritti ai cittadini. A volte, l’uso del dialetto aiuta lo scopo, ma il più delle volte il risultato è comico. Gianfilippo Bancheri, sindaco di Delia (Caltanissetta), intima ai suoi concittadini di non andare ogni giorno a fare la spesa e si scatena su chi decide di andare a correre: “A Delia quelli che corrono sono al massimo una ventina: ora tutti podisti sono diventati?”. Il primo cittadino di Lucera (Foggia), Antonio Tutolo, se la prende, invece, con le parrucchiere a domicilio. “Queste cazzo di parrucchiere che vanno ad aggiustare i capelli in casa che cazzo servono? Ma hai capito che al posto della lacca ti porta il virus corona o non hai capito?”.

Massimiliano Presciutti, Sindaco di Gualdo Tadino (Perugia), tocca un altro tema discusso: “Dove andate con questi cani? Che hanno la prostata infiammata?”. A Tursi (Matera), Salvatore Cosma la tocca piano: “L’unica cosa che posso fare è rompere il muso a qualcuno. Così’ andrà a finire, che perderò la pazienza e sbatterò la testa di qualcuno contro il muro”. Tra i video virali in Rete, inoltre, quelli del sindaco di Boscoreale, Antonio Diplomatico, in cui gli strafalcioni la fanno da padrone (“Non ci sono sieropositivi”, Combattiamo questo coronarovirus” e “basta facc news”), e quelli di Pietro Pessolano, Sindaco di Auletta (Salerno), comune con tre casi di Covid-19. E due dei tre contagiati sono Sindaco e Vicesindaco.

A Messina salgono droni, rabbia… e denunce

A seguito dell’esodo dalla Calabria alla Sicilia, via Messina, il Sindaco Cateno De Luca perde le staffe: “Stasera mi faccio arrestare. Sono incazzato quanto voi perché ho seguito il flusso di macchine dalla Calabria alla Sicilia”. Guai chi esce da casa a Messina”. Inizia a presidiare Tg e dirette Tv e si prende per qualche giorno la scena, facendo quasi dimenticare il suo omonimo e altrettanto aggressivo Governatore della Campania. Da qualche giorno si concentra sulla tecnologia. Droni per controllare chi infrange i divieti imposti per evitare contagi: “Non vedo l’ora di mettere droni ovunque, con la mia voce che dice: dove ca…o vai? Torna a casa. Né passiu, né babbiu. Non si esce da casa”.

E giovedì, in una nota il Viminale sottolinea che “Sono stati segnalati all’autorità giudiziaria i comportamenti tenuti dal sindaco di Messina perché censurabili sotto il profilo della violazione dell’articolo 290 del Codice penale (vilipendio della Repubblica, delle Istituzioni costituzionali e delle Forze armate)”.

Decaro, il giustiziere di Bari

Un tipo di comunicazione diversa, quella del Sindaco dei Bari Antonio Decaro. Esce da solo in strada alla ricerca di trasgressori, intimando loro di tornare a casa.

Ferma prima gli avventori di un parco che giocano a ping pong, poi persone sulla spiaggia o semplicemente in giro a passeggiare: “Non mi deve guardare così. Sono il Sindaco, faccio le ordinanze e le faccio rispettare in prima persona: se ne deve andare a casa altrimenti viene la polizia e se la porta a casa di peso”. Ma è una comunicazione che piace alla gente che resta a casa e crea vicinanza con i cittadini.

Avellino in Festa, e in procurato allarme

E’ Gianluca Festa il vero protagonista del web in quel di Avellino. Prima un video di sensibilizzazione sulle note di “Musica e il resto scompare” di Elettra Lamborghini, trasformato in “A casa e il virus scompare”. Poi un tipo di comunicazione che, per goffa imitazione, vuole somigliare a quella di Vincenzo De Luca. Ma paragona Avellino (15 contagiati) a Bergamo (circa 6.700) e propone (senza averli) tamponi a tappeto. E i consiglieri comunali lo denunciano per procurato allarme.

Cagliari: il messaggio duro è manifesto.

Paolo Truzzu, Sindaco di Cagliari, tappezza le vie cittadine di manifesti con messaggi durissimi: “Quando hanno intubato mio padre, ho ripensato a quella passeggiata che dovevo evitare”, o “quando hanno portato mia madre in ospedale, ho capito che dovevo rinunciare alla corsa”.

“Meno usciamo, prima ne usciamo” è il claim che si legge su tutte le affissioni. Il messaggio forte ha un grande eco, ma non sempre vale il detto “basta che se ne parli”. Il messaggio non è stato apprezzato da cittadini e opposizione, come la scelta di utilizzare soldi pubblici in questo modo, in questo momento.

Milano si ferma

Erano poche settimane fa. Partiva la campagna, spinta dal Sindaco Sala: “Milano non si ferma”. Gente di nuovo in strada, aperitivi e un ritrovato spirito di ripartenza. Ma il Coronavirus stava esplodendo nel modo più feroce.

Un grave errore di comunicazione che Beppe Sala, ospite in collegamento a “Che tempo che fa” su Rai 2, ammette: “Il 27 febbraio in rete circolava il video Milano non si ferma. Forse ho sbagliato a rilanciarlo, ma in quel momento nessuno aveva compreso la veemenza del virus”.

Ma cambia strada e strategia. Mostra il suo lato più umano, quello che piace ai cittadini che lo hanno votato e inizia a parlare solo di come ripartire. Chi sfrutta la situazione è Giulio Gallera, Assessore al Welfare della Regione Lombardia, che si propone come futuro Sindaco. La comunicazione più sbagliata nel momento peggiore.

Il ritardo della Raggi, tra Tangenziale e lavoro in nero

La Sindaca di Roma sembra non accorgersi dell’emergenza. Continua a parlare di ciclabili, pulizia delle strade e dell’abbattimento del tratto della tangenziale est. Silenzio totale sul Coronavirus fino all’11 marzo, quando interviene a DiMartedì su La7 per esprimere la vicinanza alle persone colpite, soprattutto a chi sta perdendo un lavoro in nero per l’emergenza coronavirus.

Era forse meglio il silenzio. Era intervenuta solo in un’altra occasione, l’8 marzo, con un’altra gaffe: “In questo momento ci dobbiamo stringere l’un l’altro e darci la mano”. Negli ultimi dieci giorni capisce l’antifona. Annuncia 150mila mascherine per i lavoratori dei servizi pubblici e ricorda al Governo gli 800 milioni di euro bloccati per legge che potrebbero essere utilizzati per questa crisi.

Anche lei “scende in strada” per intimare di persona ai cittadini di tornare a casa. Una comunicazione già vista, ma efficace.

Ognuno a suo modo

Toni diversi, più cauti (forse troppo), a volte, più aggressivi e diretti, in molte altre occasioni. I loro toni si contrappongono a quelli della politica da slogan, gridata col rosario in mano per fare presa sulle masse, ma diventano accorati e sentiti, quasi familiari. Il Sindaco diventa un padre che si arrabbia con i propri figli, perché non rispettano regole fondamentali per la salute di tutti.

Ma come sempre, nonostante le diversità regionali e di emergenza sui singoli territori, manca una linea comune. Una strategia condivisa. In un momento nel quale i cittadini non vogliono più sentirsi romani, milanesi, napoletani o bergamaschi. Ma italiani, che combattono ad armi pari contro un terribile nemico, con il supporto reale, strategico e condiviso delle Istituzioni.

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