Riapriamo le librerie: la lettura è il cibo dell’anima (di Luca Telese)
Non so se presto ci sarà proibito correre la mattina, è possibile, potrebbe persino essere necessario. So che bisogna riaprire le librerie, al più presto. Non ho nulla contro le profumerie, infatti, e nemmeno contro i negozi di ferramenta, dove passo volentieri molto del mio tempo, anche solo per comprare uno shampoo o un bullone. Ma trovo assurdo che i libri – in questa emergenza reclusiva – siano considerati un bisogno “non essenziale”.
Le librerie non solo sono state assurdamente penalizzate in un momento in cui un grande numero di persone sono a casa, e hanno bisogno di leggere per occupare il tempo, ma sono state addirittura sottoposte alla concorrenza sleale di Amazon: a loro è impedita la vendita per corrispondenza, al colosso dell’e-commerce invece si. Come mai? Mistero. Eppure si possono – giustamente – consegnare pasti a domicilio, eppure i corrieri e i postini (Dio li benedica) non interrompono il servizio. Aggiungiamo anche che in libreria ci sono molte meno possibilità di contagio rispetto ad altri esercizi, prendete ad esempio un supermercato.
Ecco perché – magari in forma volontaria, per consentire ad ognuno di scegliere a seconda del contesto in cui si trova – bisognerebbe consentire alle librerie di poter riaprire. In fondo la lettura è il cibo dell’anima, e consentire la vendita dei libri sarebbe il modo migliore per smentire il veleno più sottile è pericoloso che è stato diffuso in questi anni, l’adagio – quello, sì, virale – secondo cui “con la cultura non si mangia”. Sembra l’universo distopico immaginato da Ray Bradbury in “Fahrenheit 451”: in quel romanzo i libri venivano proibiti e bruciati dai pompieri. Nel nostro caso sono semplicemente proibiti. Non è confortante.
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