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Salvini sta provando in tutti i modi a sfruttare il Coronavirus, ma la strategia non funziona

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Se qualche cinico esperto di comunicazione cercava nel Coronavirus un “alleato” per dare una spallata al Governo ostile, il piano sta decisamente fallendo

La “bestia” non riesce a “cavalcare” il Coronavirus. Stando all’ultimo sondaggio di Ixè per Cartabianca, la caduta della Lega e del suo audace “capitano” sembra ormai inarrestabile. Secondo la rilevazione dell’istituto, il partito di Matteo Salvini perderebbe mezzo punto rispetto alla scorsa settimana scendendo al 26,5 per cento, con il Partito Democratico in risalita e ormai distanziato di poco più di tre punti e mezzo, al 22,9 per cento, malgrado Nicola Zingaretti sia sparito per guarire dal virus lontano dai riflettori e nell’intimità delle mura domestiche. In crescita la fiducia nel premier Giuseppe Conte, che salirebbe al 51 per cento rispetto al 45 per cento della scorsa settimana.

Eppure lo staff della propaganda della Lega le sta davvero provando tutte: dalle minacce di rivolta ai soliti attacchi al MES e all’Europa, dalle proposte impossibili come “l’anno bianco fiscale” (senza spiegare con quali soldi poi verrebbero pagati medici, infermieri e personale ospedaliero), al goffo travestimento da infermiere del capo. Neanche la “performance artistica” del pullman con dentro l’ex ministro Centinaio e l’eurodeputata Ceccardi partito per riportare a casa gli italiani “intrappolati” alle Canarie ha sortito gli effetti sperati.

Persino sui social network, regno virtuale del “capitano” e dei suoi sodali, la musica sembra essere molto cambiata: al netto dei tanti profili “sospetti” con nomi stravaganti e bandierine dell’Italia che rilanciano ossessivamente ogni post su Facebook e ogni tweet del leader, sono in tanti a lasciare commenti critici e a ironizzare, soprattutto quando il messaggio subliminale “sono uno di voi” viene proposto a seguaci e follower con contenuti tragicomici come la misera busta della spesa lasciata dal “figliol prodigo” agli anziani genitori chiusi nella loro residenza milanese. In quel caso, in molti si sono ricordati che lo stesso “figliol prodigo” era stato fotografato a passeggiare nel centro di Roma solo pochi giorni prima, in compagnia della fidanzata e degli uomini della scorta.

Insomma, se qualche cinico esperto di comunicazione cercava nel Coronavirus un “alleato” per continuare a istillare paure e rabbia sociale, un terreno fertile su cui consolidare il consenso e dare una spallata al Governo ostile, il piano sta decisamente fallendo. Il motivo è probabilmente più semplice di quanto si pensi: il Coronavirus fa paura.

Una paura reale, non virtuale. Una paura fatta di immagini drammatiche di reparti di terapia intensiva che scoppiano, di bare portate via da camion militari, non costruita su centinaia di fake news create ad arte per proporre nemici a quella parte più manipolabile della popolazione. È la paura di un “nemico invisibile” che si può combattere solo stando uniti, non con quella divisione tra “buoni e cattivi” che è il cuore della propaganda dei cosiddetti “sovranisti”. Chi oggi cerca notizie sulla pandemia, è particolarmente attento all’attendibilità delle fonti, perché la minaccia può essere dietro l’uscio di casa, non a Bibbiano, non sul molo di Lampedusa.

E poi c’è la prova dei fatti. In Lombardia, il sistema sanitario sbilanciato a favore del privato sta mostrando tutti i suoi limiti. Nella regione in cui nel 2018 Attilio Fontana si impose sfiorando il 50% dei consensi, in molti oggi si chiedono se la voglia di “porti chiusi” possa giustificare il sostegno a una classe dirigente abile con la propaganda ma disastrosa nel gestire la cosa pubblica. Una domanda tutt’altro che insensata.

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