Coronavirus, prima in Europa ci deridevano: ora l’Italia è un modello per gli altri
Coronavirus, l’Italia si è svegliata per prima. E l’Europa ora la segue
Siamo stati, fino a ieri, il Paese da evitare. Gli untori d’Europa. Gli esagerati, sciocchi allarmisti. Poi: gli appestati. Ma negli ultimi giorni qualcosa è cambiato. Insieme al Coronavirus si è diffusa, anche in Europa, la stessa bulimia informativa che aveva contagiato il nostro Paese. Uno dopo l’altro, tutti gli Stati membri dell’Ue hanno dovuto aprire gli occhi di fronte ad un timore finalmente condiviso e ad una nuova consapevolezza. Una mail con tutti i Paesi del mondo in Ccn (Copia Carbone Nascosta) e un “Oggetto” chiaro e semplice: “Modello Italia”.
Coronavirus: dall’Italia alla Francia
– 3 marzo. Groland Le Zapoï, programma satirico in onda sulla pay tv francese Canal+, realizza un video che fa molto parlare. E indignare. Nello sketch, un pizzaiolo sputa e tossicchia mentre prepara una pizza, che diventa una “pizza corona”.
– 9 marzo. Ben 3.500 persone vestite da “puffo” si radunano a Landerneau (Bretagna) per entrare nel Guinness dei Primati. Quando gli viene chiesto se hanno paura del Coronavirus, rispondono: “Lo pufferemo”.
– 11 marzo. La portavoce del governo francese, Sibeth Ndiaye, parlando della situazione nel Paese, fa riferimento all’Italia dicendo che “ha preso delle misure che non hanno permesso di arginare l’epidemia”, sottolineando poi la differenza delle scelte fatte dalla Francia.
– 12 marzo. Macron fa il suo primo discorso “preoccupato” alla Nazione. Inserisce qualche limitazione, chiude le scuole e chiede agli anziani di restare in casa. Ma assicura che la situazione è sotto controllo e invita i francesi alle urne.
– 16 marzo. Cambia tutto. Dopo un weekend schizofrenico, con i parchi parigini presi d’assalto dai francesi che ignorano l’allerta delle autorità, Macron interviene con un discorso dai toni completamente differenti: “Siamo in guerra”. Lo ripete ben 6 volte. Si invoca la mobilitazione generale. Si chiude tutto. “Modello Italia”.
La comunicazione della pandemia in Francia
L’informazione in Francia è copia carbone di quella italiana, all’inizio: “Una semplice influenza”, che colpisce le persone più deboli. Il primo discorso del presidente francese serve ad evitare il panico e mantenere le istituzioni democratiche per le elezioni. Il presidente dell’Assemblea nazionale (Camera dei Deputati francese) e quello del Senato, sono all’opposizione e fanno enormi pressioni su Macron affinché le Comunali siano mantenute. Si tratta di salvaguardare gli interessi elettorali dei partiti di opposizione.
Ma dalle elezioni la situazione degenera. I parigini non vanno a votare, ma escono nel weekend a far festa. E proprio nel weekend il presidente applica la stretta finale. I toni militari del secondo discorso appaiono eccessivi. Ma serve una reazione forte, che accompagni l’accettazione da parte dei francesi di misure decise e antiliberali. Non dimentichiamo che Macron vive una crisi di legittimità e di consenso a causa di riforme mal viste (come quella delle pensioni) che hanno portato scioperi e proteste sociali. Ma lo scenario mediatico è sempre esattamente lo stesso. Un bombardamento di notizie accompagnato da una retorica enfatica e a tratti eccessiva.
Coronavirus: Italia, Europa e… tutto il mondo è paese
Jean Cocteau diceva “I francesi sono degli italiani di cattivo umore. Gli italiani, all’opposto, sono dei francesi di buon umore”. Anche la Francia adotta il “Modello Italia”, disponendo prima la chiusura delle scuole e dei locali, poi il divieto di spostamenti. Poi la chiusura totale. La decisione di Macron si aggiunge a quelle già adottate da Spagna, Danimarca, Repubblica Ceca, e Canton Ticino.
Mosca annuncia la chiusura delle scuole e chiude l’ultima frontiera aperta: con la Bielorussia. Frontiere chiuse anche in Canada, Argentina, Perù e Honduras. Misure restrittive vicine alle nostre in Iran, Messico, Nuova Zelanda, Afghanistan e Slovenia. Anche il Regno Unito abbandona l’idea dell’immunità di gregge per applicare misure più drastiche.
Il Modello Italia
Ciò che nasce da un’esigenza, ma che si porta dietro l’inesperienza e la novità di una crisi mai vista finora, diventa un Modello internazionale. Un “Modello Cina” democratizzato, per Paesi dove non è possibile imporre regole con la forza e con il terrore. Gli errori di comunicazione sono sempre gli stessi. Si ripetono da Paese a Paese, e la storia continuerà a ripetersi. Perché nessuna Nazione gestisce la Comunicazione come un’azienda, o si affida a professionisti. Nessuna Nazione ha un protocollo di comunicazione per la Gestione Crisi. Non ha un Crisis Committee dedicato, un Preparedness Plan o strategie efficaci di preparazione alla crisi. Perché la Comunicazione si gioca sull’aspetto predittivo. Sulla previsione e sulla prevenzione. L’Italia poteva capirlo da ciò che stava succedendo in Cina e prepararsi. Ma sembrava ancora un problema troppo lontano.
La Francia e l’Europa, invece, non hanno scuse. Hanno ignorato ciò che stava succedendo a pochi passi da loro, con l’arroganza e la superiorità di chi pensa di essere intoccabile. L’Italia, nonostante tutto, diventata ora un “modello” per la lotta all’epidemia di Covid-19, come sottolinea Hans Kluge, direttore per l’Europa dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms): “L’Italia è uno dei Paesi più colpiti, ed è ora la piattaforma di know how in Europa. Quello che stiamo imparando in Italia servirà anche all’Europa e a tutto il mondo. Dobbiamo lavorare mano nella mano, imparando ogni giorno, in ogni settore”.
Coronavirus: Italia, Europa, epilogo
Questo Modello forse ci salverà. È stata una case history cui tutti gli altri oggi sono costretti a riferirsi. Quel che è certo, è che ci ha uniti. Anche oltre i confini. Ha mostrato i nostri punti deboli. Dalla Sanità alla comunicazione, passando per il senso di responsabilità di ognuno di noi (ancora troppe le persone che si mettono in viaggio o escono inutilmente), ha fornito a tutti i Paesi il benchmark di una strategia comune. Quella che l’Unione Europea non è mai stata in grado di fornire. Perché nessuno ha imparato da nessuno. Siamo stati noi i primi a sbagliare, ma è proprio la volontà di rimetterci in carreggiata con determinazione il valore aggiunto del nostro modello.
Resta fuori al momento l’Olanda che si appella ancora all’immunità di gregge. Un crudo realismo, che riecheggia i toni di Churchill dell’ora più buia. In un momento in cui anche gli USA stanno abbracciando il Modello nostrano, anche se invece di assaltare i supermercati, fanno la fila davanti ai negozi di armi. Trump, infatti, continua sulla linea della “guerra” (come Macron): “Questa non è una guerra finanziaria ma sanitaria. Non c’è mai stata una cosa così nella storia e dobbiamo vincerla”.
Ma potrebbe essere l’unica guerra in cui siamo finalmente tutti alleati, in nome del “Modello Italia”. Una guerra che si deve vincere tutti insieme, come riconosce oggi anche il Ministro francese delle Finanze, Bruno Le Maire: “Se l’Ue lascia cadere l’Italia, l’Europa non si riprenderà più”.