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Il vero “malato d’Italia” è la politica, e le penose risse sul Coronavirus lo dimostrano (di L. Zacchetti)

Immagine di copertina
Illustrazione: Emanuele Fucecchi

Coronavirus in Italia: cosa ha sbagliato la politica

Come uno tsunami, il Coronavirus sta spazzando via anche le regole della comunicazione politica. Non si era mai visto – nella pur turbolenta storia della politica italiana – un presidente del Consiglio mandato platealmente a quel paese da un assessore, per quanto di una Regione importante come la Lombardia.

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D’altronde l’autogol di Conte è stato clamoroso: attaccare qualcuno senza elementi solidi e comprovati è sempre sbagliato; farlo in una situazione critica come quella attuale lo è a maggior ragione.

 

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Giusto o sbagliato che sia, Gallera e Fontana nei primi giorni dell’emergenza hanno rappresentato agli occhi dell’opinione pubblica la difesa da una serie di paure sicuramente esagerate, indotte e probabilmente anche ataviche, ma non per questo meno rispettabili, soprattutto per i professionisti del consenso.

A prescindere da eventuali errori di gestione che andranno verificati a mente fredda, in quello specifico momento l’attacco sgraziato di Conte ha prodotto un effetto paradossale, che ha rinforzato la posizione della Lombardia e in particolare di Gallera.

La prossima volta che si parlerà del tema dell’autonomia regionale, le posizioni di forza saranno diverse. In situazioni di emergenza come quella che stiamo attraversando, il senso di unità istituzionale al quale sovente ci si richiama è bene rappresentato dai comunicatori politici americani con l’espressione del “Commander-in-Chief”: in momenti di guerra o di calamità naturali, il Presidente rappresenta tutti perché gestisce la sicurezza nazionale e tutti, a prescindere dalle proprie idee, lo sostengono.

I maligni suggeriscono che questa situazione si verifica spesso in coincidenza con momenti di debolezza dell’immagine pubblica del Presidente, ma lasciamo perdere le teorie del complotto e rimaniamo sui dati di fatto.

Attaccare il Commander-in-Chief è operazione pericolosa e potenzialmente autolesionistica, come immagino Conte abbia suo malgrado capito, probabilmente insieme a Rocco Casalino.

Più scaltramente, Pierfrancesco Majorino ha rotto la narrazione dell’eccellenza lombarda a trazione leghista ponendo una serie di punti pratici e rifuggendo le polemiche. In questo, era forte anche della credibilità dovuta a chi per primo ha invocato l’impegno a fare squadra, senza politica.

A sua volta il Presidente Fontana, forse spiazzato dalla enorme visibilità nazionale improvvisamente ottenuta dal suo assessore al Welfare, ha sfoderato un colpo di teatro che sicuramente non dimenticheremo presto.

L’interruzione della conferenza stampa per le verifiche sanitarie su un membro del suo staff e il successivo selfie con una mascherina (il cui senso sfugge: chi è in quarantena non ne ha bisogno) rischia oltretutto di peggiorare l’immagine internazionale della Lombardia e dell’Italia, che già oggi è vista come un paese che sta annaspando di fronte a un’emergenza non soltanto sua.

Toni più sobri, nonché una maggiore aderenza al compito, probabilmente gioverebbero a tutti, compresi i commercianti e tutti i lavoratori terrorizzati più dai conti in rosso che dal rischio di contagio.

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