Coronavirus, Presidente Conte: vogliamo la verità. Occorre un discorso al Paese
Questo è il momento della verità. Saranno lacrime e sangue, la ricostruzione durerà anni. I vecchi schemi del liberismo arrembante devono essere riposti nel cassetto. Se Conte saprà compiere questo passo sarà ricordato come l'avvocato che venne dal nulla e seppe conquistare la gratitudine della comunità
Presidente Conte, sul Coronavirus occorre un discorso di verità al Paese
Non è semplice scrivere un articolo del genere nel giorno in cui il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è stato colpito dalla tragedia della morte per Coronavirus di uno dei suoi agenti di scorta. Il primo pensiero, colmo d’affetto e sincera gratitudine, va dunque a Giorgio Guastamacchia, un servitore dello Stato esemplare, una persona perbene e sempre disponibile che ha pagato a carissimo prezzo il proprio impegno e la propria dedizione alla causa. Di fronte a una simile tragedia, verrebbe voglia di fermarsi qui. Purtroppo, come ben sa il presidente Conte, il suo ruolo e il momento storico che stiamo vivendo non lo consentono.
Va detto che questo governo ci sta provando e, nella maggior parte dei suoi esponenti, ci sta mettendo l’anima. Va detto anche che Speranza, Azzolina e persino Di Maio, cosa che non avrei mai creduto di poter scrivere in vita mia, stanno lavorando bene. Allo stesso modo, sta lavorando bene la saggia ministra Lamorgese, intelligente nella gestione dell’ordine pubblico e attenta a che ogni attività di vigilanza si svolga senza esasperare ulteriormente gli animi. Non a caso, anche grazie all’impegno dell’esecutivo, assistiamo a un primo calo dei ricoverati in terapia intensiva e anche dei morti, benché le 681 vittime registrate nella giornata di ieri rappresentino comunque un numero impressionante. Una prima luce in fondo al tunnel comincia a intravedersi e guai a mollare adesso o a lasciarsi andare a comportamenti sconsiderati, perché un’eventuale nuova diffusione del virus avrebbe conseguenze devastanti e incontrollabili.
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Complimenti e notizie positive finiscono qui. Adesso è necessario che il capo del governo compia un grande discorso di verità di fronte al Paese. Un conto, infatti, è avere la percezione che questo incubo possa concludersi o, quanto meno, allentare la morsa entro i primi di maggio, massimo giugno; un conto, come purtroppo sembra, è dover prendere atto che entro l’estate, forse, si tornerà a un minimo di decenza ma che la situazione potrà tornare a una più che parziale normalità non prima dell’autunno, con tutte le conseguenze del caso. All’emergenza sanitaria si somma, difatti, quella economica. Conte e il bravo ministro Provenzano hanno compreso per tempo la portata della tragedia in atto e stanno mettendo a punto gli strumenti per fronteggiarla, ma il timore è che ogni giorno in più in cui sarà necessario prolungare la stretta, una miriade di attività produttive, esercizi commerciali e luoghi di ristorazione non avranno la forza di rialzare la serranda.
Senza contare ciò che sta accadendo nel Meridione, ma non solo, dove molte attività sono purtroppo in nero e la catastrofe rischia di assumere contorni apocalittici, come testimoniano i primi assalti ai supermercati e i tentativi disperati, e ovviamente sbagliatissimi, di rimettersi al lavoro. Non è il momento, è rischioso, bisogna assolutamente impedire che il contagio riprenda vigore vanificando gli immensi sforzi compiuti finora; tuttavia, è la spia di un malessere profondo, il preludio di quello che potrebbe accadere sempre più di frequente qualora non venisse rivolto al Paese un discorso chiaro e inequivocabile.
Le scuole, con ogni probabilità, non riapriranno; pertanto, farebbe bene la ministra Azzolina a comunicare le modalità innovative con cui si svolgerà quest’anno l’esame di Maturità e, possibilmente, ad annullare l’esame di terza media e le bocciature. Non perché qualcuno voglia promuovere gli “asini”, come sostengono i soliti cattivisti con il cinismo di cui sono capaci in ogni circostanza, ma perché non si può bocciare un ragazzo dopo un quadrimestre, senza avergli dato la possibilità di recuperare.
Per quanto concerne il mondo del lavoro, è necessario che l’esecutivo faccia chiarezza sulle cifre e spieghi bene in cosa consisteranno gli aiuti, valutando il da farsi a livello di tassazione e prendendosi in carico le sorti di milioni di persone che rischiano di scivolare nella miseria. L’editoria, poi, dev’essere aiutata con misure straordinarie: librerie e case editrici sono presidi democratici imprescindibili e non possiamo permetterci che rimangano in vita solo i colossi, con danni incalcolabili al pluralismo delle idee e allo sviluppo sociale, culturale e civile della Nazione.
Infine, ed è l’aspetto più importante, sarà il caso che a Palazzo Chigi e dintorni si prenda atto che i canti sui balconi, gli “andrà tutto bene” e le manifestazioni di ottimismo che avevano caratterizzato i primi giorni della pandemia stanno venendo meno, a dimostrazione che qualcuno sta iniziando a cedere, a non crederci più, a smarrire la fiducia nei confronti di una compagine sgangherata ma che nel disastro totale sembra, comunque, aver trovato la propria dimensione. La stima nei confronti di Conte, almeno da parte mia, e per fortuna anche da parte di milioni di italiani, è intatta. Questo, però, è il momento della verità. Saranno lacrime e sangue, la ricostruzione durerà anni e richiederà un impegno collettivo senza precedenti. I vecchi schemi e le ricette che afferiscono alla stagione del liberismo arrembante devono essere riposti nel cassetto e, possibilmente, bollati per ciò che sono: immani stupidaggini. Se Conte saprà compiere questo passo, e se nessuno gli metterà i bastoni tra le ruote, almeno fra i membri della maggioranza, comunque vada, sarà ricordato come l’avvocato che venne dal nulla, o quasi, e seppe conquistare il consenso, la stima e, soprattutto, la gratitudine della comunità.
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