Coronavirus, “l’ho trovato su Google” è il nuovo “l’ha detto la televisione”
Il video postato da Cristiano Aresu sul farmaco "Avigan" è stato proposto anche in tv, segno che le bufale in rete sono una piaga: “lo ha detto la televisione” di un tempo è diventato “l’ho trovato su Google”. Il commento di Fabio Salamida
Nelle scorse settimane si è discusso molto di un video girato in Giappone e postato su YouTube da tal Cristiano Aresu, sedicente farmacista. Un video diventato virale sui social (lui afferma che era stato fatto solo per gli amici…) e a cui tanti hanno creduto, compreso il Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, che però non fa testo perché è quello che vede cinesi che mangiano i topi vivi.
Aresu in quel video parlava di un farmaco “miracoloso” contro il Coronavirus che si chiama Avigan, un antinfluenzale che può provocare malformazioni nei feti e favorire la comparsa di tumori maligni nelle persone; un farmaco che in Cina e in Giappone viene impiegato in via sperimentale e previo consenso del paziente o dei familiari a causa dei suddetti effetti collaterali; un farmaco il cui principio attivo – spiega l’Agenzia Italiana del Farmaco – “non ha dimostrato efficacia nelle cellule primarie respiratorie”.
Aresu in realtà non risulta iscritto né all’Ordine dei Medici né a quello dei Farmacisti, ha diversi profili sui social e in passato, in un altro video, si era spacciato per medico chirurgo del San Giovanni di Roma. Nel video girato in Giappone, recita mantra complottisti tipo: “Vi stanno nascondendo la verità”, “andate a cercare su Google”, “in Italia palleggiano la situazione per il solito gioco di mazzette”.
Insomma, il “rischio bufala” era assai alto: ma nel Paese dove una parte della popolazione crede alla favoletta dei 35 euro al giorno più connessione Wi-Fi regalati a ogni “palestrato” migrante che arriva dall’Africa con Rolex, vestiti firmati, wi-fi e iPhone 15, può bastare mettere un video sui social per diventare un guru della scienza medica, specialmente se quel video viene persino rilanciato in tv come ha fatto Massimo Giletti e diventa oggetto delle parole in libertà dell’italiano medio in quarantena.
Il problema è che in Veneto quel video virale ha fatto partire la sperimentazione del “farmaco miracoloso” che miracoloso non è, perché dal credere che i cinesi mangiano topi vivi ai complotti sulle “cure nascoste” ai popoli il passo è davvero breve. E se la stessa Aifa ha concesso la sperimentazione pur sottolineando le criticità del farmaco, qualcuno dovrebbe spiegare dov’era il complotto e chi aveva nascosto cosa.
Morale della favola: le bufale che abbondano in rete sono una piaga, ma in Italia lo ha capito solo una parte della popolazione, quella parte spesso più scolarizzata da tempo consapevole di quanto i social network possano diventare cassa di risonanza di colossali idiozie, quella parte che ha capito che non sempre il numero di condivisioni di una presunta notizia ne assicura la veridicità. Sono però ancora in tanti a prendere per oro colato tutto ciò che leggono su uno schermo luminoso: “lo ha detto la televisione” di un tempo è diventato “l’ho trovato su Google”.
Ad aggravare la cosa, l’atteggiamento di alcuni leader politici che per qualche like e qualche voto in più, non rinunciano a dar seguito a notizie quantomeno fuorvianti, come è accaduto recentemente a Matteo Salvini e Giorgia Meloni con il famigerato video di TGR Leonardo del 2015. Insomma, per l’alfabetizzazione digitale del Belpaese la strada è ancora lunga.
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