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Dalla Cina a Putin fino a Maduro: tutte le volte che Di Battista si è schierato con i dittatori

Immagine di copertina
Alessandro Di Battista Credits: ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

Con il messaggio di supporto alla Cina condiviso in un lungo post su Facebook, l'ex deputato e attivista del M5S conferma la sua visione su geopolitica, economia e finanza globale, che è sempre stata più vicina alle dittature militari che alle democrazie

Da Putin alla Cina: l’amore di Di Battista per i dittatori

“Con la Cina vinceremo la terza guerra mondiale”, con questa frase su Facebook, Alessandro Di Battista, già deputato del M5S e attivista del movimento, conferma la sua visione su geopolitica, economia e finanza globale. Nel lungo post, Di Battista si lancia in un messaggio apologetico verso il regime di Pechino, che ha “utilizzato al meglio il soft-power riuscendo a trasformare la sua immagine da untore ad alleato nel momento del bisogno”. Tutto vero, peccato che ad esercitare soft power sull’Italia, attraverso mezzi di propaganda, fake news e bot, con la complicità di molti leader politici nostrani, sia un regime che reprime le libertà civili, sorveglia i cittadini e invia lettere intimidatorie ai giornali occidentali non allineati, l’ultimo, il caso del direttore del quotidiano tedesco Bild.

Di Battista non è però nuovo alle lusinghe verso dittatori e regimi autoritari. Nell’agosto del 2014 aveva firmato un articolo sul blog di Beppe Grillo, dal titolo “Isis, che fare?”, nel quale chiedeva di “smetterla di considerare il terrorista un soggetto disumano con il quale non si poteva nemmeno intavolare una discussione.” Il riferimento era ad Hamas, organizzazione para-militare terroristica che sostiene, nella sua carta di fondazione, la necessità della guerra santa o jihad, contro Israele. Un posto privilegiato nel cuore di Di Battista lo conserva, però, Maduro. Il presidente del Venezuela, che ha portato il Paese alla bancarotta, sopprimendo libertà individuali e di stampa e imprigionando dissidenti politici, viene celebrato addirittura in un atto di indirizzo
firmato dallo stesso Di Battista alla Camera dei Deputati, in cui viene chiesto di “condannare con forza i tentativi di violazione dell’ordine costituzionale”, ovvero le azioni dell’opposizione a Maduro.

Nello stesso atto di indirizzo, Di Battista si scaglia contro Obama e contro le sanzioni imposte su visti e asset economici di persone residenti in Usa e considerate vicine al regime. “L’Italia dovrebbe smetterla una volta per tutte di obbedire agli ordini degli Stati Uniti”, scriveva nel 2019, e lo stesso astio verso la democrazia americana è presente anche nel post odierno, anche in questo caso, niente di nuovo. L’avversione agli Stati Uniti è nota da tempo, e non si tratta di antagonismo verso il presidente Trump, ma evidentemente di vero e proprio sentimento anti-americano. Di Battista, infatti, sembra avere una passione più per gli stati autoritari che per le democrazie, per altro alleate Nato, come gli Stati Uniti, la Germania o la Francia.

L’attivista ed ex deputato del Movimento 5 Stelle aveva speso anche ottime parole su Putin. “Meno male che c’è Putin”, aveva scritto su Facebook. “Senza di lui avremmo avuto un intervento americano in Venezuela”. Il pacifista Putin, che però, non viene menzionato in riferimento alle azioni militari in Siria o Ucraina. Sembra insomma, che il sogno di Di Battista sia che l’Italia entri nella squadra militare di Russia, Cina e Venezuela: tre diverse dittature, tre regimi che, in modo diverso, reprimono le libertà civili nei rispettivi Paesi. Tre Paesi con i quali, sia chiaro, l’Italia commercia e condivide interessi economici che creano beneficio ai rispettivi popoli. Ma tra commerciare stringendosi la mano su patti economici e firmare accordi militari o di sostegno politico c’è una bella differenza. E Di Battista dovrebbe conoscerla.

Leggi anche:

1. Torna Alessandro Di Battista e lancia due bombe sul Governo 2. Di Battista rompe il silenzio: “Sto tornando, alle mie condizioni” 3. Un mazzo di mascherine non cancella una dittatura: l’Italia non diventi portavoce del governo cinese (di E.Serafini) 4. Il clamoroso video del direttore del Bild che attacca il presidente cinese Xi Jinping

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