Il coprifuoco, trait d’union tra la guerra armata e quella al virus
Se nel febbraio 2020 qualcuno ci avesse detto che in Italia avremmo dovuto vivere per mesi sotto il coprifuoco, la maggior parte di noi avrebbe pensato con tutta probabilità a uno scherzo o al delirio di un folle. Eppure, di lì a poco abbiamo davvero sperimentato prima il famigerato lockdown e, dopo una tregua a base di falsa normalità, anche il coprifuoco notturno.
Ormai la strada per dire addio a questa misura, da pochissimo posticipata di un’ora, sembra tracciata ed è ora di iniziare a tirare le somme a riguardo. Non tanto sull’efficacia in termini sanitari – i conti, nel bene e nel male, si tireranno quando tutto sarà finito –, né sulla trasparenza degli obiettivi con cui una misura così invasiva delle libertà personali è stata attuata, ma di ciò che il coprifuoco ha rappresentato per noi.
Quella che stiamo combattendo contro il coronavirus è a tutti gli effetti una guerra, ma diversamente dai conflitti convenzionali non si sparano proiettili né esplodono bombe, al posto della contraerea usiamo i vaccini e il fronte anziché la trincea sono gli ospedali. Ma in questo cambio di paradigma, uno dei rari punti comuni tra la guerra armata e quella al coronavirus è stato il coprifuoco.
Nata originariamente nel medioevo per prevenire gli incendi, questa misura è largamente utilizzata durante le guerre, da un lato per garantire la sicurezza dei civili, dall’altro per evitare che troppe luci in città potessero esporre obiettivi al nemico in caso di attacco aereo. La morale è che per un motivo o per l’altro il coprifuoco è un punto di contatto col passato bellico.
Nel nostro caso il nemico, il virus, non ha bisogno di luci accese per colpire, e minaccia la popolazione allo stesso modo alla luce o con il buio. Più che una misura sanitaria, infatti, è stata prima di tutto una misura deterrente, un modo per dare alle persone un limite oltre il quale non andare in termini di tempo e prevenire potenziali assembramenti, come riconosciuto da diversi virologi.
Nella nostra mente il coprifuoco ha agito in questi mesi da confine: oltre quell’ora non si può uscire, qualsiasi cosa va fatta prima. Quasi tutta Italia ha avuto gli stessi orari e le stesse abitudini per mesi, chi amava fare le ore piccole in giro ha riscoperto il divano di casa, tutti hanno impostato le proprie attività in funzione del coprifuoco alle 22.
Ma al di là di questo, tra tutte le parole sentite durante questa guerra che si combatte a colpi di disinfettanti e mascherine, tra tutte le misure cui abbiamo assistito, il coprifuoco è stata quella più affine a quanto si assiste nella guerra guerreggiata.