Contro il Rdc c’è una campagna denigratoria che manipola la realtà (di D. De Masi)
"Domenica gli italiani sono chiamati a scegliere tra un welfare solidale e il sistema della concorrenza sfrenata che genera disuguaglianze"
Su tutti i pacchetti di sigarette c’è scritto a chiare lettere che il fumo nuoce gravemente alla salute. Eppure molta gente fuma. Ciò significa che il comportamento umano non è condizionato solo dalle dimostrazioni razionali ma anche dai pregiudizi e dalle spinte emotive. Inutile, quindi, esibire i dati oggettivi sul Reddito di Cittadinanza a quella parte dell’opinione pubblica che, manipolata da una martellante propaganda partigiana, è stata indotta a credere che esso si riduce a uno spreco di denaro elargito da politici corruttori a cittadini sfaccendati.
Oggi, però, sotto le elezioni, il RdC ha superato il significato di semplice sussidio per diventare simbolo e spartiacque tra una concezione socialdemocratica del sistema sociale che punta sull’armonia attraverso il welfare solidale, e una concezione neoliberista che punta sulla concorrenza, stressando le disuguaglianze. Tuttavia i dati sono utili per confermare nella loro giusta convinzione tutti coloro che reputano doveroso aiutare i cittadini ridotti in povertà, tanto più che alla cattiva distribuzione della ricchezza sempre si accompagna la distribuzione altrettanto iniqua del lavoro, del potere, del sapere, delle opportunità e delle tutele. Se si mettono in fila i 196 Paesi del mondo in base alla loro produzione interna lorda, l’Italia si piazza all’ottavo posto.
Dunque, non si tratta di un Paese povero. Ma siccome la sua ricchezza è distribuita in modo ineguale, ci sono quasi 6 milioni di “poveri assoluti” (cioè che non hanno neppure il minimo per sopravvivere) e quasi otto milioni di “poveri relativi” (cioè che hanno appena il minimo necessario). Un 60% dei poveri “assoluti” non ha lavoro e non può averlo perché si tratta di minori, invalidi e vecchi. Un 20% potrebbe lavorare ma non è facile trovargli un posto perché ha bassa istruzione e minima professionalità. L’ultimo 20% ha un lavoro pagato con un salario talmente basso che, da solo, non assicura la sopravvivenza. Sono anni che tutti i Paesi d’Europa hanno adottato il RdC. L’Italia è arrivata per ultima e con cifre ben più modeste. Il governo Gentiloni sperimentò il Rei, pensato per 650.000 famiglie; il primo governo Conte migliorò il provvedimento estendendolo a 2.750.000 nuclei mentre l’importo fu elevato da 200 a 780 euro.
Altri miglioramenti sono stati suggeriti da un’apposita commissione ministeriale e basterebbe poco per apportarli.Qualunque governo nascerà dalle elezioni del 25 settembre non potrà che confermare il Reddito di Cittadinanza perché, nel frattempo, i poveri sono aumentati e tutto lascia prevedere che aumenteranno ancora nei prossimi mesi. Magari cambieranno il nome, strombazzeranno qualche ritocco, ma la sostanza resterà perché la sperimentazione effettuata fin qui, se esaminata senza pregiudizi, conferma la necessità e la validità del provvedimento.
Quest’anno 3.515.428 destinatari – due terzi dei quali nel Mezzogiorno – hanno percepito una media di 552 euro mensili. Due su tre sono minori, disabili o anziani, quindi non occupabili. Il 72% degli occupabili non ha superato la terza media eppure più di 300.000 hanno trovato lavoro tramite i navigator. Molti furbi hanno cercato di accaparrarsi il sussidio senza averne i requisiti ma, secondo la Guardia di Finanza, il danno che essi hanno arrecato allo Stato è pari allo 0,8% di tutte le truffe compiute in Italia. Secondo l’Istat un milione di persone è uscito dalla condizione di povertà assoluta. Tutto questo basta e avanza per dire che finalmente anche in Italia si è fatto qualcosa di sinistra.