“Etero bianca, sparati”: la comunità lgbtq+ e la violenza del pensiero unico sui social
Un giorno qualcuno mi spiegherà come mai e in quale preciso momento i social siano diventati un contenitore di violenze e censure. Ma partiamo dall’inizio. Sono admin di un normalissimo profilo Instagram (@martaforfew) nel quale a volte mi ritrovo ad affrontare temi sociali e politici. Come di consueto, martedì 3 agosto 2021 decido di rispondere ad un po’ di domande degli utenti. Ne arrivano molte e non tutte “politiche”: “Cosa ne pensi di Renzi?”, “Che università consigli a chi vuole lavorare nel mondo della comunicazione?”, “Come si chiama il tuo cane?”. Tutto normale fino a qui. Se non fosse che decido colpevolmente e stupidamente di rispondere ad una domanda specifica: “Cosa ne pensi della comunità lgbtq+?”.
Ecco, arrivati a questo punto, io potrei raccontarvi di come ho risposto alla domanda e delle reazioni violentissime che sono arrivate dopo, di quello per cui in migliaia mi hanno accusata e di quello che invece sostengo. Ma non lo farò. Mi limiterò a dirvi che ho semplicemente ribadito una mia posizione che ho già reso pubblica più volte, sui social e fuori dai social.
Credo (e ho sempre creduto) nell’uguaglianza tra persone a prescindere dalla provenienza, l’orientamento sessuale o la religione. Sono una convinta sostenitrice di tutto ciò che possa ampliare diritti e conferisca delle possibilità al prossimo, tuttavia non apprezzo il business che si è generato su una giusta causa come la sacrosanta lotta per i diritti della comunità lgbtq+, così come non mi piace l’idea di vivere in una società in cui una qualsiasi persona per sentirsi “protetta” debba rinchiudersi in se stessa.
In sintesi auspico di poter lasciare ai miei figli un mondo che sia realmente progressista (non come oggi) e privo di violenze sia psicologiche che fisiche. Questa mia visione è stata presa e ribaltata, esposta sui social con commenti indicibili come “Ammazzati”, “Sparati” , “Stupida bianca etero che non sei altro” e per finire in bellezza hanno fatto partire un attacco coordinato di ulteriori insulti nei miei dm.
Con ciò detto, ci terrei ad accendere una piccola lampadina su due grandi temi a me molto cari: la libertà e la democrazia. Non credo infatti che sia giusto che in un Paese come l’Italia sia consentito essere censurati, derisi ed attaccati per aver espresso un’opinione diversa dalle altre online. Purtroppo, però, questo è diventato il modus operandi della rete e la mia esperienza di pochi giorni fa lo dimostra.
Ieri, mercoledì 4 agosto, Instagram mi manda una notifica avvertendomi che il mio profilo si sarebbe cancellato di lì a poco se non avessi rimosso subito i contenuti “che incitavano all’odio”. In poche parole il post in cui pubblicavo le cattiverie ricevute per la mia risposta incriminata e nel quale mi difendevo dagli insulti generati da svariate accuse pubbliche di grandi influencer / attivisti era considerato “incitamento all’odio”.
E tutto questo perché è avvenuto? Semplice, per via dello squadrismo che si va a creare in rete. Nella testa di queste persone io ero diventata improvvisamente la loro preda: in sintesi dovevano farmi fuori. Ed è così che parte immediatamente la loro flotta pilotata dai grandi assalitori e noti conoscitori del web. Azionano i loro siluri, si preparano all’attacco.
Tutto organizzato nei minimi dettagli, una coordinazione così impeccabile da far invidia all’aeronautica militare: partono gli avvisi e gli alert sapientemente inviati nelle chat di gruppo, i “big” e gli “insider” si preparano con i loro follower, è tutto pronto per l’attacco. In questo modo un pensiero non conforme al loro viene fatto fuori grazie alla “shitstorm” coordinata e studiata in modo raffinato dalla gang.
Mi chiedo se sia giusto che ad una persona indipendente (non stipendiata dalle grandi corporate) che non possegga più di 1 milione di follower sia impedito di dire la propria opinione sui social solo perché non conforme “al sistema”. Qual è esattamente la sua colpa? Quella di essere libera.
Sui social le persone libere vengono affossate, intimorite in ogni modo possibile, zittite dai grandi boss e conoscitori dei social. Siamo schiavi di ciò che vuole l’algoritmo e sotto i diktat dei potenti influencer. Non possiamo permetterci di alzare il ditino e dire la nostra. Non possiamo farlo perché quello è il loro terreno, siamo a casa loro e vigono le loro leggi.
In democrazia ciò non dovrebbe essere permesso, per lo meno se stiamo alla definizione della Treccani (punto 2): “La dottrina stessa, come concezione politico-sociale e come ideale etico, che si fonda sul principio della sovranità popolare, sulla garanzia della libertà e dell’uguaglianza di tutti i cittadini; anche l’applicazione pratica di tale dottrina, e l’insieme delle forze politiche che la sostengono”.
“Elettronica: l’utilizzazione delle nuove tecnologie elettroniche, spec. Internet, al fine di favorire la partecipazione dei cittadini alle decisioni che li riguardano in quanto tali e, ancora, di garantire la trasparenza nella gestione della cosa pubblica e la correttezza nella trasmissione delle informazioni.”
Non mi sembra che questa definizione sia anche solo minimamente rispettata sui social, visto che la “partecipazione dei cittadini” viene quotidianamente azzoppata e compromessa da attacchi di gruppo pilotati dagli insider che detengono il potere.
Direi che siamo più vicini ad una monarchia, con l’unica differenza che non abbiamo un solo re ma tanti piccoli “boss” che tramite i loro account da milioni di follower mettono a tacere tutti gli altri, con tecniche da professionisti.
Prima fanno svariate stories d’accusa, alle quali però allegano anche captions della serie “Non fate shitstorms ragazzi! Educazione!”. Poi mobilitano i loro falchi nei dm e nelle chat di gruppo. Sono bravi, lo ammetto. Ma tutto ciò non è più accettabile, io non lo accetto. Voglio essere libera di poter dire la mia opinione senza essere messa a tacere e censurata da altre persone.
Dov’è finita la libertà? Può essere definita democrazia questa? I social dovrebbero rivedere le loro “policies”, oltre che ridimensionare il potere di questi piccoli imperatori del web. Un ambiente così tossico e non inclusivo rischia di distruggere la libertà d’espressione e ingigantire all’ennesima potenza il pensiero unico. Le persone devono essere libere oggi, domani e dopo domani di dire la loro opinione anche se non aggrada nessuno, anche se non è la tendenza del momento. Ripudio fortemente l’idea di vivere in una società che non garantisca la stessa libertà di parola a tutti.
Vi lascio riflettere su questo panorama (ormai tossico) con una delle più celebri citazioni di George Orwell : “Se la libertà di espressione significa qualcosa, allora significa il diritto di dire alla gente ciò che la gente non vorrebbe sentirsi dire”.
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