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Lo chiamano Celebrity Hunted ma (ogni tanto) sembra Pechino Express

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Pur rientrando nella vasta tipologia dei reality-show, “Celebrity Hunted”, appena approdato su Prime Video con la seconda stagione (sono disponibili i primi tre episodi), è un programma in realtà molto scritto a tavolino. E deve fare i conti col problema di tutte le proposte analoghe: dare il percepito della spontaneità, quando dietro c’è un lavoro di intreccio preventivo che non è da poco. Per giunta con la pretesa di creare suspense dietro la “cattura” di personaggi famosi lasciati in una sorta di apparente (molto apparente) stato brado e braccati da un pool di investigatori, fra intercettazioni, videocamere in strada e GPS malandrini. Come si fa a compensare il problema di fondo (basti pensare soltanto all’innaturalezza di essere sempre seguiti da una o più telecamere e dover nascondere il non dicibile), visto che qualsiasi spettatore è ormai piuttosto scafato nei confronti delle cose televisive? Si applica un frenetico taglia e cuci nel montaggio, una buona sonorizzazione, e si costruisce un percorso che appaia credibile.

Purtroppo il programma, che quest’anno dà l’impressione di prendersi un po’ meno sul serio, viaggia continuamente su due binari: l’atmosfera thrilling stile action de noantri e il disincanto di partecipanti e comprimari, che spesso (come dargli torto?) la buttano sul ridere, come il complice Daniele Battaglia alle prese con la concorrente Diletta Leotta, che in camper gioca a fare la bambola grandi forme. Oppure Elodie e Myss Keta che incontrano i Tre allegri ragazzi morti; o Achille Lauro e Boss Doms (in squadra insieme) ospiti della fucina creativa di Zucchero in Lunigiana. Finisce con una chitarrata, vino, affettati e formaggio. “‘Na gita a li castelli” (cit.). Come si può mantenere la seriosa impronta di fondo se ogni tanto sembra di trovarsi a “Pechino Express”? La torta alla fine non lievita, si gira molto a vuoto, e la credibilità annaspa.

Se la cavano meglio Stefano Accorsi e Vanessa Incontrada, i quali – in quanto attori – si calano con maggior mestiere nelle logiche di questa fiction che ogni tanto sembra volersi convincere a tutti i costi di non esserlo.

Il risultato è un compiacente calvario di stazioni non sempre entusiasmanti dove i Vip di turno si appoggiano ad amici che hanno quasi sempre qualcosa da mostrare in video e che i Vip mostrano volentieri. Partendo da Venezia, Accorsi passa prima al trucco al teatro La Fenice, per poi approdare a un cinema bolognese, con tanto di spettacolino privée; ma anche da un eccentrico complice amante dei motori, dall’allevatore di cavalli del Piacentino e da un’altra che nel fienile ha gli alpaca. Ogni tappa non è mai casuale o fine a se stessa, è tv. Si gira il Nord Italia mostrando grandi alberghi, chalet di montagna, strutture ricettive. E tutti hanno la loro fetta di visibilità.

Lo scorso anno i punti di forza del cast furono Fedez e Francesco Totti, mescolati ad alcune figure fuidificanti, tipo Costantino Della Gherandesca e Claudio Santamaria, e presenze di contorno. Stavolta si è voluta mantenere complessivamente alta l’asticella, dimostrare che la produzione può permettersi di reclutare gente che “Tale e quale show” non lo farebbe mai, ma che una capatina una tantum nel giocattolone ben remunerato prodotto per conto di una multinazionale ha deciso che può concedersi di metterlo in curriculum.

Per esempio, sarebbe bello chiedere ad Achille Lauro come si coniughi la fiacca pochade di fuggire vestito da sposa, e altre amenità, con i ponderosi quadri che ha fatto cadere dall’alto all’ultimo Festival di Sanremo. Che cosa c’entra “Celebrity Hunted” con l’Arte (con la A maiuscola) che ha sempre professato di voler coltivare e propalare? Poi leggi che ha appena firmato un contratto di due anni con Amazon per realizzare “contenuti d’intrattenimento, filmografie, serie, documentari e format streaming”, e ti spieghi tante cose. Vorresti domandare ad alcune rispettabili signore del cast che per realizzare/rifiutare interviste con magazine familiari dettano più condizioni che per la pace israelo-palestinese, se si sentano coerenti e a loro agio giocando a fare guardia e ladri in tv. Ma poi pensi: massì, se ti pagassero bene in fondo lo faresti anche tu. In fondo bisogna onorare le rate del mutuo.

Non so se “Celebrity Hunted” sia destinato a fare buoni ascolti. Va in onda pur sempre su una piattaforma in streaming, con gli ovvi limiti del caso sulla platea. Di certo quelli che parlano bene lo definiscono come il classico prodotto che rafforza localmente (si parla di Italia) il brand. Ed è verissimo. Ma in questo caso la partita con “LOL – Chi ride è fuori”, altra recente proposta di Prime, risulta strapersa in partenza. Ha generato tanti di quegli hype e così tanta risonanza sui media, che non basterebbero dieci stagioni di prede e cacciatori de noantri per arrivare alla pari.

Tutti gli articoli di Franco Bagnasco
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