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Home » Opinioni

Atalanta da sogno, ma ora svegliamoci: il calcio europeo deve fermarsi

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La nazionale femminile costretta a saltare la finale dell'Algarve Cup. La Uefa dovrebbe avere il coraggio di adottare misure drastiche, invece nicchia, come del resto l'Europa politica

Coronavirus, il calcio europeo deve fermarsi

Alla faccia di chi ne metteva in discussione il diritto di rappresentare l’Italia in Champions League, l’Atalanta ha inferto una vera e propria lezione di calcio all’Europa, vincendo 4-3 a Valencia dopo aver già prevalso nella gara di andata. Un atteggiamento volitivo e spettacolare anche in trasferta, che ha ricordato la mentalità vincente delle grandi della nostra storia, dal Milan di Sacchi alla Juve di Lippi. Il poker di un fenomenale Ilicic è stato dedicato alla città di Bergamo che, come da striscione esposto, “mola mia”. Un omaggio commovente e meritato, sia dalla città, sia dai suoi splendidi tifosi, che hanno rinunciato al rimborso per il biglietto per la sfida – giocata a porte chiuse – trasformandolo in una donazione per l’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo, uno di quelli in prima linea nella cura dei pazienti con Coronavirus.

L’altra faccia della medaglia è la delusione della nazionale femminile, costretta a rinunciare alla esaltante finale di Algarve Cup contro la Germania, in programma questa sera, per non rimanere intrappolata in Portogallo: domani mattina i voli da tutti gli aeroporti lusitani saranno bloccati.

Si impone quindi una riflessione che, dal calcio, si allarga al resto della Comunità continentale. E’ francamente inspiegabile come la Uefa, di fronte alle giuste decisioni assunte in Italia, non faccia passi ulteriori rispetto alle coppe europee e ai campionati degli altri Paesi.

Capisco bene che l’incombenza degli Europei della prossima estate complichi moltissimo la decisione. Il calcio ha un peso molto rilevante sul PIL europeo, ma se non si agisce con determinazione da qui a breve avremo ben poco business del quale occuparci.

Il virus è nuovo e quindi è normale che non si sia capito da subito quali fossero le contromisure più adatte, ma proprio l’esperienza italiana dovrebbe indurre anche gli altri Paesi a muoversi subito nella stessa direzione. Fino a qui abbiamo invece visto provvedimenti a macchia di leopardo, dalle porte chiuse in Spagna alla prima partita annullata nella Premier League inglese. Spalti vuoti anche in Francia, mentre nella Bundesliga tedesca il provvedimento è stato preso solo per alcune gare.

E’ impossibile pensare che si possa continuare così a lungo. Il Getafe si rifiuta di venire a Milano per affrontare l’Inter in Europa League e casi del genere non possono essere gestiti come bizze individuali: invece la Uefa ha fatto proprio così, sanzionando con la sconfitta a tavolino la giovanile dell’Inter, che ha rinunciato al suo impegno contro il Rennes nella Youth League (la Champions delle promesse del futuro).

Certo, il calcio avrebbe potuto essere un buon ammortizzatore sociale per una popolazione scarsamente abituata a stare chiusa in casa, ma i rischi sono più dei benefici e non si può certo sostenere che la salute di atleti ben pagati valga meno di quella di altri cittadini.

Più in generale, la stessa schizofrenia che ci ha caratterizzato nelle primissime fasi ora si vede all’estero. Indicativa la posizione di Macron, che ancora invita i francesi ad uscire di casa, sebbene si parli di pandemia.

Per una volta tanto, va detto che l’esempio italiano – e in particolare lombardo, dove si va verso una chiusura totale di tutto ciò che non sia essenziale – andrebbe seguito anche dal resto d’Europa, prima che sia troppo tardi e nella sincera speranza che nessun altro abbia a passare quello che stiamo passando noi.

E l’Unione Europea, in tutto questo? Anche stavolta impalpabile: speriamo che, di fronte all’emergenza, abbia uno scatto di dignità e imponga un approccio uguale per tutti. Siamo davvero tutti sulla stessa barca e, anche quando avremo portato a zero i nuovi contagi in Italia, la partita non sarà finita.

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