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Basta femminicidi: la cultura del dialogo e della parità siano affermate tutti i giorni

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In soli 11 mesi quest’anno si contano 109 femminicidi e le donne che subiscono violenze restano in media 89 al giorno nel nostro Paese. C’è sicuramente una riflessione profonda da fare non tanto e solo sulle norme, infatti, come ben rappresentato dalla Presidente della Commissione d’inchiesta sui femminicidi Valeria Valente: “Gli strumenti ci sono ma raramente vengono utilizzati”. È quel raramente che sconforta e lascia interdetti. Quel raramente per cui una donna su sette aveva segnalato alla polizia il suo aguzzino non ottenendo l’aiuto che avrebbe potuto salvarle la vita in tempo. Quel raramente per cui moltissime donne non vengono credute, ascoltate e comprese dalla comunità in cui vivono nonostante le richieste d’aiuto. La violenza va di prima di tutto riconosciuta, poi denunciata e combattuta. Percorso non facile se si pensa alla diversa interpretazione di ciò che costituisce una forma di violenza anche nell’ambito delle diverse culture che coabitano nel nostro Paese. Penso alle donne straniere, migranti o italiane che hanno radici diverse di cui conservano nei loro modi di vivere valori, usi, costumi. Con buona pace di molti non potrebbe essere altrimenti in un mondo in cui ci si sposta sempre più frequentemente per le ragioni più disparate tra cui il proliferare dei conflitti, l’instabilità politica, la povertà, i regimi dispotici e i cambiamenti climatici che stanno desertificando ampie porzioni della terra. Se queste ragioni di sistema preoccupano, come d’altronde occupa un posto importante nel nostro pensiero sulla violenza nei confronti delle donne il retaggio culturale che si manifesta non solo nella violenza fisica ma anche verbale, psicologica ed emotiva ancora forte nel nostro Paese nei confronti delle donne, occorre affinare gli strumenti e fare luce su ciò che può concretamente alleviare un’emergenza.

Sebbene ai nostri tempi l’emergenza sia una categoria alquanto abusata il femminicidio, per il quale abbiamo coniato un sostantivo in quanto fenomeno assestante, è a tutti gli effetti tale nel nostro Paese anche senza guardare soltanto ai numeri. Come dichiara ancora la Valente “Serve la specializzazione dei tribunali, la formazione delle forze dell’ordine, dei giudici, degli avvocati, dei medici e degli insegnanti”. Solo una rete di questo tipo può fare la differenza perché occorre stringersi attorno a chi subisce violenza senza sottovalutare il rischio e nei tempi in cui è utile ma soprattutto rieducare chi la perpetra e non conosce altri linguaggi. È essenziale lavorare assieme come società tutta affinché la cultura del dialogo e della parità siano affermate nelle loro condizioni effettive tutti i giorni: un tema che, ovviamente, non riguarda solo le donne ma parla anche a loro.

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