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La follia collettiva sull’Avigan, il farmaco anti-Coronavirus per nulla sicuro ma che tutti vogliono

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La leggenda metropolitana dell’Avigan, è una delle vicende più folli, veloci e affascinanti di queste ore. Il primo caso di social-farmacologia ai tempi dell’epidemia. Ed ecco come è nata questa incredibile storia. Arriva dalla rete il video di un ragazzo, un presunto farmacista italiano in Giappone. Si tratta di un ragazzo molto simpatico, molto sicuro di se, che sa comunicare, che ci mostra immagini di una città tranquilla e ci dice: “È così perché qui usano l’Avigan”. Il ragazzo è un farmacista, è sveglio, molto efficace e arriva a tutti noi. Fino ad allora non sapevano una beneamata cippa di Avigan. Ma il giovane, simpatico e bravo, ci spiega che è un farmaco antinfluenzale capace di bloccare la malattia, soprattutto se somministrato in tempo.

 

 

Il giovane presunto farmacista romano simpatico si chiama Cristiano Aresu, posta il sui video su Facebook e così tutti scoprono improvvisamente un medicinale venduto nelle farmacie nipponiche, capace di bloccare il progredire dell’infezione virale nel 91 per cento dei casi, soprattutto se somministrato ai primi sintomi della malattia: sarebbe in grado – secondo Cristiano – di far scomparire la presenza del virus in soli quattro giorni. È vero? È falso? È vero solo in parte?

Domenica scorsa Massimo Giletti sceglie di mostrare il video a Non è l’Arena e lo fa commentare da un esperto, uno che sa di cosa parla. Si tratta di epidemiologo come Fabrizio Pregliasco, che ovviamente conosce quel farmaco e spiega come stanno le cose secondo lui: “Magari Avigan fosse miracoloso. È uno dei tanti farmaci che stiamo sperimentando, in alcuni casi funziona, in altri no”. Apriti cielo: Pregliasco viene investito dal ciclone di Vittorio Sgarbi, che prima lo riempie di insulti accusandolo di non voler usare quel farmaco, e poi – gliene va dato atto – chiede scusa.

 

 

Ma la leggenda del farmaco miracoloso non si ferma, prosegue il suo cammino trionfale e fa proseliti: i governatori della Lombardia e del Veneto chiedono a gran voce che sia concessa la sperimentazione nelle loro Regioni. Le autorità sanitarie cedono: tutti gridano alla grande vittoria. Da ieri più Avigan per tutti. Tuttavia questo farmaco, prima del ciclone innescato dal video non era affatto sconosciuto ai medici. Il Favipiravil – noto anche come Avigan, Favilavir o T-705 – è un farmaco antivirale, che ha iniziato ad essere prodotto nel 2014 da una casa farmaceutica Giapponese, la Toyama Kagaku Kogyo. Questo farmaco svolge un’attività diretta contro molti virus a Rna, e in passato ha dimostrato efficacia contro virus influenzali, virus della febbre gialla, afta epizootica, Zica, rabbia ed enterovirus. Ottimo, direte voi. Certo. Ma in realtà anche documentandosi sommariamente si scoprono molte cose in più.

In Giappone, dal momento che Avigan ha dimostrato di poter essere anche potenzialmente “teratogeno” (in alcuni casi può provocare malformazioni nei feti e favorire la comparsa di tumori maligni nelle persone), non se ne è assolutamente fatto un uso libero. La sua somministrazione è prevista “solo in presenza di ceppi virali nuovi o riemergenti per i quali non esistono altri farmaci efficaci”. Nel 2014, sempre nel paese del Sol levante, l’Avigan è stato i approvato per la cura delle sole pandemie influenzali, anche se questa molecola non ha dimostrato efficacia nelle cellule primarie delle vie respiratorie umane: questo significa che nello stesso paese in cui viene prodotto è stata messa in dubbio la sua azione terapeutica universale nel trattamento dell’influenza virale. E poi c’è la Cina: a Wuhan i cinesi hanno usato Avigan, in via sperimentale, producendo un piccolo studio di controllo non randomizzato su ottanta pazienti affetti da Coronavirus in forma non grave, ovvero senza polmonite interstiziale. Fra costoro, 35 pazienti hanno avuto effetti: per loro il decorso della malattia si è ridotto di quattro giorni rispetto agli undici dei altri. Un risultato importante, dunque, ma limitato ad un parte, ed evidentemente non miracoloso.

Il video di Aresu, quindi, ci mostra una serena città giapponese, e ci induce la nostalgia immediata per i bei tempi in cui passeggiavano felici, ma oltre all’impatto emotivo, non dimostra nessuna relazione diretta con gli effetti di Avigan. Si potrebbe girare un video analogo a Carloforte, in Sardegna, o in Molise, in uno dei tanti centri dell’Italia del Sud dove non ci sono vittime e i contagi si contano sulle dita di una mano: e il rapporto causa-effetto sarebbe lo stesso. Ma noi vogliamo Avigan, molti si convincono che qualcuno ci voglia impedire di assumere Avigan, i governatori del Nord chiedono Avigan, Vittorio Feltri scrive che sperimentare Avigan in ogni caso è meglio che niente, dunque che Avigan sia.

Parlando dello studio, una parlamentare di centrodestra che di mestiere fa il medico, Melania Rizzoli, ha scritto (fra l’altro proprio su Libero): “Non è noto se in questo studio cinese vi siano state distorsioni di selezione nel reclutamento dei pazienti, sintomatici ma non in condizioni polmonari gravi. Né è stata chiarita – ha aggiunto – la relazione tra titolo virale e prognosi clinica, essendo stati resi disponibili solo dati preliminari, in versione pre-proof, ovvero non sottoposti a revisione di esperti nazionali o internazionali”. E la Rizzoli ha concluso: “L’Aifa italiana ha avviato la sperimentazione dell’ Avigan il 22 marzo scorso, sottolineando che le evidenze scientifiche a favore di questo farmaco sono basate principalmente su un singolo studio preliminare e che le potenzialità di questo farmaco sono scientificamente ancora tutte da dimostrare, la sua molecola non è stata approvata dalle principali autorità per i farmaci al mondo come la statunitense Fda e l’europea Ema, per cui la sua vendita non è autorizzata negli Stati Uniti e in Europa”.

Quindi, a tutti coloro che gridano furibondi: “Non ci vogliono dare Avigan!” perché le lobby non vogliono quel farmaco, vorrei suggerire il contrario. Forse, se siete una casa farmaceutica che vuole affermare un prodotto, adesso sapete che – invece di risultati e test – vi basta girare un video suggestivo e il gioco è fatto. Il che non significa che Aresu non sia simpatico, sveglio, libero e che magari non possa avere ragione. Ricordo solo che in questi giorni si sta sperimentando tutto, dagli antireumatici agli antivirali. Ecco perché la prudenza dell’Aifa non è un atto di criminale e burocratica indifferenza, ma un legittimo percorso di prova: è giusto testare tutto, ma non ha nessun senso gridare alla cura miracolosa senza che ci sia nessun validazione scientifica ufficiale. Ecco perché questa vicenda è un apologo: faremo così per ogni video? Per ogni farmaco? Tutti vogliamo la cura, tutti vogliamo il miracolo, ma la leggenda di Avigan deve insegnarci una cosa scomoda e tuttavia necessaria: i farmaci, purtroppo o per fortuna, non si possono scegliere guardando un video su YouTube.

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