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Povertà in aumento e crollo dell’economia: un disastro firmato dai politici neoliberisti (di P. Maddalena)

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Per l’Italia si prevede un crollo dell’economia con un aumento vertiginoso della povertà assoluta: una catastrofe che porta la firma degli ultrà del libero mercato, Mario Draghi in testa

La resa dei conti dei nostri politici neoliberisti è vicina. La Storia ha da sempre oscillato tra egoismo e solidarietà, tra istinto di sopraffazione e convivenza civile, in un solo pensiero, tra guerra e pace. Non c’è da farsi illusioni. Questa è la realtà. Nel secondo dopo guerra, a seguito delle distruzioni, delle sofferenze e delle morti subite, un anelito di pace aveva conquistato l’animo della maggioranza delle persone e Winston Churchill, all’Università di Zurigo, il 19 settembre 1946, aveva interpretato questo anelito in un famoso discorso, indicando «un rimedio sovrano», «un rimedio che consiste nella ricostruzione della famiglia dei Popoli europei», creando «una specie di Stati Uniti d’Europa».

Come è noto, si iniziò a costruire questa unione, ma un pensiero distruttivo e demoniaco, costituito dal pensiero neoliberista, si inserì subito in questo processo, introducendo in sordina, il fine neoliberista della concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi, sia che si trattasse di singoli, sia che si trattasse di Stati. Questo fine fu realizzato peraltro utilizzando la spinta libertaria degli anni Sessanta, e inducendo i media a parlare solo di libertà e non più di giustizia sociale. E fu su questa base che fu costituita l’Unione Europea, la quale, mantenendo fermo il principio del “libero mercato”, fece in modo che gli Stati economicamente più forti po- tessero impadronirsi della ricchezza e della “proprietà pubblica demaniale” degli Stati economicamente più deboli. In Italia, a tal fine, la gestione di gran parte del servizio radiotelevisivo fu affidata al piduista Silvio Berlusconi, il quale aveva ottenuto, con tre decreti legge di Craxi, confermati dalla legge Mammì e dalla legge Maccanico, la concessione, senza termine, di tre canali televisivi, presto aumentati con acquisti di altri canali. Egli ha l’indiscusso merito, o, meglio il demerito, di aver diffuso l’idea che i desideri possono essere trasformati in legge senza nessuno sforzo, e che non vale la pena di lottare per la giustizia sociale che richiede spirito di disciplina, di solidarietà e di sacrificio.

Il merito, o meglio il demerito, della dissoluzione del “patrimonio pubblico italiano” mediante le “privatizzazioni” va dato poi a Mario Draghi, il quale, il 2 giugno 1992, sul panfilo Britannia, che aveva a bordo cento delegati della City londinese, chiese un consistente aiuto politico per “privatizzare” tutta l’economia italiana, e realizzare così una profonda trasformazione socio- economica che avrebbe apportato benessere per tutti. Ora le “privatizzazioni” sono state attuate, e l’Italia non ha più un suo patrimonio in proprietà pubblica demaniale, ma solo un debito di 2.774 miliardi di euro.

Ad aggravare la situazione è intervenuta poi la guerra in Ucraina, con il blocco delle forniture di gas da parte della Russia, che ha fatto elevare il costo delle bollette del gas e della energia elettrica a cifre astronomiche. E tutto questo mentre la Germania di Scholz, evidenziando un forte egoismo tipicamente tedesco, ha deciso, autonomamente, e contro l’Europa, un riarmo da 100 miliardi di euro, la messa fuori bilancio del proprio debito e il pagamento delle bollette da parte dello Stato con uno stanziamento di 200 miliardi di euro. Per l’Italia, si prevede invece un crollo dell’economia, con un aumento vertiginoso della povertà assoluta. Ed è indubbio, adesso, che il conto del disastro non può che essere presentato ai politici neoliberisti, Draghi in testa.

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