Non sarà l’applausometro a dare un giudizio sul governo Conte (di S. Mentana)
Come sarà ricordato Giuseppe Conte come Presidente del Consiglio e come sarà ricordata la sua gestione dell’emergenza coronavirus sono risposte che ci dirà la storia, e non l’applausometro. Lascia spaesati vedere fior di commentatori mettersi a spaccare il capello in quattro e fare analisi degne della moviola in cui cercano di esaminare l’intensità del consueto applauso tributato dal personale di Palazzo Chigi al premier che lascia l’incarico al suo successore.
Eppure Conte, come tutti i suoi predecessori e chiunque verrà dopo di lui, è un essere umano. Come tutti ha commesso errori e fatto scelte giuste. Diversamente dalla maggior parte dei suoi predecessori, tuttavia, si è trovato ad affrontare un momento quanto mai imprevisto e cruciale della storia del nostro Paese, momento che ancora oggi non è stato superato, e sul quale proprio per questo è presto per tirare le somme in maniera definitiva. Di fronte all’imprevedibile gli errori possono, purtroppo, capitare. Anche a un costo devastante. Solo quando tutto questo sarà finito potremo dire chi ne ha commessi e chi ha fatto le scelte giuste.
Non sarà una moviola sull’applausometro a dirci se Conte è stato un bravo premier o meno. Sicuramente è un uomo che si è trovato a fronteggiare qualcosa che non avrebbe mai immaginato di fronteggiare, qualcosa che ha dovuto prendere in mano e che ha contribuito a creare un legame particolare con gli italiani e sicuramente anche con chi ha avuto al suo fianco in questa esperienza. Solo col tempo capiremo se questo è avvenuto per l’emotività del momento o per l’efficacia delle misure prese.
Oggi Giuseppe Conte è una delle figure più apprezzate d’Italia, e al di là delle indiscrezioni che trapelano su candidature varie si appresta, per la prima volta da quando l’opinione pubblica l’ha scoperto, a non essere premier. Anche questo sarà un inedito, anche qui capiremo quanto la sua popolarità fosse legata al suo ruolo istituzionale e come sarà in grado di muoversi nella sua nuova posizione.
Il governo giallo-rosso ha sancito per Conte una leadership in pectore di una probabile alleanza politica tra Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle, e molti nella politica e tra i commentatori vedono nel fu avvocato del popolo non solo una brillante figura politica, ma un vero investimento politico per il futuro. Probabilmente è anche per questo che Renzi si è mosso per metterlo all’angolo, perché proprio Renzi sa bene quanto non essere più a Palazzo Chigi possa pesare sulla propria popolarità.
Forse queste analisi dell’applausometro rappresentano più o meno consciamente il timore che il neonato clima di unità nazionale intorno al nuovo governo Draghi metta all’angolo la figura di Conte, la lasci sfumare nel tempo mentre trascorso lontano da Palazzo Chigi, come è successo con Renzi prima e con Salvini poi, dopo che fu costretto a lasciare il Viminale. Per Conte, prima del 2018 misconosciuto all’opinione pubblica, dover salutare l’unico ruolo in cui gli italiani lo hanno visto rappresenta un salto nel buio, e i salti nel buio, come è normale che sia, fanno paura. A lui come a chi su di lui ha fatto un investimento.
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