Falso in bilancio, pizzini, aggiotaggio: il caso Juventus scuote (ancora) il modello Elkann
Il presidente di Exor, già alle prese con le guerre in famiglia, è irritato. Ha in cassa 6 miliardi da spendere, ma forse venderà Repubblica
L’inchiesta giudiziaria che ha travolto la Juventus può essere raccontata e analizzata come uno dei tanti scandali che ripetutamente investono il mondo del calcio, dove la trasparenza dei conti e la correttezza dei bilanci sono obiettivi dichiarati e mai raggiunti.
Si può sorridere amaramente davanti alle intercettazioni di manager e consulenti, all’invenzione di neologismi (come «supercazzolare» la Consob), alla sfrontatezza degli amministratori che, con la complicità di club compiacenti, creano plusvalenze per circa 170 milioni di euro in tre anni per mettere artificialmente in equilibrio il bilancio.
Magari i più ingenui si possono scandalizzare per la nota ufficiale con la quale Andrea Agnelli, presidente dimissionario della Juventus quotata in Borsa, annunciava l’accordo con i suoi calciatori per la rinuncia a quattro mensilità di retribuzione. Non era vero. Il reato si chiama aggiotaggio: si alterano i prezzi di Borsa fornendo notizie false. E magari qualcuno ci guadagna.
Alzando lo sguardo dai campi di calcio e dai “pizzini” di Ronaldo, però, si può prendere il caso Juventus come una vicenda più rilevante, che coinvolge Exor, holding finanziaria e industriale con sede in Olanda per pagare meno tasse, che vede protagonisti gli eredi Agnelli e apre un altro squarcio poco edificante, tra un falso in bilancio e un ostacolo alla vigilanza.
È comprensibile che John Elkann, guida della famiglia, sia irritato con il cugino Andrea Agnelli e lo abbia spinto alle dimissioni. Elkann deve già fronteggiare in Tribunale mamma Margherita, che ha fatto causa ai figli, accusandoli di aver commesso qualche scorrettezza nella divisione del patrimonio.
Inoltre in quel che resta delle province italiane, oltre la Juventus ci sono i giornali Gedi (Repubblica, la Stampa, Il Secolo XIX), emergono questioni fastidiose, scandali e bilanci in rosso. Oggi le due partecipazioni calcistiche ed editoriali valgono un’inezia, si sono svalutate enormemente: Juventus e Gedi non producono utili.
Cancellato il consiglio di amministrazione della Juventus, come gesto di distensione verso la Procura di Torino che si apprestava a prendere misure cautelari per evitare la reiterazione dei reati, è arrivato come direttore generale Maurizio Scanavino, amministratore delegato di Gedi, che quindi si occuperà di calcio e giornali (settore in cui, peraltro, non ha prodotto finora risultati apprezzabili).
L’inchiesta giudiziaria è un brutto risveglio per gli eredi Agnelli. Certo non è così grave e devastante come altre inchieste del passato, come certi fondi fuori bilancio, come quando Cesare Romiti portò alla Procura di Milano l’elenco dei manager del gruppo disposti ad ammettere il pagamento di tangenti, come quando la magistratura cercò di capire come mai gli Agnelli restavano primi azionisti della Fiat dopo l’esercizio del famoso prestito “convertendo”. Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens, fidati consiglieri dell’Avvocato, avevano fatto una magia.
L’indagine sulla Juventus produce schizzi che deturpano l’immagine e turbano il lavoro di Elkann il quale, tuttavia, da questo incidente trae anche la forza per emarginare il cugino Andrea e rintuzzare le sue ambizioni per il vertice della Ferrari o per un ruolo di maggior responsabilità in Exor.
Questa holding è il centro della galassia Agnelli, con un portafoglio di partecipazioni di circa 33 miliardi di euro e 6,5 miliardi in cassa da investire in acquisizioni. Stellantis, Ferrari, Cnh sono le maggiori partecipazioni industriali, poi c’è l’editoria con Gedi e The Economist, le scarpe Louboutin, la sanità con Lifenet e Institut Mèrieux. La cura della salute, il lusso e il tech sono i settori dove Exor investirà nei prossimi anni e con le munizioni disponibili potrebbe conquistare qualche nome prestigioso della moda.
Ora, però, bisogna affrontare i mari procellosi dei conti bianconeri, mentre non ci sarebbe da stupirsi se Exor, dopo l’Espresso, vendesse anche la Repubblica al gruppo Iervolino. Sarebbe un altro sfregio sulla storia del gruppo editoriale di Carlo Caracciolo ed Eugenio Scalfari. Ma ormai non ci fa più caso nessuno.
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