Viva il tutù, viva la tunica di Gucci e viva il pacco in evidenza: Achille Lauro è la regina di Sanremo
Doveva essere la notte di Diletta. La notte che avrebbe dovuto consacrare la sempre chiacchierata giornalista sportiva nel ruolo, in verità ormai consolidato, di sex symbol nazional popolare.
La brava Diletta aveva preparato tutto: dall’intricato conteggio dei gradini, passando per l’inaspettatissima scenetta dell’intervista a bordo campo con Ama-per me è la cipolla-Deus, fino ad arrivare al grandioso monologo su come la vera bellezza vada ben oltre le rughe del viso.
Il tutto con tanto di nonnina in prima fila che, probabilmente ricordando il numero di interventi chirurgici della nipote, ha scelto di dichiararsi più neutrale della Svizzera assumendo per tutta la serata la stessa espressività di Andreotti ospite dalla Perego.
E invece no, la prima notte della 70esima edizione del Festival ha una sola luminosissima dea: Achille Lauro.
Lauro, che in quanto a trasformismo sembra l’erede, più che di Jim Morrison, di Arturo Brachetti, ha deciso di indossare una nuova maschera.
Smessi i panni del trapper di periferia che lo avevano consacrato al pubblico urban con “Ragazzi Madre” (la sua prima meravigliosa fatica discografica), e abbandonata l’iconografia glam-rock che lo aveva reso noto alle casalinghe di tutta Italia lo scorso Festival, Achille Lauro ha deciso di dare alla propria carriera una svolta mistica.
Amadeus e Rula Jebreal non hanno fatto in tempo ad annunciarlo che abbiamo tutti pensato di esserci per sbaglio seduti sul telecomando e di essere finiti davanti a una puntata di The New Pope.
Vestito di velluto nero con inserti in oro, taglio di capelli a scodella da raver consumato dall’MD e piedi scalzi: Achille Lauro Papa, Jude Law al massimo chierichetto.
Dai profili social dell’artista apprendiamo che si tratterebbe di una citazione di un dipinto di Giotto raffigurante San Francesco nella Basilica Superiore di Assisi, lasciando così delusi tutti quelli che speravano che Silas del Codice da Vinci si fosse dato alla musica e che il brano culminasse con un assolo di cilicio. Peccato.
Giusto il tempo di cominciare la canzone e via: con un cambio d’abito degno della migliore Beyoncé, Achille Lauro ha gettato la tunica mostrandosi davanti al pubblico dell’Ariston vestito dei soli tatuaggi e di una tutina d’oro trasparente che lasciava davvero pochissimo spazio all’immaginazione. Ancora atteso il referto medico della nonna della Leotta.
Leggiamo dal profilo Instagram del cantante: “Il momento più rivoluzionario della sua storia in cui il Santo si è spogliato dei propri abiti e di ogni bene materiale per votare la sua vita alla religione e alla solidarietà”.
Ora, non ricordo San Francesco vestito Gucci dalla calza alla mutanda, ma è altresì probabile che i canoni del misticismo si siano ormai adattati coi tempi e che saremo costretti a guadagnarci un posto in paradiso a colpi di post sponsorizzati in Purgatorio. Lauro è sempre un passo avanti.
Indescrivibile anche la disperazione degli organizzatori del SuperBowl per non aver pensato al buon Achille come perfetta terza queen al fianco di J.Lo e Shakira.
Povera Diletta. Doveva essere la sera in cui tutta Italia si sarebbe dovuta concentrare sulla sua scollatura, e siamo finiti a parlare del pacco di Achille Lauro e di come, nonostante tutto, la tutina d’oro perlinata fosse comunque più sobria della giacca di carta abrasiva indossata da Amadeus per tutta la serata.
E la canzone? Non sono sicuro di averla capita. Anzi, non sono nemmeno sicuro di averla ascoltata. Poco importa.
In un Festival che pensa che nel 2020 ospitare Albano e Romina sia una buona idea, che si possa applaudire festanti al massacro di “Nel Blu dipinto di blu” e che si possa accettare una giuria demoscopica con gusti meno al passo coi tempi di Bonifacio VIII, sento il dovere morale di applaudire a prescindere qualsiasi cosa Achille Lauro scelga di fare su quel palco.
Viva il tutù, viva la tunica di Gucci e viva il pacco in evidenza. Forse la frase che mai avrei pensato di pronunciare in vita mia.
Bravo Achille, sei tu la regina indiscussa di questo Festival.