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Achille Lauro dice che il suo prossimo album cambierà la musica italiana. Tranquilli: lo pensa solo lui

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Achille Lauro dixit: “Ho firmato il più importante contratto discografico degli ultimi 10 anni. Dormivo su un materasso per terra, adesso scelgo in quale stanza passare la notte e con chi. Sto lavorando a 2 album. Con il primo ci divertiremo, con il successivo cambieremo la musica italiana”.

Lo dico per Achille Lauro stesso, e per quelli che si entusiasmano per le sue esternazioni, dixit non è una griffe di Gucci, né il nome del produttore che ha preso il posto di Boss Dom. Google vi potrebbe aiutare. Proviamo a prendere queste parole non come il testo scritto di una gag, mettiamo momentaneamente da parte bias cognitivi e analfabetismi funzionali. Partiamo da un fatto di attualità.

La Lega ha presentato un disegno di legge che vuole vietare l’accesso ai siti porno. Qualcosa che, per essere brevi, pretenderebbe una richiesta esplicita ai propri operatori telefonici, “potete abilitare i miei device al porno, grazie?”. Il disegno di legge parte, dicono sempre i tipi della Lega, dal fatto che i giovani sono traviati dal porno, il che detto da gente che fino a ieri beveva l’acqua del Po indossando elmi da vichingo e che ha Matteo Salvini come massimo rappresentante, rasenta quella forma di paradosso che tanto ci piaceva in bocca a Douglas Adams. Non che il concetto sia sbagliato, intendiamoci, prendere alla lettera il porno non può che creare confusione, non credo serva neanche elencare come e perché, dalla violenza e sottomissione di certi tipi di rapporto a una atleticità non presente in natura, passando per uno storytelling piuttosto sbrigativo e inverosimile, tipo che uno potrebbe essere portato a pensare che a consegnare pizze si finisca sempre in mezzo a gang bang con ragazze formose che non vogliono altro che un Bukkake.

Chiaramente, non è questa la sede per occuparci di discorsi così alti, l’idea che la soluzione a un problema sia nasconderle sotto il tappeto dimostra solo la statura dei propositori, non credo serva citare il tipo di carica promozionale che l’etichetta “parental Advisory Explicit lyrics” voluta da Tipper Gore ha avuto sul gangsta rap, roba che a volerla pianificare ci avrebbero messo anni e speso milioni di euro.

Una cosa però va detta, non fosse altro perché questo non è un pezzo sul porno ma su Achille Lauro, che è riconducibile al porno solo se ci si vuole lasciare andare a giudizi lapidari come “che mezzasega”, cioè che la più grande menzogna che il porno ha messo in circolazione è che gli uomini siano soliti avere peni di venticinque centimetri.

Un fatto concreto, l’avere o meno 25 cm, che pure la finzione dell’industria pornografica non può aggirare con effetti speciali o quelle inquadrature studiate bene che sicuramente, comunque, aiutano. Come dire, se sei nella media, e la media è decisamente su altre dimensioni, il porno non fa per te. Neanche quello fatto in casa che da anni è una delle parti più rilevanti, economicamente, di quel mercato.

Perché non è che basta dire, ho trenta centimetri per avere trenta centimetri, ahinoi, ben sappiamo che non funziona così.
Certo, traslando, esistono anche casi illustri di personaggi che, in altri campi, sono riusciti a farci credere di essere qualcosa di diverso da ciò che erano, ovviamente, qualcosa di più di ciò che erano. Pensate a quel calciatore di cui avrete sicuramente letto una notiziola nel colonnino di destra di giornali come Repubblica o Corriere, quello che pur non sapendo giocare e non avendo mai giocato è riuscito a farsi ingaggiare negli ultimi venti anni da non so quanti club in giro per il mondo, ogni volta mettendo in mezzo infortuni e altre amenità tra se stesso e l’esordio con la maglia del club che lo aveva tesserato. O tutti abbiamo presente vicende come quelle di Oscar Giannino o, più recentemente, Imen Jane, l’influencer economica senza laurea. Volendo restare nel campo genitale, poi, a tutti sarà capitato di leggere, almeno una volta nella vita, di quel tipo che per anni si è finto ginecologo, visitando non so quante migliaia di pazienti prima di essere smascherato. Ripeto, in certi settori, quasi tutti, non basta dirsi qualcosa da soli perché questo diventi realtà.

La musica sembrerebbe essere un campo nel quale questa regola non vige, se in passato è bastato appoggiarsi un cappotto sulle spalle per passare dal ruolo di cantante a “maestro” a uno come Minghi, per dire, significa che le maglie del controllo sono decisamente più larghe. Qualcuno, quindi, veniamo a noi, ha deciso che Achille Lauro, uno che fino a qualche anno fa era più che altro noto per essere il rapper che, in un locale dell’ascolano, aveva mandato a fanculo un fan usando l’autotune, col video divenuto giustamente virale, un video comico che sicuramente non faceva di lui un personaggio cool, qualcuno ha quindi deciso che Achille Lauro fosse credibile, the next Big thing. Lo abbiamo visto col suo ex socio Boss Dom a Pechino Express, lo abbiamo seguito nei suoi passaggi sanremesi, lo abbiamo sentito devastare Tenco al premio che al cantautore genovese è dedicato, lo abbiamo visto farsi i selfie con Mara Venier, insomma, di colpo sembrava essere diventato mainstream, al pari di una Annalisa o di un qualsiasi cantante pop.

Poi c’è stato l’ultimo Sanremo, quello con le messe in scena pensate per lui da Alessandro della Gucci, quello cancellato dalle “brutte intenzioni e la maleducazione” canticchiate con nonchalance da Morgan, spazzato via tutto in tre minuti. La carrozza di Cenerentola che ridiventa una zucca.

Il tempo di rientrare dalla riviera, analizzare la debacle che ecco quello che, nel boschetto della fantasia di Achille Lauro e la sua Crew, doveva essere il colpo dei colpi, la notizia del contratto firmato con la Warner, la direzione artistica del prestigioso marchio Elektra, la polemica con la Sony, l’ipotesi di un cambio di nome, come a suo tempo Prince. Tutto molto bello, non fosse che è arrivata la pandemia e ovviamente da un secondo al secondo dopo nessuno si è più cagato Achille Lauro. Non poteva che andare così, sorte capitata a tutti questi personaggetti vacui e senza profondità, come i trapper. Con tutti chiusi in casa, senza effetti speciali e con molta più attenzione al sodo, questi i fatti, l’essere di cartone ha presentato il conto. Ha un bel dire Vanity Fair, nel presentare il suo live in streaming dei prossimi giorni, che Achille Lauro è uno dei grandi della musica italiana, questi ultimi mesi ce lo hanno fatto giustamente dimenticare, perché se basi tutto sul trucco e le paillettes, il fatto che la routine per gli altri diventi stare in casa a fare il pane e a cantare L’italiano di Totò Cutugno dal balcone ti rende piuttosto obsoleto.

La finzione è venuta meno, lasciando posto alla cronaca, e la cronaca ci ha detto che quello che voleva essere uno dei casi dell’anno, il passaggio alla Warner di Achille Lauro, la sua separazione da Boss Dom, il ruolo di dottore artistico della Elektra (della divisione italiana della Elektra, per intendersi, che è come dire che uno è il miglior cestista della NBA perché anche in Italia si è deciso di dare quel nome a uno dei campionati di basket, un campionato senza storia, ancora), è stato spazzato via dalla realtà.

Solo che di questo non è stato avvisato proprio Achille Lauro, che infatti se ne esce con un post che, parola più parola meno, ci dice che ha un trenta centimetri, il tutto mentre, nudo, ci mostra un normalissimo attributo. La musica italiana non corre sicuramente il rischio che a cambiarla arrivi un suo nuovo lavoro, e Dio solo sa quanto avrebbe bisogno di cambiamenti e di nuovo sangue. La prossima volta, però, che sentite un qualsiasi artista lamentarsi della scarsa considerazione che il governo e più in generale gli italiani hanno del loro lavoro pensate a questo post e sbatteteglielo in faccia, metaforico Bukkake, finché ci sono in giro personaggi come questo cara grazia che si parli di artisti come gente che ci fa divertire e appassionare, e non direttamente come di simpatici pagliacci.

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