La protesta dei veneziani contro i troppi turisti
La manifestazione pacifica dei ragazzi di “Generazione ‘90”: mille residenti e un gesto della quotidianità contro il rischio di una città-museo disegnata solo per turisti
Uno spopolamento demografico progressivo che procede a ritmi di un migliaio di residenti del centro storico in meno all’anno, con un calo che registra dati quali 174.808 abitanti nella Venezia insulare nel 1951, 76.664 nel 1991, e 55.075 nell’agosto di quest’anno.
E ancora, un volume di turisti calcolato intorno ai 30 milioni di unità nei dodici mesi, quando le valutazioni degli esperti a livello infrastrutturale considerano il tetto di tolleranza sui 10 milioni. Un’età media che sfiora i cinquant’anni, i prezzi di vendita delle abitazioni proibitivi e la puntuale destinazione degli immobili ad appartamenti ad affitto settimanale per visitatori stranieri. Venezia è diventata questo.
E poi di nuovo, la questione Grandi Navi, la cessione del verde pubblico alle strutture alberghiere, un sindaco Brugnaro che di fronte al ministro dei Beni Culturali Franceschini sostiene apertamente che “il futuro del Comune non è Venezia, è Mestre dove c’è la gente che vive” e la spada di Damocle della valutazione dell’Unesco del 1 febbraio sulla città lagunare che potrebbe, in mancanza di visibili segnali di ripresa, cancellarla dal Patrimonio dell’umanità e inserirla nella lista dei siti monumentali a rischio.
Tutte queste tematiche e altre ancora albergavano nei cuori – e nei piedi – dei mille cittadini residenti che alle 11 di sabato 10 settembre si sono trovati riuniti nel tanto significativo quanto bizzarro corteo organizzato dal gruppo di giovani della realtà associativa Generazione ‘90: dietro ad un unico striscione su cui campava la dicitura R-ESISTENTI, nessuna pomposa bandiera sullo stile de “La libertà che guida il popolo” di Delacroix, ma centinaia di carrelli della spesa a svettare sopra la testa dei partecipanti, simbolo estremamente concreto di un consapevole e ferreo desiderio di normalità per il centro storico di Venezia.
Una marcia ben gestita chiamata Ocio ae gambe, che go el careo, ordinata nel suo snodarsi tra calli, ponti e campi per un tragitto di circa 2 km affrontati con calma, senza alcun riferimento politico. Semplicemente un migliaio di veneziani uniti nel compiere un gesto quotidiano e fondamentale: andare a fare la spesa al mercato.
In una città che i residenti sentono essere sempre più modellata dalle istituzioni sulle misure dei turisti, un’azione come recarsi ad acquistare pesce fresco e verdura di stagione assume connotati quasi rivoluzionari: sottolineare come il centro storico sia stato negli ultimi vent’anni mal gestito dalla classe dirigente che via via si è passata il testimone ed evidenziare l’esistenza di una reale e animosa comunità cittadina dotata di un giro economico interno.
“Abbiamo vissuto l’esperienza di oggi come un grande successo. L’obiettivo di Ocio ae gambe, che go el careo era portare la gente che abita e vive in centro storico giù in strada, per mostrare come i residenti esistano ancora ed esistano veramente – ha spiegato Gianpietro Gagliardi, coordinatore di Generazione ‘90 – arrivati in zona Rialto abbiamo distribuito ai partecipanti che desiderassero esprimere il loro pensiero un volantino su cui segnare i loro personali suggerimenti per migliorare il futuro di Venezia. Annunciamo già da ora che ci saranno molte altre iniziative nei mesi che verranno”.
Una mattinata che ha visto, come ulteriore riprova della sua buona riuscita, la partecipazione di diverse altre associazioni veneziane come Gruppo XXV aprile e Venessia.com, ben evidenziate anche a livello visivo dalle t-shirt incitanti all’amore per Venezia, così come di una folta schiera di persone non riconducibili ad alcun gruppo specifico, fatto che impreziosisce l’evento mostrando come il messaggio sia riuscito a superare abbondantemente il perimetro delle realtà associative.
“Proprio ieri mio marito è stato insultato da un passante perché in una calle stretta girava con questo carrello dopo esser andato a fare la spesa, ed evidentemente è stato percepito come un intralcio. Ah, ma io sono stufa e non ho problemi a dirlo. Ben venga ogni manifestazione in cui si possa esprimere il proprio dissenso a tutti coloro che amministrano la città, perché così non si può continuare”, ha commentato a caldo la signora Alberta, carrello alla mano, mentre cercava un po’ di refrigerio sotto il porticato del Campo dell’Erbaria, ai piedi del Ponte di Rialto.
*A cura di Marco Flavio Lapiccirella