La voce delle comunità musulmane in Italia: “I migranti non sono terroristi, Trump alimenta l’odio”
In un'intervista a TPI l'imam della moschea romana di Centocelle lancia un appello alla tolleranza e invita i media a non manipolare le informazioni sul mondo islamico
Il 29 gennaio un cittadino francocanadese di 27 anni ha fatto irruzione in una moschea di Quebec City durante la preghiera serale: l’uomo ha aperto il fuoco sui fedeli uccidendo sei persone e ferendone diciannove.
Circa un’ora dopo, Alexandre Bissonnette – questo il nome dell’attentatore – si è consegnato alle autorità canadesi. Alexandre è uno studente di scienze politiche e antropologia presso la Laval University, il cui campus si trova a pochi chilometri dalla moschea. Noto per le sue simpatie per l’estrema destra e per le sue idee anti immigrazione, Bissonnette era conosciuto nell’ambiente universitario anche per essere un sostenitore e ammiratore di Donald Trump, nonché un fautore della supremazia bianca.
L’attacco terroristico contro la comunità musulmana è arrivato dopo le esternazioni del primo ministro canadese Justin Trudeau, il quale aveva espresso la volontà del paese di accogliere nuovi profughi, ponendosi, in questo modo, in piena contrapposizione al bando emanato dall’amministrazione Trump che vieta l’ingresso negli Stati Uniti ai cittadini di sette paesi (Siria, Libia, Iran, Iraq, Somalia, Sudan, Yemen).
Ventiquattrore prima dell’attacco in Quebec, in Texas un incendio di natura dolosa ha devasto il Victoria Islam Centre. Due attentati in due giorni che hanno scatenato non poche preoccupazioni all’interno del mondo islamico, oggi al centro di dibattiti e controversie che si svolgono a suon di tribune televisive, dichiarazioni tramite social media e petizioni on line per sostenere questa o quella posizione politica.
Anche Ben Mohamed Mohamed, imam e presidente dell’associazione culturale islamica “Al Huda” di Centocelle ha voluto lanciare, tramite un’intervista a TPI, il proprio appello per evitare che questi episodi alimentino un clima di odio e di islamofobia.
La moschea di Centocelle è la più attiva a Roma in termini di iniziative e relazioni con le altre comunità: nata nel 1994, negli anni è divenuta sia un centro dedito alla preghiera sia un polo di aggregazione culturale, nonché quella che meglio di altre può fungere da termometro dell’attuale clima in Italia.
“Gli ultimi attentati sono il frutto avvelenato di una islamofobia di stato, ovvero di leggi e provvedimenti istituzionali esplicitamente rivolti contro le comunità musulmane. Simili provvedimenti legittimano nell’opinione pubblica meno preparata un sentimento che fa delle comunità musulmane il capro espiatorie delle forme più diffuse di disagio sociale”, spiega l’imam.
Fa riferimento alle misure adottate dal nuovo governo Trump immagino…
Dall’attentato del 2001 alle torri gemelle negli Stati Uniti, ci troviamo in una nuova fase storica che vede l’Islam sempre e direttamente collegato al terrorismo. I provvedimenti di Trump e le dichiarazioni diffuse oggi e in campagne elettorale non fanno che alimentare un clima di odio e di paura. C’è chi diffonde l’idea che l’islam sia una religione violenta e che quindi la violenza sia per i musulmani una cosa normale. I politici e i mass media sono responsabili di questa pericolosa disinformazione. Se Trump bandisce sette nazionalità dal territorio americano sostenendo che le stesse solo pericolose per gli americani, avviene una automatica semplificazione delle cose e dei fatti che le persone più semplici prendono per verità assolute.
Secondo Lei quanto funzionano le misure adottate da Trump?
Per niente. Sappiamo bene che i veri terroristi, nella maggior parte dei casi, sono già presenti sul territorio e che vengono reclutati tramite web. Certamente non chiedono il permesso per entrare in America. Non è il modo giusto di affrontare il problema: bisogna rafforzare la coesione sociale, la giustizia, non favorire questo linguaggio islamofobo e razzista che invece fertilizza il terreno per altri atti terroristici.
Il pericolo riguarda i rifugiati in cerca di asilo?
Gli immigrati non vivono una condizione felice, soprattutto dopo la crisi economica del 2008. Ma da qui a credere che le cellule terroristiche si annidino nei flussi migratori è falso. Le statistiche finora pubblicate lo confermano. L’equazione diretta immigrazione – terrorismo è sbagliata e non funziona. Bisognerebbe aver maggiore fiducia nell’operato dei servizi segreti.
Il problema, secondo lei, è politico, non religioso …
La religione non c’entra. Sono delle guerre politiche, bisogna insistere su questo. Il problema, insisto, è che politici e mass media continuano a dire esattamente l’opposto.
In che senso?
La nostra moschea esiste dal 1994 e da anni ci viene detto che non ci siamo mai schierati apertamente contro il terrorismo. Chiaramente non si è voluto farlo: abbiamo sempre detto che la comunità islamica è pronta a contribuire nello sforzo di combattere il terrorismo e il pericoloso estremismo. Stiamo facendo tutto il possibile per diffondere la cultura del dialogo e dalla giustizia e siamo sempre stati aperti a tutti coloro volessero ascoltare i nostri discorsi, le lezioni che si tengono in moschea. I terroristi sono nemici dell’islam, lo urliamo a chiara voce, ma non da oggi. Quanti anni sono che lo gridiamo? Non ci stiamo rendendo conto che in questo modo stiamo rendendo un vero favore all’Isis.
Perché dice questo?
Questo tipo di emarginazione e ghettizzazione, unite alle esternazioni di Trump, non fanno che aiutare i movimenti terroristici che reclutano gli elementi più deboli e meno attrezzati intellettualmente. Come dire, “ecco, vedete gli occidentali, ci odiano e sono contro l’Islam”.
Come si fa ad avvicinare le persone, a distendere il clima? Si ha molta paura di quello che non si conosce…
Bisogna lavorare di più per far conoscere le culture. È quello che stiamo cercando di fare, la maggior parte delle moschee a Roma e in Italia lavorano per mandare un messaggio di dialogo, di apertura. Ci sono tanti altri soggetti che fanno la stessa cosa, non solo le moschee, anche tante associazioni. In questa moschea da anni ospitiamo diverse scolaresche che vengono a imparare qualcosa sulla nostra cultura, ma i rapporti sono stretti anche con il mondo cristiano. In diverse occasioni ci siamo uniti per pregare insieme. Ma quando poi alcuni politici ed esponenti della cultura dicono certe frasi in tv, sui social media o alla radio, tutto il lavoro fatto si distrugge.
Capita spesso che i messaggi vengano manipolati?
Accade di frequente, sopratutto su alcune reti e su alcuni giornali. Io stesso consiglio ai rappresentati dell’Islam di non partecipare più ad alcune trasmissioni, poiché qualunque cosa viene detta, quello che passa non è un messaggio sereno o giusto. Esistono però tanti altri canali, testate e trasmissioni cui poter prendere parte senza pericoli. Sono convinto di quello che stiamo facendo, degli obiettivi di pace sociale che ci siamo prefissati.
Quali sono state le reazioni nel mondo religioso dopo il susseguirsi degli ultimi attentati?
Devo dire di aver ricevuto moltissimi segni di solidarietà. Ad esempio il rappresentante di Religions for peace mi ha inviato un lungo messaggio di cui riporto la conclusione: “esortiamo i grandi leader mondiali, i responsabili della associazioni civili, dei media, nonché i comuni cittadini a riflettere adeguatamente sulle conseguenze dell’uso di parole segnate dal disprezzo intolleranza e odio che possono arrivare a trasformarsi, indipendentemente dalle intenzioni, in incitazioni ad uccidere, soprattutto quando sono recepite da soggetti fragili e spaventati”. Messaggio che condivido in pieno.
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