Essere un cittadino italiano è inutile se devi comprare i tuoi diritti
Il caso della morte di dj Fabo, costretto ad andare in Svizzera per il suicidio assistito, apre a nuove domande sul valore della cittadinanza italiana
Cosa si intende oggi con il termine cittadinanza? Possiamo considerarci cittadini di uno Stato che ci obbliga a emigrare per poter vedere garantiti i nostri diritti fondamentali?
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La vicenda di dj Fabo rinnova l’urgenza di rispondere a questi interrogativi, in quanto punta dell’iceberg di un fenomeno ormai molto diffuso che prende il nome di “shopping dei diritti”.
Il concetto di cittadinanza è equiparabile a un contenitore vuoto, da riempire con i diritti e i doveri che la società garantisce e impone. Concetto che può essere forte, se forti sono i suoi contenuti, ma anche estremamente debole, se piegato all’economia, all’uso schizofrenico della tecnologia o alla mancanza di democrazia.
In presenza di simili fattori qual è il ruolo dello Stato?
L’intervento del Parlamento è oggi richiesto a gran voce nel campo della bioetica, dove la necessità di un intervento legislativo, con un contestuale riconoscimento dei nuovi diritti, è divenuto sempre più indispensabile con l’avvento delle nuove tecnologie.
Nascere, vivere e morire, da sempre momenti governati soltanto da leggi naturali, e quindi non bisognosi dell’intervento del diritto o della politica, sono divenuti per effetto dell’innovazione scientifica e tecnologica oggetto di libera scelta da parte dell’individuo in quell’opera di costruzione della propria personalità, che dovrebbe essere garantita e supportata dallo Stato.
Il momento della morte può diventare governabile attraverso la tecnologia, e il nostro legislatore, affinché sia un buon legislatore, deve necessariamente prendere contezza di tale cambiamento, regolando e non esclusivamente proibendo le scelte dell’individuo.
Intanto, questo vuoto normativo è tragicamente riempito da vicende come quella di dj Fabo. Il fenomeno dello shopping dei diritti consente ai cittadini che vogliono ottenere un diritto o ricevere maggiori tutele di spostarsi verso altri paesi così da riempire la nozione di cittadinanza di nuovi contenuti, nel tentativo di compiere quel processo di determinazione della propria personalità che il paese natio impedisce loro. Questa è la stessa storia di dj Fabo, costretto ad emigrare in un altro paese e a sostenere ingenti spese per poter usufruire del suicidio assistito.
Ecco riemergere una cittadinanza censitaria, dove l’individuo da persona diviene consumatore e il dio denaro elemento costitutivo: avrai tanti diritti quanti ne potrai comprare. Con quali conseguenze?
Il costo dei trattamenti sta indirizzando flussi migratori di turismo dei diritti verso paesi in cui i costi sono più economici, ma con garanzie minori per la salute delle persone. Uno scambio perverso tra costo dei trattamenti e diritti fondamentali che non dovrebbero essere oggetto di compravendita.
Urge un intervento del legislatore nazionale, che dovrà prendere coscienza del fatto che le politiche proibizionistiche perseguite e le conseguenti leggi adottate sono state assolutamente fallimentari. Politiche che hanno svilito quell’idea di cittadinanza che permette al soggetto di governare liberamente la propria sfera personale e che hanno indotto i cittadini italiani più abbienti ad emigrare, per potere usufruire di diritti formalmente negati nel nostro paese.
Se ogni anno cinquanta persone si recano in altri paesi per poter beneficiare del suicidio assistito e un quarto degli interventi di procreazione assistita avviene fuori dall’Italia, vuol dire che ci troviamo davanti ad un legislatore ormai socialmente delegittimato che deve prendere atto che le sue leggi non sono più riconosciute come vincolanti dai suoi cittadini e quindi debbono essere modificate.
La ricostruzione del concetto di cittadinanza dovrebbe quindi passare attraverso la rimozione degli ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini.
Creiamo le condizioni per avere una cittadinanza italiana che non sia un contenitore vuoto. Ripartiamo dall’applicazione dell’art. 3 della nostra Costituzione che spesso, prima di essere riformata, dovrebbe essere semplicemente attuata.
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