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Home » News

“Non voglio figli e mi sterilizzo”: i giovani italiani del movimento Childfree

Immagine di copertina
Loly, 26 anni, amministratrice di un gruppo Facebook Childfree. Si è già sottoposta all’intervento di sterilizzazione volontaria, la salpingectomia bilaterale

Nato negli Stati Uniti, il movimento si sta diffondendo in Italia, soprattutto tra le ragazze e i ragazzi sotto i 30 anni: ecco le loro storie

“Niente figli. Né ora né mai”. È lo slogan del movimento Childfree, letteralmente “liberi dai bambini”: un vero e proprio stile di vita che si sta diffondendo in Italia perlopiù tra i giovani sotto i 30 anni.

Alcuni, decidono persino di sottoporsi a interventi di sterilizzazione volontaria irreversibili, come atto di libertà. “Mi sto liberando di qualcosa che non voglio”, spiega Loly, 26 anni, modella, prima di entrare in sala operatoria. “Mi sento donna ma non madre” (qui il diario di due ragazze che hanno scelto la sterilizzazione volontaria).

Se dovessi cambiare idea? “È impossibile, childfree si nasce, poi ne prendi coscienza”, spiega. “Un po’ come succede ai gay”.

Il movimento, nato in America per rivendicare il diritto alla scelta di un progetto di vita che esclude categoricamente la possibilità di diventare genitori, è un fenomeno sociale che nel 2013 ha conquistato la copertina del Time.

Il settimanale d’informazione statunitense ha riassunto il senso del nuovo fenomeno sociale in una frase: “When having all means not having children”, quando avere tutto significa non avere bambini.

In Italia il movimento Childfree nasce su Facebook

In Italia questa comunità vive sui social network, primo fra tutti Facebook. È qui che sono nati gruppi chiusi, community, pagine pubbliche in grado di tirare fuori dall’isolamento e di mettere in connessione chi si è sentito per molto tempo “strano”o “diverso”.

“Come fai a essere femmina senza desiderare il pancione?”: è la domanda che Erika, pet sitter, confessa di ricevere spesso: “È naturale!”.

La incontro a uno dei pranzi childfree. Piccoli gruppi si danno appuntamento due volte l’anno per sancire il passaggio della comunità da virtuale a reale. Erika è seduta accanto al suo compagno, un informatico.

Raccontano che hanno deciso di mettere al centro del loro rapporto se stessi e un progetto di vita che li porterà a viaggiare senza limiti o pesi che potrebbero ostacolare i loro piani: “La società ti fa credere che fare un bambino sia obbligatorio, mio figlio non serve all’umanità”.

E se c’è chi vorrebbe ristoranti, vagoni dei treni, e aree pubbliche con il divieto di accesso ai bambini, c’è anche chi rivela che per evitare una gravidanza utilizza anche più metodi contraccettivi contemporaneamente.

“Ho il terrore di restare incinta”, spiega Jennifer, 30 anni, cameriera. “Per questo io uso il cerotto anticoncezionale e il mio compagno il preservativo”.

Vedersi con il pancione è uno degli incubi più ricorrenti per le donne: “Non odiamo i bambini”, tengono a sottolineare. “Semplicemente non fanno parte del nostro mondo”.

Poi incrocio lo sguardo di Andrea, 24 anni, studente universitario, che esclama improvvisamente: “Io sono già sterile! Avevo 21 anni quando mi sono sottoposto all’intervento”, racconta davanti la sua fidanzata, anche lei poco più che ventenne.

“Per la vasectomia però ho scelto una clinica privata in Svizzera. Lì nessuno ti sottopone a colloqui con lo psicologo per valutare la tua richiesta. In Italia invece sì”.

La legge: sì alla sterilizzazione volontaria ma manca una regolamentazione

In Italia, anche se è consentita dalla legge, la sterilizzazione volontaria non è mai stata regolamentata.

L’articolo 22 della legge 194, la stessa che consente l’aborto, ha depenalizzato la sterilizzazione volontaria, che fino al 1978 era reato punibile con la reclusione da sei mesi a due anni.

Questa legge ha reso lecito, solo a determinate condizioni, il compimento di atti diretti a rendere qualcuno impotente alla procreazione con il suo consenso.

Si tratta quindi di un accordo tra il medico e il paziente: si applicano così i principi civilistici generali, e in particolare: l’intervento non può essere contrario all’ordine pubblico né al buon costume, l’intervento può farsi soltanto previo valido consenso informato.

La dottrina ha però suggerito un possibile protocollo in materia. Non è obbligatorio, ma soltanto la descrizione, fatta da alcuni medici legali, di una best practice che include la visita psicologica allo scopo di escludere che il paziente sia infermo di mente o che il suo consenso sia stato estorto con violenza, minaccia, suggestione o inganno.

In questo modo il medico chirurgo avrebbe ottimi argomenti per difendere la legalità della propria scelta.

Questo perché ci sono almeno quattro casi giurisprudenziali che attestano la condanna al risarcimento del danno da gravidanza indesiderata a carico del medico chirurgo e in alcuni casi anche della struttura ospedaliera per aver praticato male la sterilizzazione classificata come “edonistica”.

Il risarcimento del danno è costituito dal costo del mantenimento del figlio non desiderato. Questo spiega sicuramente l’importanza del parere del medico legale prima di procedere.

Ma potrebbe anche spiegare, al di là delle ragioni morali e religiose, la ritrosia di certi medici a praticare questo tipo di interventi in Italia.

L’intervento chirurgico per asportare la tube

A richiedere la salpingectomia bilaterale volontaria, cioè l’asportazione delle tube, sono le childfree nullipare, donne che non hanno mai partorito.

La maggior parte dei medici si rifiuta di effettuare l’intervento chirurgico appellandosi all’obiezione di coscienza. La ricerca del medico disponibile diventa quindi lunga, complessa ma non impossibile.

Le ragazze che si sono già sottoposte all’intervento ne parlano ma non vogliono rivelare l’identità del medico né la città in cui opera né la struttura ospedaliera.

Hanno paura che rese note le informazioni, il medico possa essere sottoposto ad una gogna mediatica, al giudizio morale ed etico della maggioranza dei colleghi che si oppone alla pratica in questo contesto.

Le ragazze sterilizzate raccontano tutte di aver potuto fare l’operazione chirurgica in uno specifico ospedale pubblico, a costo zero perché la prestazione è offerta gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale, in regime di day hospital.

L’intervento si svolge con la tecnica laparoscopica e dura meno di 30 minuti. Svelano anche che il medico alla prima visita ginecologica presenta l’intervento come irreversibile sì, ma alla fine nemmeno troppo.

Qualora dovessero avere un ripensamento, nonostante le tube siano state rimosse, potrebbero comunque ricorrere alla fecondazione assistita per avere un bambino.

Lo stesso medico si vanta di avere esperienza anche nelle procedure di fecondazione artificiale.

I numeri

L’Italia è tra i paesi in Europa con il tasso di fecondità totale più basso, attualmente intorno a 1,34 figli per donna.

“Al momento sui Childfree non esistono dati demografici specifici a riguardo né in Italia né in Europa”, spiega Maria Letizia Tanturri demografa, docente all’Università di Padova, che si è occupata dello studio dell’infecondità in un progetto europeo, Families And Societies, assieme alle ricercatrici Giulia Zanini e Annalisa Donno.

Quello dei Childfree è quindi un fenomeno nuovo in Italia attualmente in osservazione da parte dei ricercatori ma ancora poco approfondito dalla ricerca scientifica.

“Possiamo però dire che in Italia la percentuale di Childless, chi non ha figli perché non vuole ma perché non può per diverse ragioni, anche economiche, è più alta della media europea e tra le più alte insieme con la Germania, l’Austria, la Svizzera e la Finlandia”, aggiungono le accademiche.

Il risultato dello studio è che l’Italia è tra i paesi con il più alto numero di donne senza figli: più del 20 per cento hanno tra i 40 e i 44 anni.

Il racconto di Silvia, 28 anni

“I partner che ho avuto hanno sempre saputo della mia posizione, ti dicono di accettarla ma poi si svegliano una mattina e vogliono un figlio.

Sono maschilisti, per loro la donna deve per forza fare quello: la madre. Si mettono con te con la speranza che poi cambi idea.

Da piccola non ho mai giocato con le bambole, quando me ne hanno regalata una gli ho staccato la testa. Giocare a ‘mamma e figlia’? Mi dava fastidio farlo, ero nervosa e mi annoiava.

A 16 anni ho iniziato a pensare alla sterilizzazione. Mi dicevano che ero piccola, che era impensabile avere le idee chiare.

Perché a 16 anni se resti incinta puoi decidere di prenderti una responsabilità verso un altro essere e io non posso decidere di non averne? Cioè io sono troppo piccola per decidere di non farne ma lei non è troppo piccola per decidere di farne? E’ discriminante.

Io in famiglia non potevo parlarne. Iniziai a sentirmi strana, tipo una che sa di avere un orientamento sessuale diverso e iniziai a farmi delle domande. ‘Vuoi vedere che non sono normale?’ ‘Non vado bene, ma perché?’.

Ho iniziato a far delle ricerche sul web e ho scoperto che non ero l’unica. Ho scoperto su Facebook il gruppo Childfree inglese, poi ho creato un gruppo io che è molto cresciuto e grazie al confronto con i membri del gruppo ho preso coraggio e ho affrontato l’intervento.

Non ce la facevo più. Si trattava di far combaciare il corpo con la mente una volta per tutte. Poi mi sono sentita libera, più serena e tranquilla.

Il giorno dell’intervento c’erano i miei genitori, anche se non erano d’accordo.

Devi capire che non è un’idea, ma è essenza. Sono io dentro, così”.

Il racconto di Alberto, 36 anni

“Diventare padre? No, grazie. Per me la vasectomia è un intervento di contraccezione definitiva.

Così evito ogni possibilità di imprevisto: se finisco a letto con una donna e si rompe il preservativo cosa posso fare io? Non posso obbligarla ad abortire ma io non voglio diventare padre.

Credo nell’amore, nel matrimonio, nella famiglia, ma non nella genitorialità, non nei figli. Non sono più un ragazzino, ho le idee abbastanza chiare.

Mi chiedi se sarei disposto a perdere l’amore della mia vita per questo argomento? L’ho già perso.

Convivevo con una ragazza da tre anni. Ci siamo lasciati perché in lei è maturata l’idea della maternità. Si vedeva madre. Provava a convincermi che un giorno anche io avrei desiderato diventare padre. È finita.

Sono andato in una clinica privata, ho fissato la data dell’intervento e pagato 400 euro. Ora sono sereno”.

 

Questo articolo è un approfondimento nato da un reportage video realizzato da Laura Bonasera e andato per la prima volta in onda nel programma tv ‘Nemo – Nessuno Escluso’

 

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