Caso Stefano Cucchi, spuntano nuove intercettazioni: pressioni sui carabinieri per aiutare i “colleghi nei guai”
Le nuove intercettazioni diffuse sul caso di Stefano Cucchi confermerebbero le “pressioni” esercitate dai vertici dei carabinieri per difendere i colleghi coinvolti: “Mi raccomando dite al maresciallo che ha fatto servizio alla stazione, lì dove è successo il fatto di Cucchi, di stare calmo e tranquillo. Mi stanno abboffando le palle, loro e Cucchi”.
A parlare è il vicebrigadiere dei Carabinieri, Mario Iorio, in una conversazione con il maresciallo Ciro Grimaldi riportata negli atti della Squadra Mobile depositati nell’ambito del processo sulla morte di Stefano Cucchi.
Nell’intercettazione si fa riferimento a due telefonate intercorse tra i militari, entrambi in servizio presso la stazione Vomero-Arenella di Napoli. All’epoca della morte di Cucchi nel 2009 Grimaldi prestava servizio alla stazione Casilina, ed è stato sentito come testimone il 21 novembre scorso.
“Bisogna avere spirito di corpo, se c’è qualche collega in difficoltà lo dobbiamo aiutare” avrebbe poi affermato il comandante provinciale dei Carabinieri di Napoli, Vincenzo Pascale, in una conversazione con un collega che di lì a poco, nel novembre scorso, sarebbe stato ascoltato nel processo in corso sulla morte di Stefano Cucchi. La conversazione è riportata in una nota della Squadra mobile di Roma del 17 gennaio, depositata agli atti del processo.
A questo si aggiungerebbe il fatto che il carabiniere Davide Antonio Speranza, ascoltato nel dicembre scorso dai magistrati, avrebbe scritto l’annotazione sul caso Cucchi “sotto dettatura del Maresciallo Mandolini” perché “quando il maresciallo la lesse, disse che non andava bene e che avrei dovuto cestinarla”.
Secondo quanto dichiarato da Speranza, dopo la morte di Cucchi gli venne chiesto di redigere una nota sul caso. Ma lo scritto non sarebbe stato “di gradimento” del maresciallo Roberto Mandolini, accusato di falso e calunnia nel processo in corso a Roma. Così gli fede scrivere una seconda annotazione.
Di fatto, quindi, la nota di Speranza sarebbe stata scritta “sotto dettatura” e alla presenza del carabiniere Vincenzo Nicolardi, imputato nello stesso processo per calunnia. “Il contenuto di tale annotazione” racconta Speranza “fu dettato da Mandolini e lo scrissi io, alla presenza anche di Nicolardi, quindi stampammo e la firmammo a nostro nome”.