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Caso Cucchi, il radiologo: “Sul corpo di Stefano c’erano due fratture recenti causate da un evento traumatico”

Immagine di copertina
Ilaria Cucchi, sorella di Stefano

Durante l'udienza a carico dei cinque carabinieri, il professore Carlo Masciocchi ha ribadito che sul corpo di Stefano Cucchi "sicuramente c'erano due fratture vertebrali" a livello lombo-sacrale, entrambe "recenti" e "contemporanee, prodotte da un unico evento traumatico"

Nel corso del processo di venerdì 8 febbraio 2019 sono emersi alcuni particolari sulla morte di Stefano Cucchi, il geometra romano morto nel 2009 nell’ospedale penitenziario Pertini, sei giorni dopo essere arrestato (qui la ricostruzione dell’intera vicenda).

Il professore Carlo Masciocchi, ordinario dell’Università dell’Aquila ed ex presidente della Società italiana di radiologia medica, ha spiegato che sul corpo di Cucchi “sicuramente c’erano due fratture vertebrali recenti” e quindi “prodotte in un arco temporale stimabile in massimo 7-15 giorni”.

Durante l’udienza a carico dei cinque carabinieri, il radiologo autore della consulenza tecnica per conto della parte civili ha ribadito che sul corpo di Stefano Cucchi “sicuramente c’erano due fratture vertebrali” a livello lombo-sacrale, entrambe “recenti” e “contemporanee, prodotte da un unico evento traumatico”.

Il professore Carlo Masciocchi è stato il primo a dare indicazioni diverse rispetto al passato sui segni rinvenuti sulla schiena di Cucchi, e al processo ha ribadito la consulenza.

“La frattura S4 certamente si trattava di una frattura recente, e, quando dico recente, intendo una frattura prodotta in un arco temporale stimabile in massimo 7-15 giorni; la frattura L3 si tratta anch’essa di una frattura recente. Morfologicamente può affermarsi che sono contemporanee, prodotte da un unico evento traumatico” ha dichiarato il professore Masciocchi in aula, e ha aggiunto di avere “la forte sensazione che all’epoca sia stato esaminato solo un tratto di colonna vertebrale e sezionato solo un tratto di L3”.

Caso Cucchi, la ricostruzione della vicenda

Il geometra romano Stefano Cucchi è morto il 22 ottobre 2009, a 31 anni, sei giorni dopo essere stato arrestato per detenzione di stupefacenti. (Qui le cause della morte)

La famiglia di Cucchi ha vissuto anni di processi, che hanno visto oltre 40 udienze, insieme a perizie, maxi perizie, centinaia di testimoni e decine di consulenti tecnici ascoltati.

Il 15 maggio 2018, il maresciallo dei carabinieri Riccardo Casamassima, principale testimone nel processo contro cinque carabinieri, tre dei quali accusati della morte del geometra romano, ha ribadito in aula le sue accuse ai colleghi.

L’11 ottobre 2018, durante il processo bis di primo grado, uno dei cinque carabinieri imputati ha confessato e accusato gli altri colleghi del pestaggio del giovane romano.

Il carabiniere, Francesco Tedesco, nella sua deposizione, ha anche rivelato dell’esistenza di una nota scritta da lui stesso in cui spiegava che cosa era successo a Stefano Cucchi. La nota sarebbe stata inviata alla stazione Appia dei carabinieri e sarebbe stata fatta sparire.

TPI ha ricostruito la storia giudiziaria della morte di Stefano Cucchi, attraverso il commento di Fabio Anselmo, il legale che segue la vicenda da sempre

Sette anni di processi, 45 udienze, perizie, maxi perizie, 120 testimoni e decine di consulenti tecnici ascoltati. Sono i numeri di uno dei casi più seguiti dall’opinione pubblica italiana, che attende ancora verità. È il caso di Stefano Cucchi.

La storia del 31enne trovato morto nel 2009 per cause ancora da stabilire è a una svolta.

Si è chiusa l’inchiesta bis avviata a dicembre 2015 con la richiesta da parte della procura di Roma del rinvio a giudizio di cinque carabinieri coinvolti, tre dei quali devono rispondere di omicidio preterintenzionale pluriaggravato dai futili motivi e dalla minorata difesa della vittima, abuso di autorità contro arrestati, falso ideologico in atto pubblico e calunnia.

“Questa richiesta rappresenta un vero e proprio riscatto dello Stato che finalmente sa inquisire e processare se stesso” spiega a TPI Fabio Anselmo, il legale che fin dal primo giorno ha seguito la famiglia Cucchi.

“Il caso Cucchi era diventato l’emblema della frustrazione di una famiglia di normali cittadini rispettosi della legge, rimasti stritolati in meccanismi giudiziari più grandi di loro. Dopo sette anni di vicende giudiziarie, di umiliazioni, dopo aver subito quello che hanno subito loro, con un ragazzo, Stefano, morto di giustizia, è chiaro che siamo di fronte a un momento di fondamentale importanza”.

“A Fabio Anselmo importa di mio fratello. Semplicemente questo”, scrive di lui Ilaria Cucchi, sorella di Stefano. “E non gli importa perché è il nostro avvocato, mio e di Stefano. Gli importa perché gli vuole bene. Come gli voglio bene io”.

Ecco le fasi salienti dei processi per ricostruire la storia giudiziaria della morte di Stefano Cucchi.

L’accusa della famiglia Cucchi

Secondo i legali della famiglia Cucchi, Stefano fu picchiato violentemente prima ancora dell’udienza di convalida dell’arresto, la mattina del 16 ottobre. Dopo il ricovero all’ospedale Pertini, Stefano non fu accudito e nutrito. Fu lasciato morire di fame e di sete.

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