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Il ferimento di Manuel Bortuzzo e l’ombra dei Casalesi sulla sparatoria dell’Axa

Immagine di copertina

È ormai nota l’identità dei due colpevoli della sparatoria avvenuta nella notte tra sabato 2 e domenica 3 febbraio in piazza Eschilo all’Axa, quartiere della periferia sud della capitale, in cui è stato colpito il giovanissimo nuotatore Manuel Bortuzzo.

Si tratta di Lorenzo Marinelli e Daniel Bazzano, di rispettivamente 24 e 25 anni, due ragazzi residenti ad Acilia, quartiere dello stesso quadrante di città e adiacente alla zona dell’Axa-Casal Palocco dove è partito il proiettile che ha rovinato per sempre la vita dell’aspirante campione della nazionale italiana di nuoto.

I due sono già noti alle forze dell’ordine per dei precedenti per spaccio e rapina e, dopo essersi rifugiati per quattro giorni in casa di qualche altro malvivente nel quartiere San Basilio, si sono presentati in questura muniti di difensore legale per confessare quanto avvenuto. Con tutta probabilità i due non avevano ormai altre chance che andare spontaneamente dagli inquirenti i quali, a seguito del ritrovamento della pistola calibro 38 e della testimonianza dell’uomo che aveva visto i ragazzi gettare l’arma in un prato, li avrebbero comunque identificati nel giro di poche ore.

Sono finiti al carcere romano di Regina Coeli con l’accusa di tentato omicidio e porto abusivo di arma da fuoco Marinelli e Bortuzzo e ora, stando alle parole del loro avvocato Alessandro De Federicis, sono pentiti e vogliono chiedere scusa alla famiglia di Manuel. Dicono, inoltre, di aver confessato perché “Manuel deve avere giustizia” e di aver sparato – senza riconoscere a chi – per reazione a delle minacce che gli erano state rivolte durante la rissa scoppiata nel pub di piazza Eschilo.

Chi era il vero obiettivo di Marinelli e Bazzano?

Questa storia, però, mentre si arricchisce di dettagli sembra andare oltre il fatto della sparatoria. Marinelli e Bazzano, infatti, una volta recuperata, la pistola si sono diretti in piazza Eschilo con l’intento forse più di vendicarsi che di difendersi dalle presunte minacce ricevute nel locale. Ma vendicarsi di chi?

Come riporta Giorgio Dell’Arti alcune “informative arrivate in Questura darebbero la presenza dei figli di Mario Iovine, Vito e Mimmo, nipoti di Antonio , il temuto boss dei Casalesi, al pub dell’Axa proprio la sera della rissa”. Vito e Mimmo, a quanto sembra, stavano progettando di scappare in Sicilia. Sono loro a comandare in questi quartieri, dove prima c’erano gli Abbatino, Maurizio e Roberto, pezzi da novanta della Banda della Magliana che abitavano nelle case popolari del Villaggio San Giorgio ad Acilia.

Sempre come racconta dell’Arti gli Iovine, Mimmo e Vitantonio, figli del boss Mario, rappresenterebbero l’esportazione dei Casalesi nel quartiere periferico di Roma sud. Gli Iovine, ad Acilia, insieme anche ai Guarnera, hanno il giro delle slot machine e dell’usura.

Quello che ne viene fuori è un quadro abbastanza drammatico: un ragazzo innocente, Manuel Bortuzzo, è finito – per un errore fatale – in mezzo a un pauroso scontro tra criminali piccoli e grandi. Sì, perché anche Marinelli e Bazzano si atteggiano come tali in tutto e per tutto; i loro profili social, in queste ore bersagliati da chi pensa di risolvere qualcosa continuando a scrivere insulti di qualsiasi genere, sono pieni di foto che ritraggono i due ragazzi in atteggiamenti da veri boss della malavita.

Dai tatuaggi con pistole ai post facebook che ritraggono Totò Riina con la scritta “Chi nasce dalla strada in questura non canta serenate”, sembra chiaro lo stile di vita condotto dai due giovani poco più che ventenni.

Ad ogni modo sarà compito della magistratura giudicare le loro azioni e ad infliggere loro la pena ritenuta opportuna. Altrettanto opportuno, però, sarebbe cominciare a monitorare cosa accade in questi quartieri e queste borgate sempre più abbandonate dalle istituzioni prima che a qualche altro innocente venga rovinata – o, peggio, tolta – la vita.

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