Come funziona il sistema elettorale tedesco
Ecco in cosa consiste quella che potrebbe diventare la nuova legge italiana per eleggere la Camera e il Senato, spiegata senza giri di parole
Quello della legge elettorale si è trasformato in questi anni in uno dei principali temi di dibattito della politica italiana. Dopo la bocciatura dell’Italicum da parte della Corte costituzionale, diversi partiti e studiosi di politica hanno iniziato a proporre nuove leggi elettorali, come il Mattarellum e il Magnum. A maggio ha iniziato a farsi sempre più forte l’ipotesi di un sistema elettorale alla tedesca, uguale in tutto e per tutto a quello attualmente in vigore in Germania.
A rendere concreta la possibilità che questa legge venga approvata, c’è il possibile accordo trasversale tra Partito Democratico, centrodestra e Movimento Cinque Stelle. Ma cosa dice di preciso questo sistema elettorale?
Non essendo stata approvata la legge in Italia, i nostri riferimenti per questa spiegazione saranno in tutto e per tutto quelli della legge tedesca, applicati alla Germania, al suo numero di seggi e alla sua suddivisione territoriale.
La legge elettorale tedesca è di tipo proporzionale: ogni partito ottiene un numero di seggi esattamente in proporzione al numero di voti ottenuto. Lo sbarramento per poter entrare in parlamento è pari al 5 per cento, sotto il quale si è esclusi dalla ripartizione dei seggi.
Tuttavia, nonostante si tratti di una legge elettorale di tipo proporzionale, sono presenti anche collegi uninominali, tipici di numerose leggi maggioritarie. La scheda elettorale per le elezioni tedesche è divisa in due parti, in cui spesso compaiono gli stessi partiti. Ogni elettore può effettuare due voti, chiamati primo e secondo voto, ma non per questo di valore gerarchico differente.
Il primo voto è quello per il collegio uninominale, il secondo per la lista regionale. I due voti possono tranquillamente andare a due partiti differenti.
In Germania i deputati membri del Bundestag sono in tutto 598, e la metà di questi – 299 – sono eletti in altrettanti collegi territoriali di tipo uninominale, in cui dunque il candidato che ottiene più voti viene eletto. Tuttavia, questi eletti sono fatti scalare dalla ripartizione nazionale proporzionale dei parlamentari eletti per ciascuna lista, designati attraverso il secondo voto.
Facciamo un esempio concreto. Poniamo che una lista ottenga una percentuale tale da ottenere in tutto 150 deputati (designata dunque dal cosiddetto secondo voto) e vincesse in 40 collegi uninominali. Solamente 110 sarebbero eletti dalle liste del secondo voto.
Se la stessa lista avesse comunque ottenuto una percentuale tale da raggiungere 150 deputati, ma non si fosse imposta in nessun collegio uninominale, tutti e 150 i suoi eletti sarebbero stati scelti dalle liste del secondo voto. In poche parole, è il secondo voto a decidere quanti deputati sono eletti da ogni partito, e chi vince nei collegi uninominali è scalato dal numero di eletti nazionali.
Qualora un partito risultasse vincitore in un collegio uninominale, senza raggiungere il 5 per cento, il suo candidato in tale collegio risulterebbe ugualmente eletto. Qualora un partito che si dovesse fermare sotto il 5 eleggesse almeno tre deputati nei collegi uninominali, verrebbe allora ammesso alla ripartizione dei voti nazionali come se avesse raggiunto il quorum.
Come mai ci sono collegi uninominali, se gli eletti sono decisi in maniera proporzionale? L’obiettivo della legge è quello di creare un rapporto tra eletti ed elettori attraverso collegi territoriali ridotti cui fare riferimento, in modo che ogni cittadino possa conoscere il proprio referente.
Le liste del secondo voto sono liste bloccate il cui ordine è in genere stabilito in un voto segreto dai militanti di ciascun partito, su base regionale.
Cosa ci sarebbe di diverso se questo sistema fosse applicato anche in Italia? Nel nostro paese i deputati sono in tutto 630, 12 dei quali eletti tra gli italiani all’estero con un sistema proporzionale suddiviso in quattro collegi. La legge elettorale riguarderebbe dunque l’elezione di 618 deputati, 309 dei quali eletti in altrettanti collegi uninominali da disegnare ad hoc.
La legge dovrebbe essere scritta anche per il Senato – che in Germania è eletto con un voto di secondo livello dai parlamenti di ciascun land – dove per costituzione vedrebbe sbarramenti e ripartizioni non su base nazionale, ma su base regionale. Un partito che non riuscisse a vincere in alcun collegio e si fermasse sotto il 5 per cento su scala nazionale, ma ottenesse tale sbarramento in una sola regione, riuscirebbe a entrare in Senato.
Questa sarà sostanzialmente la base del sistema, all’interno del quale potrebbero essere introdotte altre differenze rispetto al sistema tedesco, come una soglia di sbarramento differente o l’introduzione di preferenze, decisioni che saranno prese nelle trattative tra i diversi partiti.