Calabria, sgomberata la baraccopoli di San Ferdinando
Il 6 marzo 2019 la baraccopoli di San Ferdinando, in Calabria, è stata sgomberata. Nella struttura, dove solo poche settimane fa era morto un ragazzo a causa di un incendio, vivevano oltre 900 persone.
Le ruspe sono arrivate sul posto per demolire quello che è stato definito “ghetto”, in esecuzione dell’ordinanza emessa dal sindaco Andrea Tripodi. I primi pullman con a bordo i migranti diretti ai centri di accoglienza sono partiti nelle prime ore della mattina.
“I migranti sgomberati dalla baraccopoli di San Ferdinando saranno ricollocati in Calabria”, ha ribadito il prefetto di Reggio Calabria, Michele Di Bari ai cronisti. “Credo che dai numeri che abbiamo fino a questo momento posso dire che è probabile che tutti saranno collocati in Calabria. I numeri si aggirano tra i 6 e i 700”.
All’annuncio dello sgombero, molti migranti però non si sono fatti trovare sul luogo, ma si sono dispersi nella piana di Gioia Tauro, in attesa che si calmino le acque per poi tornare, secondo quanto riferisce l’Usb, l’Unione sindacale di base.
“Chi è rimasto, per lo più non ha intenzione di accettare di entrare nelle tende che la Prefettura ha messo in piedi dall’altra parte della strada o di andare nei Cas. Anzi, molti che erano stati trasferiti nelle scorse settimane sono già tornati. Si organizzeranno autonomamente, con il risultato di creare mille nuovi micro insediamenti”, ha detto a Repubblica Peppe Marra dell’Usb.
La Prefettura di Reggio Calabria, secondo i suoi piani, ha cercato di trasferire 600 degli oltre 1.500 braccianti nei Cas e negli Sprar. Ma sono in pochissimi quelli che hanno accettato. Le strutture proposte dalla Prefettura sono lontane dai campi in cui i braccianti lavorano a giornata. Alcuni di loro di sono trasferiti poco lontano, in una tendopoli di fortuna.
“Questo è un primo passo che doveva essere compiuto per porre fine a un degrado ormai inaccettabile. Adesso si aprono nuovi problemi ed è necessario affrontarli collettivamente e alla luce di provvedimenti che devono esserci rispetto a questo fenomeno nuovo e epocale che insiste sul nostro territorio”, ha detto ad Agi il sindaco Andrea Tripodi.
“È necessario predisporre tutte le condizioni e le politiche sociali necessarie per dare un’accoglienza dignitosa e civile a questi ragazzi che vengono qui per lavorare e che costituiscono la base portante della nostra economia”.
Lo stato in cui si trova San Ferdinando è al limite. Da anni lo denunciano le associazioni, i report, i volontari ma non sono mai state prese reali soluzioni alternative.
Lo sgombero è stato ordinato dal ministero dell’Interno, ed eseguito dalla prefettura. Ma, come ha spiegato Medu, Medici per i diritti umani a TPI, lo sgombero è una finta soluzione. “Non pensiamo che quella baraccopoli debba restare ma allo stesso tempo non riteniamo che la risposta sia lo sgombero. Sgomberare significa creare un muovo buco e non offrire una reale alternativa. Dove andranno le persone sgomberate? Non lo sappiamo e non lo sanno nemmeno loro. Molte di loro vivono là perché sono vicine al posto di lavoro che, anche se in condizioni di illegalità e sfruttamento, garantisce loro una forma di sostentamento”, ha detto Mariateresa Calabrese, coordinatrice del progetto Terragiusta. (Qui l’intervista completa)
I migranti nella piana di Gioia Tauro lavorano negli agrumeti, in condizioni disumane.