Salvini ha querelato Saviano. Ecco cosa rischia lo scrittore
Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha querelato Roberto Saviano. La denuncia su carta intestata del Viminale è stata depositata nella giornata di ieri, 19 luglio 2018.
Il noto giornalista è stato querelato, si legge nei documenti, per diffamazione tramite una serie di post social (allegati alla denuncia) e dichiarazioni che, secondo il ministro, vanno oltre il diritto di critica e la fisiologica polemica politica.
Una querela a cui Saviano ha risposto con un altro post su Facebook in cui lo scrittore ha chiesto “di essere oggi con me in questa battaglia: dietro l’angolo c’è la Russia di Vladimir Putin, modello del ministro della Mala Vita che, come è noto, ha spesso portato alle estreme conseguenze il contrasto al dissenso”.
Ovviamente è presto per parlare di processo, condanne e via dicendo (ancora non si sa chi è il magistrato incaricato delle indagini…). Ma in tanti si sono domandati: cosa rischia Saviano?
Il reato di diffamazione
Dottrina e giurisprudenza maggioritaria qualificano la diffamazione quale reato di danno, per la cui configurabilità, è necessaria la realizzazione dell’evento inteso quale percezione e comprensione dell’offesa da parte di più persone.
Il requisito della pluralità di soggetti risulta soddisfatto in presenza anche non contestuale di almeno due persone.
Aggravanti speciali
Le aggravanti comportano un aumento della pena edittale prevista dall’art. 595 c. 1 c.p. (reclusione fino ad un anno o multa fino a 1.032 euro) nei seguenti casi:
- attribuzione di un fatto determinato (c. 2): la maggiore credibilità dell’offesa giustifica la reclusione fino a due anni o la multa fino a 2.065 euro;
- offesa arrecata a mezzo stampa, pubblicità, atto pubblico (c. 3): l’intensa capacità diffusiva delle vie di comunicazione impiegate giustifica la reclusione da sei mesi a tre anni o la multa non inferiore a 516 euro;
- offesa arrecata a corpo politico, amministrativo, giudiziario, sua rappresentanza, autorità costituita in collegio (c. 4): la collettività degli enti offesi giustifica l’incremento di un terzo rispetto alla pena base.
La diffamazione a mezzo stampa
Quando l’offesa all’altrui reputazione viene posta in essere con il mezzo della stampa, assume particolare rilievo il bilanciamento effettuato dal legislatore tra il reato in questione da un lato, e la libertà della manifestazione del proprio pensiero tutelata dagli artt. 21 Cost. e 51 c.p. dall’altro.
Il reato di diffamazione viene “scriminato” quando la condotta rispetta i seguenti limiti:
- Rilevanza del fatto narrato.
- Verità dei fatti narrati o criticati.
- Continenza delle espressioni usate: le modalità espressive, pur offensive, devono essere pacate e contenute.
Condanne
Diffamazione: reclusione fino a 2 anni e multa fino a 2.065 euro.
Diffamazione mezzo stampa o con mezzi pubblicitari o in atto pubblico: reclusione da 6 mesi a 3 anni o una multa non inferiore a 516 euro.
Pene ancora più alte – aumentate di un terzo rispetto alla pena base – se l’offesa è rivolta a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, una sua rappresentanza o un’autorità costituita in collegio.